Capitolo 11

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Sono sulla strada giusta?

«Mamma eccomi!». Entrai nella sua stanza più in fretta che potevo. Ormai la luce del sole filtrava dalle tapparelle semichiuse.
«Tesoro mio, dove sei stato?». Mia madre mi guardava con quel viso stanco, ma felice di avermi di nuovo vicino a lei. Notai la fasciatura sopra la testa e la distolsi dalla domanda che mi aveva volto, facendole a mia volta una domanda. «Come stai? Ti hanno detto qualcosa i dottori?».
«Non preoccuparti per me, sto bene!».
Non era vero. Conoscevo mia madre e non voleva che mi preoccupassi per lei. Le presi la mano, stando attento alla flebo che aveva attaccata sul dorso e me la portai vicino alle labbra. Delicatamente le donai teneri baci, notando che la sua mano era fredda, anche se lì dentro faceva caldissimo.
«Ricordi qualcosa di ieri sera?», le domandai alzando la testa e guardandola negli occhi. Speravo mi desse delle risposte efficienti a sondare i miei sospetti.
«Hanno suonato alla porta e ho aperto, c'era una ragazza, non molto più alta di me».
«Com'era?», le domandai senza darle modo di continuare.
«Aveva i capelli lisci fin sopra alle spalle, credo biondo cenere o castano chiaro, la luce della scala inganna sempre i miei occhi».
«Cosa voleva? Perché eri in garage?», non riuscivo a capire. Una donna era venuta a casa nostra. Non le diedi modo di rispondere alle domande precedenti, che subito continuai: «sicuramente verranno i carabinieri, tu non dire niente. Dì solo che sei scivolata e hai battuto la testa, ok? Dì così e sta tranquilla, al resto ci penso io».
Dovevo prendere una boccata d'aria. Mi alzai mentre mia madre tentava di rispondere alle mie precedenti domande, ma la zittì un'altra volta. Mi abbassai su di lei e le donai un bacio sulla fronte, stringendole la mano sul mio petto. «Ora riposa, vado a fumare una sigaretta, torno subito.»
Finalmente fuori, all'ingresso dell'ospedale, accesi la sigaretta continuando a pensare alla descrizione fatta da mia madre. Chi era quella donna? Cosa voleva da mia madre? L'immagine di Elisa, come un'onda prepotente che si staglia di fronte ai miei occhi, non mi lascia respirare. Non può essere lei. Lei è morta. E se qualcuno mi avesse fatto credere che lei fosse morta, ma in realtà non lo è? Sono sulla strada giusta o le mie supposizioni sono tutte sbagliate?
La testa iniziò a girarmi, il fiato ormai quasi assente, non riuscivo a reggermi in piedi. Mi appoggiai al muro di cinta e misi la mano in tasca per prendere il mio erogatore spray di tranquillante, ma non lo trovai; forse mi era caduto sulla tomba di mio padre questa notte. Percepivo intorno a me molte voci. Il cielo sopra il mio capo iniziò a volteggiare, un forte senso di nausea inondò tutto il mio essere. Le voci diventavano sempre più lontane; ma una in particolare la ricordo, di donna: mi intimava di lasciar perdere ciò che stavo cercando, altrimenti per me sarebbe finita male.
Il mio corpo cadde a terra, creando un tonfo sordo sull'asfalto rovente. L'ultima immagine che i miei occhi ricordano è: un mantello nero che si allontana dal mio corpo ormai immobile.

La Verità Che Uccide Where stories live. Discover now