CAPITOLO 160

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Oltre le chiome degli alberi, il vento caldo ci accarezzava la pelle facendomi quasi dimenticare come, tra le terre degli esseri umani, fosse già arrivato il freddo dell'Isola d'Inverno.

Quella consapevolezza mi riportò alla mente, con un rimpianto nostalgico, tutto il cammino che avevo percorso fino a quel momento, come le mie scelte mi avessero condotta in luoghi di cui prima conoscevo solo il nome e fatto incontrare persone che mi avrebbero cambiata per sempre.

Tutto era cominciato con Gideon.
Con lui, e con la sua catena spezzata.

E da allora erano passati quasi due anni.

Faticavo a crederlo eppure le circostanze erano cambiate così tanto che, nonostante una parte di me fosse ferma nel passato, non potessi fare a meno di guardare avanti, al futuro, a quello che sarebbe stato.

Ed era proprio per questa necessità di dover affrontare l'indomani, l'avvenire, se adesso mi stavo dirigendo da Aerin.

Perché questo stesso indomani, questo stesso avvenire, io dovevo proteggerlo.

L'ennesimo salto mi fece scendere il cuore allo stomaco.
Dopo tutti quei mesi passati nella Tribù dei Rayag, ancora faticavo ad abituarmi ai loro spostamenti così rapidi e vertiginosi.

Così, con un leggero colpo alla spalla, segnalai a Thui di fermarsi.

«Stai poco bene?» Domandò lui, arrestando subito l'arrampicata. «Sono stato troppo brusco?» Potevo vedere i suoi occhi ambrati guardarmi oltre la spalla.

«No, non è questo.» Approfittai di quella pausa per sistemarmi meglio tra le sue scapole.

La verità era che stavo esitando.

Andando da Aerin volevo impedirle di rivelare la verità su Degorio e Rubyo, obbligarla a non ferirli.

E per quanto non mi importasse cosa decidesse di fare con Degorio, sapevo che meno avrebbe attirato l'attenzione, meglio sarebbe stato per tutti.

Eppure, l'idea di dirle di Rubyo, l'idea di rivelarle come l'ultimo dei Peccatori, la persona che più di tutte avesse voluto morta, fosse ancora in vita, mi preoccupava, nonostante con il contratto avessi potuto impedirle anche solo di sfiorarlo in alcun modo.

Ma ciò che davvero mi opprimeva il cuore, che mi pesava sullo stomaco facendomi mancare il respiro, era il pensiero di introdurre Rubyo, in un modo o nell'altro, nella Tribù.

Davvero volevo coinvolgerlo nuovamente e farlo rientrare, seppur per poco, nella mia vita?

Dopo tutto quello che avevo fatto per allontanarlo, per farlo stare al sicuro, dopo tutto quello che avevo patito e sofferto in quei mesi in cui non lo avevo avuto al mio fianco... sarei stata davvero in grado di lasciarlo andare di nuovo, quando il tempo sarebbe arrivato?

Segnalai a Thui di ripartire.

No, non lo sarei mai stata.
Nonostante lui mi avesse ferita, tradita, nonostante lui si rifiutasse di parlare, dirmi come stessero le cose, non lo sarei mai stata.

Eppure, in quell'istante, mi piacque illudermi che, al momento giusto, avrei fatto la scelta migliore, la scelta meno egoista.

Un bagliore si riflesse nei miei occhi, costringendomi a chiuderli.

Li riaprii solo quando potei percepire l'intensità della luce attutirsi, scoprendo come il laghetto verso cui ci stavamo dirigendo fosse ormai poco distante.

Ora, non più accecata dai due soli che si specchiavano sul velo dell'acqua, distinsi una figura emergere dalla superfice, rivelando solo la testa.

In quel momento realizzai come, ancor prima che potessimo raggiungere il fianco della riva del laghetto, Aerin avesse già percepito la nostra presenza.

E i piedi di Thui fecero giusto in tempo a toccare l'erba, che la sagoma del Kelpie, girato di spalle, sollevò la schiena nuda e diafana dall'acqua.

I capelli che le gocciolavano sul bacino esile.

«A cosa devo questa visita?» La sua voce rimbalzò sulle rocce di fronte a lei, da cui cadeva una piccola cascata.

«E io che credevo di aver finalmente trovato un po' di pace.» Il tono piatto come la superficie di quel lago.

Mi accigliai, il pugno stretto lungo il fianco.

Ma non era stata la sua solita calma ad avermi infastidito, no.
Erano state quelle parole, quella parola.

Come osava?
Con quale sfacciataggine si permetteva di parlare di pace, proprio adesso, proprio in quelle circostanze?

Ma certo.
Tanto a lei non importava della vera pace.

L'unica cosa a cui il suo cuore faceva spazio, a parte un distorto senso di amore materno, era la vendetta.

E ora che lei credeva che Rubyo fosse morto, ora che credeva di aver raggiunto il suo obiettivo, nulla le importava più.

Per un istante fui costretta a riconoscere come, contrariamente a quanto avessi pensato poco prima, non disprezzassi più così tanto l'idea di rovinarle i piani, di rivelarle come le cose non sarebbero andate come avrebbe sperato.

«Forse ti sarà sfuggita la conversazione di questa notte.»

Thui, al mio fianco, si grattò la nuca, ancora imbarazzato a quel ricordo.

Ma quando la mia attenzione fu di nuovo rivolta ad Aerin, l'angolo tra le mie sopracciglia divenne più acuto di prima.

Poiché nonostante fosse raro che sul suo viso apparisse un'espressione di alcun tipo, adesso che il suo busto era rivolto verso di me, potevo vedere come le sue labbra si fossero sollevate in un ghigno.

Rabbrividii.

«Ti riferisci al tuo incontro con l'ultimo dei Peccatori?»

Serrai la mascella.
I battiti improvvisamente meno stabili.

Il pugno, chiuso lungo il fianco, si aprì.
I muscoli d'un tratto più deboli.

Se sapeva, se aveva sentito, origliato, cosa fosse accaduto quella notte, allora perché era ancora così tranquilla, così serena?

«Se devo essere sincera...» Avanzò un passo nella mia direzione e io, senza che me ne rendessi conto, mi trovai a indietreggiare. «...pensavo che ci avrebbe messo più tempo a raggiungerti.» Aggiunse poi.

E il mio cuore vacillò.
Perché con quelle parole, con quell'aggiunta, poteva voler dire solo una cosa.

Royal Thief IIIDonde viven las historias. Descúbrelo ahora