36 - Gene (Parte II)

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Ho lasciato la mia compagna insieme a Jax un'altra volta

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Ho lasciato la mia compagna insieme a Jax un'altra volta. Non voglio che mi veda mentre metto fine ad un capitolo oscuro della mia vita. Quando rientro dentro, vedo tutti i lupi dirigersi verso la struttura con larghi sorrisi stampati sui loro volti. Le femmine incinte sembrano sollevate; con ogni probabilità questi bastardi avrebbero strappato i cuccioli dai loro ventri senza un minimo di esitazione o di rimorso. Gli anziani camminano con passo spedito, incapaci di credere di passare una vecchiaia più serena e tranquilla, lontano dalle grinfie di questi assassini. E i cuccioli... Loro corrono felici. Non so se si siano mai resi conto di quello a cui sarebbero andati incontro una volta diventati adulti. L'unica cosa che so è che si dirigono tutti quanti all'uscita compresi branchi di Reid, Dean, Garrett e Pierre. Ammetto che senza il loro aiuto saremmo stati spacciati. Se non avessero creato quel diversivo, non saremmo qui in questo momento. Gli unici a non proferire parola e a non muoversi sono i miei uomini. Se ne stanno in piedi, fermi e con gli occhi puntati su di me. Attendono un mio comando, ma questa non è la loro battaglia.
«Dove stai andando, Gene?»
Adrian è un valoroso lupo, una delle poche persone a cui affiderei la mia vita.
«Ho ancora una cosa da fare prima di chiudere questa storia. Uscite fuori di qui e fate in modo di accertarvi che tutti siano al sicuro.»
Gli altri membri del branco mi fanno un cenno di assenso con la testa. Non oserebbero mai mettere in discussione una mia decisione e comunque vada, non spetta a loro decidere. Quando sento l'odore di Taliha, capisco che sono molto vicini. Quando mi giro, mi sembra più bella di prima. Ancora non riesco a credere di essere stato benedetto dal cielo e che il fato mi abbia concesso di averla come mia compagna. Lei si avvicina e mi abbraccia. Lo fa in una maniera diversa dal solito però... È come se avesse paura a lasciarmi andare; come se sapesse che potrei non tornare più da lei. Ricambio il suo abbraccio e inalo l'odore dei suoi capelli. È sempre stato un potente afrodisiaco per me, ma non ho mai avuto il coraggio di dirglielo. Non le ho detto tante cose e me ne rendo conto solamente adesso. Sono sempre stato un codardo per quanto riguarda queste cose e mi vergogno di me stesso per non averla mai fatta sentire unica e speciale come realmente è. La bacio sulla fronte e per la prima volta dopo non so quanti anni, una lacrima solca la mia guancia scavata.
«Mia piccola vipera... Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.»
«Farò tutto ciò che vuoi.»
«Voglio che tu ti prenda cura di queste persone finché non torno. Puoi farlo per me?»
Mi guarda non riuscendo a comprendere appieno quello che le sto dicendo... So benissimo che l'avrebbe fatto anche senza che io gliel'avessi chiesto, ma vorrei che si tenesse impegnata in questo momento.
«Lo farò, Gene. Poi, appena torni, ce ne andiamo di qui.»
«Certo, piccola... certo.»
Quando la vedo allontanarsi, mi volto nuovamente verso il branco ed in particolar modo fisso i miei occhi di ghiaccio in quelli nocciola di Jax.
«Non chiedermelo.»
Jax è sempre stato un tipo sveglio. Ho sempre creduto che fosse il mio beta anche se non ha mai voluto assumersi quest'incarico. È in gamba e credo fortemente che sarebbe in grado di diventare un grande alpha.
«Se non dovessi tornare...»
«No! Non voglio ascoltarti!» Jax mi dà le spalle e si allontana. Inizia a camminare avanti indietro come un toro impazzito
«Jax...»
«No! Tu tornerai! Ucciderai quel bastardo figlio di puttana e tornerai qui. Sei il nostro alpha e non puoi lasciarci alla deriva!»
