*6*

34 2 45
                                    

Roger entrò nello Studio di registrazione di Britannia Row e s’immobilizzò sulla soglia d’ingresso, con la mano destra ancora appoggiata al pomello: si era precipitato lì, lasciando Carolyne a casa da sola col piccolo Harry, perché Steve gli aveva detto per telefono che doveva parlargli subito di una cosa urgente (qualcosa che avesse a che fare con il tour, aveva pensato), di conseguenza si aspettava di trovare il manager del gruppo ad attenderlo… Non anche il resto del gruppo al completo.

Erano tutti seduti e tutti lo stavano fissando con uno strano sguardo preoccupato; anche l’aria stessa all’interno dello Studio era strana: avvertiva una certa tensione sia da parte dei compagni di band che da parte del loro manager, e non riusciva a capire da che cosa fosse dovuto.

“Ciao, Roger, come stai?” anche il sorriso sulle labbra di Steve, il primo a parlare, era strano ed innaturale e c’era qualcosa che non quadrava perfino nella banale domanda di routine che gli aveva posto “vuoi qualcosa da bere?”

“Sto bene… No, grazie”

“Sei proprio sicuro di non volere nulla da bere?”

“Sì… Assolutamente”

“Allora potresti sederti, per favore? Abbiamo bisogno di parlarti… Tutti noi”.

Roger richiuse lentamente la porta alle proprie spalle, ma anziché sedersi a sua volta rimase nell’ingresso a fissare i presenti: David aveva lo sguardo rivolto alle proprie mani, che continuava a tormentare, Rick stava fumando una sigaretta e Nick si guardava attorno evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo; notò che proprio il batterista aveva un colorito pallido in viso e socchiuse gli occhi chiari in un’espressione sospettosa.

Ormai era fin troppo chiaro che dovevano discutere di qualcosa che lo riguardava in prima persona, ma al tempo stesso nessuno di loro era ansioso di iniziare il discorso per primo; il bassista cercò di fare mente locale, ma non riuscì a trovare nulla che potesse aiutarlo a capire che cosa stava succedendo all’interno di Britannia Row.

“Sapete, tutto questo è quasi buffissimo” commentò con una risatina nervosa; Nick capì che l’amico si stava già irritando ed il suo viso perse qualche gradazione in più di colore. All’improvviso avvertiva un’irrefrenabile voglia di uscire dalla stanza per andare a bere una tazza di the caldo, ma lì non erano negli Studi di Abbey Road. Lì dentro non c’era nessuna mensa in cui scappare quando l’aria iniziava a diventare troppo pesante per il suo povero sistema nervoso “questa scena mi ricorda tantissimo quelle che si vedono in alcuni film, in cui una persona trova il proprio gruppo di amici attenderlo a casa perché vogliono parlargli e cercare di fargli capire che ha un problema serio prima che sia troppo tardi. Di solito si tratta di una questione legata ad una dipendenza da sostanze stupefacenti… Credete che io abbia una dipendenza legata a qualche genere di sostanza stupefacente?”

“No, Rog, sappiamo che sei così di natura” quella di Mason doveva essere una battuta per alleggerire la tensione, ma non ottenne affatto l’effetto desiderato; Waters non ci trovò nulla di divertente, come non trovava altrettanto nulla di divertente in quella situazione: doveva essere a casa con la moglie e con il figlio, ad occuparsi degli ultimi preparativi per la nuova partenza, e non lì, insieme al gruppo ed al loro manager che dovevano dirgli qualcosa che non avevano il coraggio di dirgli.

“Allora si tratta di qualcosa che ha a che fare con il gruppo?” domandò, allora, guardando i presenti uno ad uno “magari, nello specifico, qualcosa che riguarda il tour?”

“In un certo senso possiamo dire che riguarda sia il gruppo che il tour… Anzi… I prossimi tour” la risposta di Wright non riuscì a fare chiarezza nella mente del bassista, che si voltò a guardarlo con le sopracciglia corrucciate.

Empty Spaces; Pink FloydDove le storie prendono vita. Scoprilo ora