CAPITOLO 164

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Eppure più che fastidio, o ilarità, in quel momento provai tanta compassione... e rispetto.

Le nostre storie erano tanto simili quanto diverse.
Potevo capirlo, eppure non l'avrei mai fatto appieno.

Dopo il tradimento della persona che amava, Dollarus aveva avuto la forza, il coraggio, di mettere una parola fine a quella relazione che non avrebbe fatto altro che consumarlo.

Quella stessa forza, quello stesso coraggio, che io non avevo avuto con Gideon, una persona per cui i miei sentimenti non potevano essere paragonati a quelli che Dollarus provava per Degorio.

Eppure, nonostante quello, avevo deciso di nascondermi dietro il beneficio di una scelta, addossando a Gideon la responsabilità di compiere una decisione per me, perché io non ero in grado di farlo.

E, per quanto doloroso fosse stato arrivare a quel punto, avevo creduto di aver fatto una gran cosa, illudendomi finalmente di essere maturata in un chissà quale modo.

Ma la persona davvero matura, la persona da cui avrei dovuto imparare, era Dollarus.

Lui era riuscito nel suo intento, aveva allontanato la persona che amava senza più guardarsi indietro, e aveva continuato a edificare il suo piccolo Regno, dar vita al suo sogno.

Io, invece, mi ero sentita persa senza Rubyo, la mia ancora, il mio punto fisso.

Ed era bastato rivederlo una volta, una soltanto, per vanificare tutti i miei tentativi, non di dimenticarlo, ma di andare avanti, di farmi una vita senza di lui.

Mi era bastato crederlo morto per piombare nell'assuefazione dello sconforto più totale, per cadere tra le macerie delle mie fondamenta e venirne seppellita.

Mi chiesi cosa mi sarebbe successo se davvero fosse stato così, se davvero Rubyo fosse stato ucciso.

Un angolo delle mie labbra si sollevò in un ghigno amaro.

Dal mio sconforto, dalle mie macerie, ero riuscita a scampare solo afferrando una mano, la sua mano, la mano di Rubyo.

Perché io dipendevo da lui più di quanto avessi mai creduto.

Ma Dollarus invece, Dollarus era riuscito a liberarsi dalle sue catene, arrivando a sostenere uno scontro ravvicinato contro la persona che un tempo amava, senza esclusione di colpi.

«Da quanto tempo è in queste condizioni?» Chiese la voce di Thui alle mie spalle, dopo che finalmente Gideon riuscì a far sedere Dollarus sul letto.

Lo osservai.

Sul volto si alternava il ventaglio di espressioni più vario e colorato che avessi visto, eppure i suoi occhi non sembravano volersi piegare a nessuna di quelle.

Uno chiaro, come le acque più pure.
Uno scuro, come i boschi più profondi.

Erano vacui, a volte persi chissà dove, a volte scattanti tra le pareti della stanza.

A volte osservavano, a volte cercavano.

Eppure mai sembravano realmente concentrati su quello che avessero in torno, mai sembravano smossi da una qualche emozione.

«Non lo so, ma non ne posso più.» Rispose Gideon, e l'attimo dopo Dollarus era scattato in piedi, di nuovo in azione.

Sospirai.
Ora il ghigno amaro era scomparso dal mio viso, sostituito da un tiepido e genuino sorriso.

Quando Thui aveva detto che quella sarebbe stata una lunga giornata, non ne aveva la più pallida idea.

«Vi prego, fate scomparire queste cose.» Indicai i vasi ancora pieni agli uomini di Dollarus che, uno dopo l'altro, avevano accerchiato la capanna del loro Signore nel tentativo di assisterlo in un qualche modo. «Quelli vuoti invece riempiteli con dell'acqua.»

Fecero come gli era stato detto, mentre io, approfittando della stanza sempre più vuota, iniziavo a mettere in ordine.

E allora mi chinai, incominciando a raccogliere cocci di ceramica e frammenti di vetro.

Thui fece lo stesso.

Così piegato a terra sembrava più spigoloso e sgraziato di quanto non fosse.

«Cosa gli hai detto di preciso?» Gli domandai, mentre passavo parte dei frammenti a Gideon, in modo che li portasse fuori dalla capanna.

Ogni tanto, mentre il mio sguardo vagava in cerca di altre anfore e bottiglie rotte, incrociavo i passi di Dollarus, che avevano già percorso la stanza in lungo e in largo un'infinità di volte, incuranti tanto delle pozze di vino, quanto dei frammenti taglienti.

«In poche parole: che un certo Degorio era tornato e lo voleva vedere.» Mi rispose Thui.

In quel momento un'anfora, di cui gli uomini dovevano ancora liberarsi, cadde al suolo, rompendosi a pochi centimetri da me.

Il vino rimanente mi schizzò su gambe e stivali e, se non fosse stato per l'intervento repentino di Gideon, un frammento di ceramica mi avrebbe ferito il volto.

Dollarus invece, che prima non aveva smesso di muoversi e farfugliare parole, si immobilizzò zittendosi tutto d'un tratto.

Sul suo viso, una cupa serietà.

Gli occhi eterocromi fissavano, privi di focalizzazione, un punto vicino a noi.

Il mio sguardo si spostò verso Thui, per poi tornare, rapido, verso l'omino,

Lentamente, iniziai ad alzarmi, le mani involontariamente ben in vista, come se temessi che qualsiasi mia azione avrebbe potuto scatenare in Dollarus una reazione di qualche sorta, sempre più difficile da controllare.

Anche Thui mi seguì, ma lo sguardo dell'omino rimase fisso, immobile, in quel punto indeterminato.

Poi, improvvisamente, scattò nel mio.

L'espressione così fredda e apatica da farmi immobilizzare sul posto. Non lo avevo mai visto così ma, per la seconda volta da quando lo avevo conosciuto, fui felice che non fossimo nemici.

E con la stessa rapidità con cui aveva spostato il suo sguardo, anche la sua espressione cambiò.

Ora improvvisamente allegro, gli angoli delle labbra si erano sollevati in un sorriso così grande da risultare innaturale.

«Volete assaggiare?» Dollarus mi offrì un bicchiere di vino.

Ero esitante sul cosa rispondergli quando, proprio in quel momento, tornarono alcuni degli uomini che avevo mandato a riempire le caraffe d'acqua.

«Volentieri.» Risposi. «Ma lo vorrei offrire io a te.»

Con un gesto, feci segno ad uno degli uomini di riempire un bicchiere.

Dollarus emise un verso di gioia, mista a stupore.

Senza forzarlo in nulla, mi sedetti su uno dei massi che faceva da sgabello, posizionato attorno a una lunga pietre che faceva da tavola.

L'omino mi imitò, per poi trangugiare tutto d'un fiato il bicchiere d'acqua.

«Superbo.» Schioccò la lingua contro il palato. «Veramente pregiato.»

Percepii lo sguardo allibito di Gideon prima ancora che iniziasse a parlare.

«Secondo voi dovremmo dirglielo che è a-»

Una pacca sulla scapola lo zittì, facendogli anche perdere l'equilibrio per qualche istante.

«Grazie Thui.»

«Cerco solo di rimediare ai miei errori.» Mi fece l'occhiolino, scoprendo un canino.

Ricambiai il sorriso, poi tornai seria.

«Ora qui ci penso io...»

Sia Gideon che Thui annuirono e, seguiti dagli uomini di Dollarus, lasciarono uno dopo l'altro la stanza.

Royal Thief IIIWhere stories live. Discover now