Aidan gli mette una mano sulla spalla, come per calmarlo. Credo che non se ne rende nemmeno conto, perché continua ad agitare le braccia e ad urlare come un ossesso.
«Ascoltami! »
Non volevo utilizzare questo tono, ma se è l'unico modo per farmi ascoltare, allora va bene così. I lupi si mettono sull'attenti. Evitano di incrociare i miei occhi e fissano il pavimento come per estraniarsi dalla situazione.
«Jax... se non dovessi tornare, voglio che tu e tutto il branco vi prendiate cura della mia Taliha.»
«Perché ci dici una cosa del genere? Tu vincerai! Tu vinci sempre!»
Jax ripone troppa fiducia nelle mie capacità. Ho vinto molte battaglie, ma non so se sarò in grado di vincere anche contro questo.
«Promettetemelo, qui ed ora.»
Jax stringe i pugni e riesco a vedere le sue nocche diventare pallide come quelle di uno spettro.
«Jax...»
«Va bene. Lo faremo... Ma tu vedi di tornare!»
Gli do una pacca sulle spalle e mi allontano senza mai voltarmi. So che se lo facessi, il mio cuore si spezzerebbe.
Passo varie stanze e quando sto per varcare la soglia dei corridoi che portano nei sotterranei, vengo attratto da un piccolo rumore impercettibile a molti.
Hope sta cercando di farmi un agguato.
Sinceramente non sono in vena di giocare adesso e mi sentirei molto più sicuro se Hope uscisse insieme a tutti gli altri. Entro nella stanza dove si è nascosta, rovinandole lo scherzo che stava per farmi.
«Hope, devi uscire di qui. Vai da Taliha.»
Mi incammino nella direzione opposta alla sua.
«Dove vai adesso? L'uscita è di là!»
Mi volto cercando di sembrare il più naturale possibile. «Ho alcune cose da fare... Adesso va.»
«Quali cose?» Come al solito la cucciola è piena di energie e curiosa, come è giusto che sia alla sua età.
«Cose mia, Hope. Adesso va fuori con gli altri.»
«Posso venire con te?»
«No, non puoi... Adesso segui questo corridoio e raggiungi Taliha.»
In questo momento non posso permettermi distrazioni.
«Ma perché?»
«Perché no!»
Mi rendo immediatamente conto di aver esagerato, ma devo essere certo che lei sia al sicuro insieme a tutti gli altri. Ammetto che mi rattrista vedere i suoi occhi curiosi spengersi a poco a poco. Il suo entusiasmo scema e come un cucciolo bastonato. Si allontana da me seguendo il corridoio che le avevo indicato.
Continuo a camminare lungo il mio percorso. Il suo odore mi ottura le narici. È come se fosse una scia di gas tossico che mi ostruisce le vie respiratorie e impedisce al mio cuore di compiere i suoi regolari battiti. Trovo le scale che portano al seminterrato e scendo i gradini con estrema lentezza. È come se ogni singolo passo mi avvicinasse sempre di più al baratro del mio passato; come se mi risucchiasse nel mio inferno personale.
Quando arrivo di sotto, mi ritrovo davanti una porta rossa. Il suo odore è fortissimo. So bene che mi sta aspettando. Sapeva che sarei venuto per lui.
Quando apro la porta che cigola come nei film dell'orrore, lo trovo seduto su una sedia, con gli occhi puntati dritti nei miei e due armi bene impugnate nelle mani callose e segnate dall'età.
«Era ora che venissi...»
«Credevi che mi sarei dimenticato di te, papà?»
Mio padre sibila e porta lo sguardo da un'altra parte, come se fosse schifato dalla parola "papà".
«Ho sempre odiato quando mi chiamavi così.»
«Ed io ho sempre odiato chiamarti così perché per me non sei mai stato un padre.»
Adesso si alza e ride sommessamente.
«Il piccolo Gene è triste perché non ha avuto una famiglia felice? Povero cucciolo...»
Mi sta provocando, so che è così e non ho la minima intenzione di cedere.
