CAPITOLO 163

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«Avevi detto di aver origliato la conversazione nel bosco!» L'affanno della corsa mi mozzava le parole, mentre Thui, con le gambe lunghe che si ritrovava, si limitava a seguirmi camminando ad ampie falcate.

In quel momento, trovai la cosa più irritante del dovuto.

«Non ho origliato, ho semplicemente ascol-»

«Hai capito cosa intendo!» Lo interruppi, un sapore ferroso in bocca. «In ogni caso, hai sentito!»

Non ricordavo che l'accampamento, o le stanze come preferiva chiamarlo Dollarus, fosse così lontano.

Ma probabilmente non lo era.

Probabilmente, era la mia ansia a rendere più lungo quel percorso, a consumarmi il fiato prima ancora della corsa.

L'ansia che, se non fossi arrivata in tempo, qualcosa sarebbe potuto andare storto.

Irreversibilmente storto.

«Hai sentito come Degorio fosse venuto fin qui per Dollarus, hai sentito come fossi contraria a farli incontrare.»

Finalmente, tra i tronchi degli alberi, riuscii a scorgere uno dei tetti in paglia dell'accampamento di Dollarus e dei suoi compagni.

«Sai tanto quanto me come quelle parole fossero rivolte più a te stessa che a lui, come potevo saper- ah, scusa.»

Mi fermai di colpo, e Thui mi venne a sbattere contro.

Quella era una piaga in cui avevo sperato nessuno ci mettesse il dito.
Era bastato Degorio.

E Thui lo aveva appena capito.
Tardi, ma lo aveva capito.

«Non conoscevo il loro legame.» Continuò, ma la mia attenzione oramai era totalmente concentrata sul gruppo di capanne che si faceva sempre più vicino.

«Quel che è fatto è fat-»

Cercai di essere positiva, ma un rumore di ceramica rotta mi ammutolì, facendomi temere il peggio.

Poi un grido, così acuto da non sapere di chi fosse.

«Merda.» Riuscii a pensare solo.

Un altro rumore.
Qualcos'altro si era rotto, forse vetro.

Sentivo il cuore battermi contro lo sterno, affaticare il mio respiro.

Ma oramai l'accampamento era difronte.

Era solo questione di tempo.

Solo questione di tempo prima che potessi cercare di mettere insieme i frammenti di una relazione oramai distrutta, di convincerli a stabilire una tregua che durasse almeno fino al giorno delle mie nozze.

Oppure, era solo questione di tempo prima che assistessi all'irrimediabile.

«Fermo!» Riconobbi la voce di Gideon provenire dall'interno della capanna.

«Ci siete anche voi!» Ci accolse uno degli uomini di Dollarus con parole che avrei decisamente apprezzato di più se solo fossero state espresse in un altro contesto.

«Che sta succedendo?» Domandai, ma anziché esprimersi a parole, l'uomo si spostò dalla traiettoria della porta, come per indicarci di entrare e vedere con i nostri occhi. 

Più veloce del mio cuore, c'era solo la mia mente che, da quando avevo iniziato a correre, non aveva fatto altro che tessere, altrettanto rapida, una tela di motivi, scuse e giustificazioni, in un tentativo di mettere insieme un discorso tanto sensato quanto convincente per stabilizzare la situazione.

Eppure adesso, mentre varcavo la soglia della stanza di Dollarus, seguita a ruota da Thui, speravo solo di non trovare pozze di sangue e gente intenta a puntarsi contro delle armi.

E quando spalancai la porta, i cocci sparsi a terra, le pozze scure espanse al suolo e una camicia macchiata abbandonata nella polvere, mi convinsero che la prossima cosa che avrei visto davanti a me sarebbe stato un Dollarus ferito, o peggio: morente.

Perché già ad Erling Dollarus aveva rischiato di perdere la vita per mano di Degorio e forse, adesso, lui era riuscito nel suo intento.

E sarebbe stata solo colpa mia.

Perché non avevo voluto accettare la realtà, ma avevo preferito fidarmi, ancora una volta, di una persona che non credevo mi avrebbe mai tradita, mettendo così a rischio la vita di chi, invece, mi era stato sempre fedele. 

«Basta!» Gridai, la voce roca di chi aveva realizzato troppo tardi di aver commesso un errore.

E la risposta che tutti quei miei pensieri trovarono, fu una breve risata secca.

Una breve risata secca che io stessa emisi, quando realizzai di aver frainteso tutto, di aver lasciato la mia immaginazione correre un po' troppo liberamente.

Perché oltre ai cocci sparsi a terra, alle pozze scure espanse al suolo e ad una camicia macchiata abbandonata nella polvere, non c'erano segni di lotta o armi.

E ne tanto meno c'era alcun cadavere.

C'era solo Gideon, in piedi al fianco del letto ad osservare, come un padre stanco, l'iperattività di Dollarus che lo spingeva a marciare sulle coperte, avanti e indietro, avanti e indietro.

Sbiascicando parole prive di senso, con le mani unite dietro la schiena e il petto nudo spinto in fuori con fierezza, sembrava tanto un instancabile soldato del Regno quanto un consigliere del Monarca perso in discorsi burocratici senza fine.

Ad ogni cambio di direzione o sussulto improvviso, la giacca che qualcuno era riuscito ad appoggiargli sulle spalle si apriva come un mantello al galoppo, perdendo sempre più appiglio sulla pelle dell'omino.

«Principessa!» Arrestò di scatto la marcia, urlando non appena mi vide.

A quella parola, pronunciata con così tanta energia e fierezza, quasi non mi precipitò il cuore nello stomaco.

Ma quello che invece precipitò, fu Dollarus quando, per scendere dal letto, ostentò una falcata più ampia della gamba cadendo con il volto nella polvere.

A quell'inaspettata situazione, sgranai gli occhi, sporgendomi subito nella sua direzione per aiutarlo ad alzarsi.

«Un vero piacere-» Un singhiozzo interruppe il suo discorso. «-avervi nella mia reggia.» Concluse una volta in piedi, per poi tentare un inchino così profondo da rendere quasi vani i miei sforzi. 

Lo fermai giusto in tempo, sollevando, oltre che lui, gli angoli delle mie labbra in un sorriso tanto preoccupato quanto allibito.

«Vi ringrazio.» Sbiascicò quell'ultima lettera abbastanza da far si che un pungente tanfo raggiungesse il mio naso.

«Quanto ha bevuto?»

Sentii gli occhi bruciarmi all'asprezza del suo alito, mentre una mano scattava a coprirmi le narici.

«No, non voglio saperlo.» Mi strofinai un occhio che era sul punto di iniziare a lacrimare.

«Piuttosto: dove ha trovato tutto questo vino?» Chiesi a Gideon, indicando con il mento la moltitudine di caraffe e bottiglie sparse per tutta la stanza.

«Vino?!» A Dollarus bastò quell'unica parola per sfoggiare tre picchi diversi di intonazione. «Ne ho fin che volete!» La giacca gli scivolò dalle spalle.

E questo lo vedo bene, pensai.

«Era per il matrimonio.» Rispose Gideon, ignorando il commento dell'omino che aveva ripreso il suo incessante monologo.

Dopo che gli avessi ricoperto la schiena, Gideon lo afferrò per le ascelle, sollevandolo con facilità dal suolo, per poi riportarlo a letto.

Ubriaco fradicio, mezzo svestito, con le gambe così a penzoloni e praticamente in braccio a Gideon, Dollarus era irriconoscibile.

Eppure più che fastidio, o ilarità, in quel momento provai tanta compassione... e rispetto.

Royal Thief IIIWhere stories live. Discover now