Barocco endovena

20 2 0
                                    

Mi hanno detto, non troppo tempo fa:

«Sogna in grande, lotta e non fermarti a terra.
La vita ti ricompenserà».

Ricordo occhi ricolmi di passato e labbra tirate,
tirate in modo strano quasi forzate.
Eppure sapevano di vero.

Oggi, guardo quei fantasmi con gli occhiali ritti sul naso, quelli col malloppo di fogli sotto al braccio.
È un guardaci reciprocamente. Qualcosa di articolato. Sospirano, chinano il capo telato e:

«Ancora a rincorrere gli aquiloni?
Smettila di fossilizzarti e datti una mossa.
Il tempo afferra e neppure te le accorgi».

Ma che ne sanno, i fantasmi, di Seneca e le sue
emotive epistole?
Di quante lacrime sui fogli vi erano quella notte, fra le notti, e io che le contavo.

Lente cadevano senza sgorgare.
Come sempre.
Sempre.

[***]

Ci chiedono i formalismi di date e nomi senza contenuti.

Ci portano ad essere barbari delle nostre vite passate, come felini convinti di avere ancora altra eternità.

Siamo arte di un ennesimo classicismo che non sa mai smettere di impicciarsi degli affari altrui.

Siamo dinamismo.
Siamo fuoco.

Siamo sangue e acqua sulla tua stupida cattedra.
Sulla tua stupida agenda.
Sul tuo stupido sorriso.

Siamo voci costrette a parlare senza dire mai davvero nulla, perché ritenuti incolumi. Perché pensati folli.

Con le cerniere sulle labbra, le corna calate a chi si ritiene quel gradini più in sù. Solo uno più in sù.

Perché a fermare il mondo con una penna non ci vuole mica un genio, lo sai vero?

Si sa, vero...?

[***]

Dovremmo essere forza senza tregua.

Vulcani di emozioni col barocco endovena.

Dovremmo essere più accesi dei lumi olandesi, più affilati della rivoluzione tricolore.

Dovremmo far paura ai tiranni col solo sguardo, meglio, col solo concetto.

Dovremmo sapere spezzare continenti e smentire le trattazioni, fare le veci dei senatori con la scritta "Meteco" sulla fronte.

Dovremmo essere fautori del destino e di noi stessi.

Dovremmo sentirci come Diomede sul campo di battaglia, sicuri contro la stessa guerra fatta dio.

Dovremmo essere la spada ideata e mai concreta fra le mani del Teseo di gesso, ansante sulla bestia.

Dovremmo essere questo e molto altro.
Altro che nessuno immagina.

Allora ditemi, perché le mie ali sono a terra?

Perché il cielo non è mai stato più lontano di
quanto lo è ora?

Perché questo dolore mi pervade nelle ossa, mi spinge a tremare senza alcun controllo?

Perché il rosso mi scivola sulle iridi, senza sentirlo, solo a vederlo?

Ditemi, ditemi di cuore e voce, dove stava il "vero per iscopo" che tanto inculcavate?

[***]

Mi hanno detto, si ancora una volta:

«Condanna te stessa. Galleggia nella guerra. Trapassati il ventre da parte a parte con le tue mani e gridalo con orgoglio».

Mi hanno detto di tirar fuori me stessa dalla matassa delle loro parole.

Però, davanti allo specchio di un altro non ci si spoglia.
È una prassi, una base.
Non te l'hanno spiegato?

Sa da citazione, da marchio sul muro dello spogliatoio.
Tra gli eccessi. Tra i ricordi.

Sa da leggi futili per sovrani che non fanno altro che cambiare maschera ad ogni mattino. Senza stancarsi.

Ci hanno condannato a morte, lo fanno dall'inizio del mondo, quello vero, intendiamoci.

Si tratta di un filo di matita, ma ne dipende ogni futuro tassello.

Quindi, che ne sanno loro, i fantasmi dagli sguardi cruci, delle lacrime bianche che scalfiranno i plichi, i rotoli, le carcasse che parlano di vita senza possederla.

Che ne sanno del sacco alla biblioteca Alessandrina, nelle notti, nei sogni pavidi, pur di non sigillare l'onore di fronte alle richieste?

CHE NE SANNO?!
CAZZO.
COSA!?

Non sanno nulla. Nulla davvero.

Né col cuore né con le labbra.

Non sanno e a loro basta il pretesto.
Loro in cima alla catena alimentare e noi, poi, sotto
a guardare il Parnaso con tanto d'occhi.

[***]


Non ci insegnano ad amare.

Non ci insegnano a sbagliare.

Non ci insegnano a sognare.

Non ci insegnano ad essere noi.

Non ci insegnano a rialzarci con orgoglio.

Non ci insegnano a non sentirci sbagliati.

Non ci insegnano ciò che è buono e giusto.

Non ci insegnano ciò che è male e sbagliato.

Non ci insegnano a riprovarci.

Non ci insegnano ciò che è la fine del mondo.

Non ci insegnano la vita.

Non ci insegnano...davvero...no

(...)

Se non lo fanno loro, noi a chi dovremmo chiedere?

Come rispondere?

Come si consola chi soffre per la tua stessa situazione, però stando bene. Però stando peggio.

Come si ritorna indietro quando si è troppo avanti?

Ma senza fare male.

Solo facendo male agli altri.

Solo respirando.

Ricordati di farlo mentre conti, cicatrice a cicatrice, quanta pelle ti resta.

"𝚂𝚎 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚊𝚜𝚜𝚒 𝚊𝚍 𝚘𝚌𝚌𝚑𝚒 𝚊𝚙𝚎𝚛𝚝𝚒..."Where stories live. Discover now