«Se pensi che questo sia il modo migliore per provocarmi, non mi conosci affatto.»
«Oh... Ma io ti conosco perfettamente. Ti conosco talmente tanto da conoscere ogni singolo tuo demone interiore. Sono al corrente di ogni tua malefatta; credi che non abbia indagato su di te? Io e te non siamo poi così diversi...»
«Noi due non siamo uguali.»
«Oh sì che lo siamo... io ho sterminato la mia famiglia; tu hai tentato di distruggere la tua, fallendo miseramente dal momento che sia io che Victoria siamo ancora qui. Questa è la dimostrazione che, ancora una volta, io sono migliore di te.»
Tutto quello che dice non mi tocca minimamente. So bene che sta cercando di entrarmi nella mente, ma non ci riuscirà.
«Sei stato un ladro, uno scassinatore, un killer su commissione... Sei sempre stato come me in fondo.» Sta continuando a provocarmi. «Nessun branco ti ha mai voluto e persino Carlo ti ha respinto. Ha preferito quello sciocco di Reid a te.»
«Non mi interessa affatto tutto questo. Carlo non mi ha voluto nel suo branco? Io mi sono creato il mio.»
Poi tocca l'unico tasto che non avrebbe dovuto mai toccare.
«E poi... Prendere una strega come compagna... Sei veramente caduto in basso.»
«Non osare parlare di lei. Non sei degno nemmeno di pronunciare il suo nome.»
E questa è la goccia che fa traboccare il vaso della mia calma. Iniziamo entrambi a mutare, ma se lui ci impiega qualche minuto, io ci metto solo cinque secondi. Lo attacco senza pietà mordendogli le zone più vulnerabili. Lo sento ringhiare per il dolore, ma non rimane immobile ad incassare i miei colpi. Cerca anche lui di attaccarmi nelle zone più sensibili; punta al mio collo, ma sono estremamente veloce a deviare ogni suo morso. Ho un grande vantaggio su di lui sono più grosso, più agile e più giovane. Con un balzo mi getto su di lui afferrandogli la zampa con i miei denti aguzzi e lo scaravento dall'altra parte della stanza. Sbatte contro un tavolo pieno di armi, le quali iniziano a cadere sul pavimento come fossero fatte di piuma. Un coltello lo infilza sulla coscia della zampa sinistra, causandogli un sibilo di dolore. Sorrido internamente per questa piccola vittoria. Adesso che giochiamo ad armi pari e che non ci sono catene o collari a privarmi della mia forza, mi rendo conto che del vecchio lupo despota non è rimasto più niente. Sono molto più forte di lui e prendere la sua vita sarà un gioco da ragazzi. Mio padre inizia a mutare per tornare alla sua forma umana e quando lo fa tenta di alzarsi. Ci mette qualche secondo, ma alla fine si rialza in piedi. Muto anch'io. Mi avvicino lentamente. Il mio lupo, che fino a questo momento si era assopito, torna a farsi sentire.
Ammazziamolo! Facciamogliela pagare per tutto quello che ci ha fatto!
Per una volta concordo con lui. Quando sono a pochi metri da lui, lo vedo armeggiare nella speranza di afferrare un'arma contro di me. Lo afferro per il collo e lo alzo da terra, lasciandolo a venti centimetri dal pavimento. Inizia ad annaspare e proprio quando penso che la vita stia per lasciare il suo corpo, trova il modo di stupirmi come sempre. Non avevo notato la siringa che teneva in mano e quando questa si conficca nel mio collo, mi sembra di vedere sfocato per un attimo. Lascio andare mio padre e barcollo all'indietro. Le gambe iniziano a formicolare, così come il resto del corpo. I miei muscoli iniziano ad irrigidirsi e credo di essere diventato molto più pesante di prima. Quando cado per terra come una lastra di marmo, sento mio padre ridere come se avesse la vittoria in pugno.
«Ti presento il siero paralizzante. Una delle ultime novità degli scienziati dei laboratori. L'effetto durerà solo quindici minuti; un tempo sufficiente per scuoiarti vivo e usare le tue pelli come calde coperte o decorazioni per la mia casa.
