Capitolo 25

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Un'altra minaccia

D

ovevo calmarmi. Forse veramente Anna voleva aiutarmi, ma come facevo a fidarmi? È pur sempre un pubblico ministero, la giustizia la fa secondo le leggi e non secondo i miei piani. 

Scendo in coperta e mi chiudo in cabina, mi siedo sul letto prendendo la testa tra le mie mani. Mi scoppiano le tempie. Ogni volta che chiudo gli occhi le immagini che mi appaiono sono quelle foto ricevute. Chi mi segue? Ci sono foto di me in svariati posti. Ci sono addirittura foto di me quando ancora Elisa era viva; foto di mia madre addirittura. Cerco di concentrarmi facendo dei respiri profondi, ma vengo disturbato dal bussare insistente. 

«Riccardo, tutto bene?» 

«Sì Giordano, salgo subito.» cerco di essere il più convincente possibile, ma il mio avvocato mi conosce bene e sa che quando sparisco è perché qualcosa non va. 

«Va bene, ti aspettiamo di sopra, il sole ormai sta sorgendo, credo sia giunta l'ora di ritornare a casa»

Sciacquo il viso con acqua fredda per risvegliare i miei sensi. Devo ritornare in me, non voglio litigare nuovamente con Anna, ma non può farmi tutte quelle domande. 

«Riccardo! come stai?» Anna aveva un vassoio in mano con fette biscottate e piccoli barattolini di marmellata. Sopra al tavolino di fronte a me sul ponte, erano già adagiati la moka del caffè con accanto lo scaldalatte, mi sorride e posa il vassoio facendomi cenno di accomodarmi. Rimango stupito perché non ricordavo nemmeno se avevamo scorte di cibo. 

«Va meglio…» mantengo lo sguardo basso, mi vergogno di averli inveito contro e di averla spaventata, non sono quel tipo di persona. «Scusami, mi dispiace per ciò che è successo questa notte.» Non aggiungo altro, prendo un tazzone e mi verso un po' di caffè insieme al latte. 

«Tranquillo è tutto apposto, dispiace più a me per il volo che ha fatto il tuo telefono in mare…»

La guardo per un attimo stupito, non ricordavo questo piccolo ma grande particolare.

«Oddio! Adesso ricordo, avevo il telefono in mano quando ti sei avvicinata e hai iniziato a farmi domande… Devo recuperarlo, ci sono cose importanti lì sopra.»

«Ma come facciamo Riccardo? Rilassati, ne comprerai uno nuovo…» Giordano mi guarda fisso negli occhi come se volesse dirmi altro oltre a quello appena affermato. 

Mentre Anna e il mio avvocato sparecchiano il tavolo io prendo in mano il timone, ritorno indietro, ma prima devo passare dalla grotta delle striare; sicuramente nessuno dei due sarà d'accordo con la mia scelta, ma devo vedere una cosa. 

«Dove siamo diretti? Andiamo verso Castro? È da tanto che non ci vado…» Anna è alle mie spalle e osserva la direzione che ho preso. Non rispondo, sorrido debolmente e continuo a navigare. Ci siamo quasi, invece di virare a sinistra virerò a destra, ci vuole ancora un miglio e siamo arrivati. 

Il mio sguardo si perde nel blu scintillante del mare e il mio pensiero vola a Elisa. La prima volta che la portai in quella grotta eravamo due ragazzini, Roberto mi aveva insegnato da poco a guidare il motoscafo e ogni tanto me lo prestava per fare un giro in mare. Era un pomeriggio di Maggio, iniziava già a fare caldo, Elisa aveva indossato un pantaloncino di jeans e una magliettina gialla canarino a maniche corte, con delle scarpe di tela dello stesso colore. Il sole rifletteva i raggi sui suoi capelli dorati, rendendoli ancora più belli. 

Avevamo ascoltato la storia delle streghe di questa grotta una sera di fronte al falò organizzato da degli amici di Luigi. Raccontavano come all'imbrunire avessero percepito la presenza di tre streghe, ognuna di loro aveva dato un'indicazione da seguire e da far seguire alle persone più vicine a loro. Fu quella sera che io ed Elisa facemmo il patto di sangue, con tanto di marchio a fuoco sulla parte sinistra del petto in direzione del cuore. 

Passo la mano proprio lì, sembra ancora di percepire quel dolore, quel fuoco che brucia la mia pelle. 

Eccoci siamo arrivati, Anna e Giordano mi domandano cosa ci facciamo qui, io non rispondo, ormeggio la barca e scendo, facendo segno loro di seguirmi. 

«Riccardo! Aspetta, non possiamo entrare c'è un'indagine in corso.» Anna cerca di fermarmi, ma io avverto che lì dentro c'è qualcosa che mi attende. 

«Ha ragione Anna, non possiamo entrare lasceremo delle impronte che potranno depistare la scientifica.» 

«Se voi non volete venire rimanete qui, io devo vedere una cosa e torno.» li guardai negli occhi, volevo vedere fino a dove erano capaci a spingersi, se seguire un loro amico e andare contro il proprio lavoro o se seguire la legge. 

«Andiamo, veniamo con te!» Anna trascina per il braccio Giordano che la guarda a bocca aperta senza dire una parola. 

«Promettimi che non toccherai niente una volta lì dentro!» 

«Anna sta tranquilla, non voglio mettervi nei casini e tantomeno finirci io. È una cosa troppo complicata da spiegare, ma devo entrare per forza.»

«Va bene, non so cosa vorrai trovarci lì dentro, ma andiamo.»

Entriamo e la luce del sole delle dieci di mattina filtra dall'apertura davanti. Ci incamminiamo verso l'altare dove è stato ritrovato il corpo del dottor Congedo.

«Fermi!» Il mio avvocato e il pubblico ministero quasi mi sbattono addosso. 

«Ma, cos'è quello? C'è qualcuno?» Anna inizia a gridare ed estrae la sua pistola, io le mimo il gesto con il dito di fare silenzio e di abbassare l'arma. 

«Riccardo fermati! Non ti avvicinare è pericoloso!» Giordano già sta tremando dalla paura, non so come faccia a fare l'avvocato difensore. 

«Cosa può mai succedere? È solo una scritta.»

«Una scritta che sembra incisa con il sangue.» Afferma il mio avvocato.

«Chi sapeva che saremmo venuti qui?» domanda Anna alle mie spalle con ancora la pistola in mano. 

«Nessuno!» Affermo.

Leggo la scritta e sembra che si riferisca proprio a noi. 

"È meglio che raccogliete le vostre cose e sparite da questo posto"

«Questa è una minaccia lo sai vero? Ne hai ricevute altre in questo periodo?» Anna inizia nuovamente con le sue domande, ma io non rispondo, perché sì, ne ho ricevuto altre oltre a questa. 

La Verità Che Uccide Where stories live. Discover now