CAPITOLO 198

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«Thui?»

Non riuscivo a credere ai miei occhi, no.
Non volevo credere ai miei occhi.

Thui.
Cosa ci faceva lì?

Indossava la maschera.
La schiena era coperta dalla pelliccia.

Eppure avrei riconosciuto ovunque quegli occhi ambra dalle venature dell'alba.
Avrei riconosciuto ovunque quei ciuffi scarlatti che spuntavano da dietro il lobo.

Era mio marito e indossava l'abito da caccia.
Sotto di lui, inginocchiato sul marmo freddo, la sua preda: l'uomo che amavo.

Al suo fianco, Degorio.

Sentii le gambe cedere, tremanti.
La testa leggera, vuota da ogni pensiero.

Le lacrime lavarono via dalle mie guance il sangue ancora fresco di Markus.

Guardai Rubyo.
I suoi occhi vuoti.
Il suo corpo circondato dall'intera Tribù di Thui.

Erano così tanti, da riempire il corridoio.

Tra di loro, i Rasseln sopravvissuti.

Dentro non provavo nulla.

Abbassai lo sguardo.
Osservai i miei palmi sporchi dell'ultimo respiro del mio fratellasto.

Era così che sarebbe finita?

Tutto quel sangue versato.
Tutta quella sofferenza.

Per cosa?
Per venire uccisa l'istante dopo aver concluso la missione per cui avevo passato l'intera vita ad allenarmi, a combattere, a fuggire?

Allora, se la mia vita, se la mia storia, fosse stata destinata a concludersi in questo modo, che senso aveva avuto sforzarsi così tanto?
Se fosse stata destinata a concludersi in questo modo, che senso aveva avuto scappare da palazzo?

Non potevo neanche combattere.
Non potevo neanche provarci.

Non se la spada era andata distrutta.
Non se l'unica arma capace di distruggere i miei avversari era andata distrutta.

Era il destino che mi puniva per aver sperato, per aver ucciso il sangue del mio sangue.

Gli angoli delle mie labbra si sollevarono verso l'alto.
La smorfia, sul mio volto, ricordava un sorriso.

Un palmo si depositò sotto il naso e un sussulto sollevò il mio sterno.

Ignorai l'odore metallico del sangue che mi pizzicava le narici.

Nel corridoio, irruppe una risata.

Eppure la voce sembrava così lontana.
Lontana come l'eco che portava via con sé la mia ragione.

Crollai al suolo.

Basta.
Avevo perso.

Cos'altro c'era da aggiungere?
Cos'altro c'era da pensare?

Nulla.
Il vuoto.

Vuoto, come quello che mi stava consumando da dentro.
Vuoto, come l'aria quando la mia risata si interruppe.

Guardai Rubyo.

«Sono stanca.» Ammisi.

Le labbra sollevate in un sorriso.
Gli occhi traboccanti di lacrime.

Avrei dovuto capirlo prima come sperare non sarebbe servito.

Non quando la Banshee mi aveva dedicato due delle sue lacrime.

Una per me.
Una per Rubyo.

Almeno Gideon era salvo.
E una parte di me che cercavo di nascondere ne fu felice.

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