Capitolo 4

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Una nuova luce

Sono a casa, come ci sia arrivato non lo so. Ho ricordi confusi della sera precedente, ma un dettaglio è impresso nella mia mente: quello sguardo d'amore e non compassione, che mi ha fatto sentire capito e perdonato, quella tunica lucente che faceva vedere i suoi piedi scalzi, e le sue mani: un calore vitale. Ho un cuore più leggero ora, come se fosse riuscito, attraverso i miei occhi a estrapolare il male dentro me.
Non ho ben chiaro se è stato reale o se mi sono addormentato, sognando l'accaduto. Quando mi sono svegliato questa mattina presto ero abbracciato ai piedi del Sacro Cuore di Gesù. Ancora impastato dal sonno mi sono alzato frettolosamente, inciampando sono andato a sbattere contro qualcosa o qualcuno, non riesco a ricordare, come se la notte precedente l'avessi vissuta in un limbo.
«Buongiorno mamma!» scorgo la sua figura intenta a preparare il caffè, la saluto accarezzandole il viso e come ogni volta, mi guarda con un volto di compassione e dolore. Non sopporto quando mi osserva con quel volto triste da funerale. Mi siedo sullo sgabello della penisola e le chiedo di versare una tazzina di caffè. Lei lo fa con amore e mi posa davanti anche i miei biscotti preferiti: gli abbracci; come quando ero piccolo, spezzo il biscotto in due e mangio prima la parte bianca e dopo quella al cioccolato. Finisco di fare colazione e mi dirigo a fare una doccia. Dopo essermi vestito mi guardo allo specchio. Per la prima volta riesco a vedere una diversa luce nei miei occhi, non provo quel riluttante odio e lascio che un raggio di sole rifletta sulle mie iridi castano chiare; metto la crema protettiva sulla mia pelle sottile, che al tocco avverto meno grinzosa. Sicuramente sarà solo una mia impressione, oppure il forte desiderio di riavere la mia pelle liscia. Indosso il mio giubbotto da moto, afferro le chiavi della mia R6 e scendo in garage a prenderla. Finalmente libero, imbocco la strada che conduce sulla litoranea, ho bisogno di un po' di libertà. Le condizioni climatiche sono favorevoli, il sole splende e il vento è dolce e caldo, abbasso la visiera e do gas. Procedo tranquillo liberando la mente, decido di sostare sulla scogliera e ammirare l'immensità del mare. Ho sempre amato il mare. Le sue sfumature blu scure spumeggianti che si uniscono al celeste del cielo, mi donano uno stato di calma. Mi guardo intorno, tre pescatori non molto distanti da me, stanno preparando le loro canne da pesca e se sono fortunati porteranno a casa qualche pesce succulento, uno stormo di uccelli sorvola il mio capo, facendo un gran frastuono. Decido di camminare un po', e mentre i miei piedi calpestano quel manto roccioso, fiumi di ricordi inondano la mia mente. Riesco a sentire il suono della tua risata, quando insieme ci divertivamo a dare forme strane alle nuvole, a inventare storie e a osservare le montagne dell'Albania. Ricordo quando quel pomeriggio ti feci un set fotografico da urlo, eri bellissima: maglietta militare, jeans scuro, stivali con il tacco (ancora oggi mi chiedo come riuscissi a camminare sugli scogli con i tacchi) e quel giubbotto di pelle che ti donava un aspetto da angelo dark, a ogni tuo sguardo mi facevi innamorare sempre di più, mi stregavi e tenevi unito a te. Un forte bagliore cattura la mia attenzione, un raggio di sole illumina quel pezzo di metallo, mi paralizzo all'istante e un brivido percorre la mia spina dorsale. Stropiccio i miei occhi più volte, non può essere ciò che sto vedendo...

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