CAPITOLO 157

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Feci per andarmene, ma Degorio parlò.

«Voglio solo vederlo.» Mi afferrò la mano. «Ti prego, mi basta quello.»

Mi voltai nella sua direzione.
Mi guardava, con gli occhi cristallini, implorante come un tempo lo era stato Rubyo nel chiedergli di risparmiarmi.

Eppure non riuscivo a provare pietà, anzi lo disprezzavo ancor di più per tutta quella sua ipocrisia e svergognatezza.

Come poteva anche solo prendersi la libertà di sentirsi in colpa?

Liberai l'arto dalla sua presa.

«Non mentire.» Indietreggiai, ricreando distanza tra i nostri corpi. «Vederlo non ti basterà.»

Mentre mi ripulivo la mano che mi aveva stretto, strofinandola sui pantaloni, sentivo lo sguardo di Rubyo opprimermi.

«Ti illuderai solo di poter ritornare al suo fianco, di stargli di nuovo vicino, di far tornare le cose come erano un tempo.»

Cercando di ignorare quella presenza, mossi dei passi in direzione del pugnale che prima avevo lasciato cadere.

«E il solo vederlo non ti basterà più.»

Mi chinai, raccogliendo l'arma che iniziai a rigirare nel palmo.

«Hai sbagliato.» Fissai Degorio negli occhi, avvicinandomi nuovamente a lui.

«E sai quando?» Gli ero davanti, la lama rivolta nella sua direzione.

«Quando hai deciso di allontanarlo, togliendogli tutto.» La punta della daga, ora a contatto con il tessuto del suo mantello, era all'altezza del suo cuore.

Non premetti con forza.
Non lo ferii.

Eppure strinsi l'elsa come se quella fosse stata l'unica arma che mi fosse rimasta in un combattimento all'ultimo sangue.
Strinsi l'elsa come se da quello ne dipendesse la mia vita.

Sapevo di star puntando il pugnale verso Degorio eppure, in lui, in quel momento, vedevo solo il mio riflesso.

Io contro la mia coscienza.
Combattevamo una battaglia che nessuno avrebbe vinto, che entrambe avremmo perso.

Spostai lo sguardo sulla mia mano, stretta attorno all'impugnatura.

Tremava.

Allentai la presa, aprendo il palmo.

Osservai la daga cadere sull'erba, ai piedi di Degorio, senza produrre alcun suono.

«Rassegnati.» Bisbigliai, la voce così bassa che probabilmente fui l'unica a sentire. «Rassegnati.» Ripetei.

E iniziai ad indietreggiare, pronta a tornare nella mia stanza, a nascondermi sotto le coperte e girarmi dall'altra parte nella speranza di riuscire a illudermi che tutto questo fosse stato solo un sogno, un incubo.

Ma la voce di Degorio interruppe la mia ritirata.

«Perché dovrei farlo io quando non ci riesci neanche tu?»

Il mio intero corpo si immobilizzò, irrigidendosi come fosse stato colpito da una frustata.
Perché io, che le frustate le avevo subite davvero, sapevo che fosse solo a quello che le sue parole potessero essere paragonate.

Con ancora le spalle rivolte verso Degorio, aprii le labbra, cercando una risposta adeguata.

Ma fu il silenzio ad avere la meglio, fin quando un'altra voce, a me familiare, riecheggiò nell'aria.

«Non è appropriato importunare una futura sposa tre notti prima delle sue nozze, non credete anche voi?"

Gideon avanzò fino a raggiungere il mio fianco, mentre io, allibita, riflettevo sulle sue parole.

Royal Thief IIIWo Geschichten leben. Entdecke jetzt