«Figlio di...»
SBAM!
Vedo il corpo di mio padre cadere giù violentemente e del sangue fuoriuscire dal suo cranio. Dietro il suo corpo, una donna tiene una mazza da baseball in mano.
«Mamma...»
Mia madre corre da me e mi alza la testa per evitare che io possa strozzarmi. Mi tira fuori la lingua, ma non riesco ancora a parlare. Inizio a sentire la lingua intorpidirsi e rischio di soffocare con la mia stessa saliva.
«Bevi questo.»
Mia madre apre una fialetta e la versa di getto nella mia gola. Ha un sapore agrodolce, ma non me ne curo. Inizio a sentire i muscoli sciogliersi e a poco a poco riprendo possesso del mio corpo. Quando finalmente riesco ad alzarmi, la osservo attentamente. Non la vedevo dal giorno in cui me ne andai di casa. Ho sempre provato ad immaginare quali sentimenti avrei mai potuto provare quando avessi rivisto mio padre; ma non ho mai pensato ai sentimenti che avrei provato nel rivedere mia madre. Non è mai stata una madre presente; era troppo impegnata con l'alcol per occuparsi di me e adesso, forse, riesco anche a capire il perché.
«Ti hanno costretto?»
Non so perché, ma è l'unica cosa che riesco a chiederle in questo momento.
Non mi guarda negli occhi e mi sembra di leggere nel suo sguardo un senso di colpa.
«Ero molto giovane, desiderosa di attenzioni, ingenua e innamorata di un mostro.»
«Non è una risposta.»
È invecchiata; i suoi occhi sono solcati da rughe profonde e i capelli, un tempo nero corvino, hanno una ricrescita di due centimetri abbondanti.
«No, Gene. Nessuno mi ha costretta. Mi sono offerta volontaria.»
«Perché? Perché fare una cosa del genere?»
Mia madre si volta e guarda il corpo di mio padre steso a terra.
«Ero giovane. Credevo sarei diventata una grande strega e invece non possedevo nemmeno un quarto del sangue puro di Madeleine. Nonostante i continui allenamenti con gli incantesimi, ero poco più che un alchimista. Madeleine mi chiese di aiutarla con il suo esperimento e all'epoca mi era sembrata una grande occasione per mettermi in luce ai suoi occhi e agli occhi dell'organizzazione. E poi... Sapevo che avrei dovuto fare coppia con Peter.»
Torno a guardarmi con occhi tristi.
«Ero innamorata di lui e credevo che lui lo fosse di me, ma non si può mettere il collare ad un lupo selvatico e l'ho capito solo con il tempo. Stavo fallendo come strega, come alchimista, come moglie e infine come madre. Adesso sono qui per rimediare, anche se non potrò mai alleggerire le tue pene.»
«Mi hai lasciato da solo nelle sue mani. Hai lasciato che mi facesse tutto questo. Sei rimasta a guardare mentre mi picchiava, mi frustava, mi lasciava legato alle travi della stalla. Sei rimasta in silenzio a guardare.»
Mi mette una mano sulla guancia, ma non sento niente. Non sento il calore di una madre; la carezza di colei che avrebbe dovuto proteggermi da tutto e da tutti. Non sento niente.
«Mi dispiace, Gene. Per tutto.»
BANG!
«NOOO!»
Riesco a vedere la pallottola trapassare il petto di mia madre e il suo corpo cadere giù violentemente. Mio padre ha una pistola in mano e la tiene puntata contro di me.
«Ho sempre saputo che tua madre era una debole puttana.»
Ringhio nonostante sia nella mia forma umana e mi avvento sul suo corpo ancora steso per terra. Spara altri due colpi. Gli strappo la pistola dalle mani e inizio a colpirlo con pugni micidiali. Non guardo nemmeno dove o cosa colpisco. Sono solamente mosso da rabbia e frustrazione.
«Te la porterò via! Prenderò quella puttana di una strega e te la porterò via!»
