*12* (PARTE DUE)

60 3 66
                                    

1974, marzo.








Nonostante la stanchezza e la debolezza provocate dalla malattia, quando Roger entrò nella stanza d'ospedale in cui era ricoverata Jennifer, e si sedette affianco al lettino, lei trovò ugualmente la forza di salutarlo con un sorriso; per il giovane uomo non si rivelò affatto semplice ricambiare il saluto con un sorriso altrettanto luminoso, soprattutto quando i suoi occhi chiari si soffermarono sul corpo della ragazza: la camicia da notte ed il lenzuolo riuscivano a camuffare ben poco, talmente erano evidenti i cambiamenti fisici che aveva subìto nell'arco di un singolo mese, a testimonianza della malattia che stava procedendo sempre più rapidamente.

Quasi non sembrava più la stessa persona con cui aveva trascorso insieme tre giorni a Brighton, perché fino a quattro settimane prima il volto di Jennifer non era così pallido e sciupato; e fino a quattro settimane prima le sue braccia non erano affatto così esili.

La malattia la stava rapidamente consumando, famelica, dall'interno, e per qualche strano motivo, al bassista tornarono in mente i vermi che Syd pensava di avere dentro la testa, e che a detta sua gli stavano lentamente mangiando il cervello; se chiudeva gli occhi, ancora riusciva a vederlo, a Formentera, quando gli aveva chiesto, quando lo aveva supplicato urlando, di fare qualcosa, qualunque cosa, per farli smettere, perché il rumore delle mascelle che continuavano a masticare rumorosamente lo stava facendo andare fuori di testa, e lui era rimasto in silenzio, perché non c'era nulla che potesse fare per scacciare qualcosa che esisteva solo nella mente danneggiata del suo migliore amico.

Si era sentito impotente allora proprio come si sentiva impotente adesso, perché l'unica cosa che poteva fare era mentire, assecondando così il volere della giovane, che non voleva suscitare alcuna pietà; la capiva appieno, sotto quel punto di vista, perché al posto suo avrebbe preteso lo stesso trattamento, ma diventava sempre più difficile fingere che fosse tutto apposto quando l'aspetto fisico di Jennifer in primis lasciava presagire il contrario.

"Ti trovo bene" riuscì ugualmente a dire il bassista, nascondendo alla perfezione ogni sforzo, per poi lanciare una fugace occhiata verso il comodino "ma ti troverei ancora meglio se avessi mangiato il tuo pranzo. Quel cibo ha un aspetto a dir poco delizioso, sei proprio sicura di non voler assaggiare neppure un boccone?"

"Magari più tardi, adesso non ho proprio fame" Roger annuì in risposta, ma aveva già capito che non ci sarebbe stato nessun più tardi e che un'infermiera avrebbe ritirato il vassoio intatto, nelle medesime condizioni in cui era stato posato sul comodino "poco fa è stato qui il dottore. Abbiamo parlato"

"Bene, e cosa ti ha detto?"

"Niente che non sapessi già per conto mio, si è limitato solo a confermare ciò che è fin troppo evidente" rispose la più piccola, ed il sorriso allegro che aveva sulle labbra, e che aveva riservato al giovane uomo nel momento in cui era entrato nella stanza, divenne mesto "a quanto pare ci siamo, Roger, quel momento è arrivato".

A Jennifer non servì aggiungere altro; il bassista aveva immediatamente compreso che con le parole quel momento alludeva all'operazione chirurgica ed alla decisione da prendere in merito ad essa: o tentava la sorte con essa o continuava a prendere i medicinali, che comunque si stavano rivelando inefficaci.

"Devo prendere una decisione, e mi trovo ancora al punto di partenza perché non so cosa fare: se decido di continuare con la terapia farmacologica, potrei andare avanti ancora qualche mese come poche settimane. Il dottore non lo ha detto a parole, ma ha lasciato intendere che se continuassi come ho fatto finora, avrei il tempo contato. Ma se decido di sottopormi all'operazione, equivale a tentare la fortuna: può andarmi bene come essere un disastro colossale. Mi hanno detto che mi lasciano tutto il tempo di cui ho bisogno per prendere una decisione importante come questa, ma io non so dove sbattere la testa" continuò la giovane, stringendo il lenzuolo con entrambe le mani "se decido di tornare a casa, condannerò le persone a me più care a vedermi spegnere lentamente, giorno dopo giorno, e se decido di sottopormi all'operazione potrei addormentarmi e non risvegliarmi mai più. A questo punto, posso solo che optare per il male minore"

Empty Spaces; Pink FloydDove le storie prendono vita. Scoprilo ora