Nonostante sia sopra di lui e lo stia massacrando di botte, ha ancora la forza di minacciarmi. Minaccia la mia compagna e un gesto del genere non può restare impunito.
«Tu non sei mio figlio. Tu sei soltanto feccia. Lo eri da piccolo, lo sei tuttora e lo sarai per sempre e nessun titolo potrà mai dire il contrario...»
Inizia a sputare sangue. «Se non io, qualcun altro ti colpirà dove fa più male. La tua vita sarà cosparsa di sofferenze e mi sono accertato che sarà così.»
Ride... ride come se avesse vinto. Perché nonostante sia sopra di lui, con i pugni pregni del suo sangue, mi sento ancora il ragazzo di tanti anni fa? Perché in sua presenza continuo a sentirmi come feccia?
«Ho vinto io, Gene. Perderai tutto e proprio quando resterai solo, la morte cadrà sulla tua testa e io sarò pronto ad attenderti all'inferno... il solo luogo a cui appartiene realmente.»
Il mio braccio parte in automatico. Trapasso il suo petto con il braccio trasformato in parte e quando lo tiro fuori, tengo il suo cuore ancora pulsante stretto tra le mie mani. Mi alzo guardando i suoi occhi diventare opachi e la vita lasciare il suo corpo. È incredibile come il cuore riesca a battere nonostante non sia attaccato a nulla. Il rumore dei battiti che si attenuano, è come una dolce colonna sonora. C'è solamente un altro suono che mi distoglie dalla mia dolce vendetta e mi riporta bruscamente alla realtà. È un rumore che mi stringe il cuore...
«Tu sei come loro...»
«Hope...» Mi avvicino a lei.
«Sta lontano da me!»
No, non voglio che abbia paura di me.
«Non ti faccio nulla, piccola.»
«Sei un mostro!»
Già... come darle torto? Non ho mai osato pensare di essere altro. Solo Taliha mi ha illuso di essere diverso, ma non si può cambiare la natura di un individuo. Se sei nato mostro, morirai mostro.
Mi avvicino perché non voglio che abbia paura di me. Io non le farei mai del male. Faccio qualche passo nella sua direzione, ma cado violentemente giù, sbattendo le ginocchia sul duro pavimento. Una fitta al petto mi riporta alla realtà; a quei due colpi che mio padre ha sparato quando mi sono avventato su di lui. Mi tocco i fori sul petto e faccio una smorfia di dolore quando sfioro le ferite. Il sangue cola copioso e tutto intorno a me si crea una pozzanghera rossa.
«Che ti succede?» Mi domanda la piccola Hope con occhi preoccupati.
«Non è nulla di grave.» Mento. Comincio a diventare pallido e mi sento debole. Hope si avvicina titubante.
«Allora perché c'è tutto questo sangue?» I suoi occhi sono lucidi e so per certo che sta per mettersi a piangere.
«Non piangere. Sai che un beta non si mette mai a frignare.»
«Quindi sono il tuo beta?»
«Solo se smetti di piangere.» Tira su con il naso e si da un contegno.
Scivolo giù e mi accascio lentamente. Sento le gambe pesanti come macigni e il battito del cuore irregolare.
«Me lo fai un favore, piccola beta?»
«Sì, alpha.»
«Andresti a chiamare...»
«La tua compagna! Sì, vado subito.»
«No! Non voglio che mi veda così. Va a chiamare Aidan. Lo riconoscerai subito. Ha un'enorme cicatrice sul volto.»
«Sei sicuro che non vuoi che chiami lei?»
Non voglio che mi veda in queste condizioni. Non sono stupido. La mia situazione è precaria. Con ogni probabilità, avrò un'emorragia interna e non credo di farcela. Le gambe non si muovono più e le braccia sono pesanti come pietre. Non riesco più a fare pressione sulla ferita e se non ci riesco, sono spacciato. Taliha è debole. Ha usato troppa magia e ha le pile scariche; solo Aidan, in questo i caso, può aiutarmi. O almeno lo spero...

 O almeno lo spero

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