CAPITOLO 191

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Rubyo camminava al mio fianco, silenzioso ma rigido.

Quell'apparente calma mi preoccupava più di quanto non avrebbero fatto le sue parole.

Potevo solo immaginare quali pensieri stessero annebbiando la sua testa in quel momento.

Sapevo quanto avrebbe voluto chiedermi ulteriori dettagli sul mio nuovo piano, ma entrambi eravamo coscienti di come quello non fosse un discorso da affrontare in un luogo così esposto come i corridoi del palazzo.

Vidi le sue sopracciglia corrugarsi perplesse quando, invece di dirigermi verso le stanze, svoltai verso il cortile principale.

Il freddo mi punse le guance quando dei Rasseln aprirono il portone per lasciarci uscire.

La ghiaia, dura sotto i nostri piedi, sollevava polvere ad ogni nostro passo.
Una nuvola, bianca davanti ai nostri volti, si condensava ad ogni nostro respiro.

Era arrivata la stagione più gelida.

Rabbrividii, alitandomi sui palmi per riscaldarmi le dita.

L'Isola d'Inverno mi aveva temprata al freddo, eppure i lunghi mesi passati nella tribù di Thui mi avevano fatto dimenticare quanto le temperature potessero scendere anche nel Regno di Nymand.

Le mie falcate divennero più brevi solo dopo essere entrati all'interno della serra.

L'improvvisa carezza calda di quel luogo mi fece venire la pelle d'oca.

Mi sorpresi di come l'edificio in vetro avesse assunto nuovamente lo splendore della mia infanzia, lasciando il deterioramento della mia ultima visita solo come un brutto ricordo.

Il sentiero, ora privo di erbacce, si snodava come un filo d'argento sotto il chiarore della luna e la lucentezza delle stelle.

Si piegava vicino un cespuglio di rose, si distorceva al fianco delle radici di una betulla, si arrotolava attorno ad un salice piangente e si distendeva lungo dei bulbi di giacinti.

L'aria si riempiva del profumo delicato delle orchidee e dei gigli, dell'odore pungente dei muschi e dei tigli, dell'essenze legnose e degli aromi fruttati.

Il silenzio di quel luogo incurante dello scorrere delle stagioni, era interrotto solo dal fruscio dell'acqua corrente e dal ticchettio dei nostri passi.

Qualcuno avrebbe potuto definirlo un'utopia di cristallo, ma per me era solo una gabbia di vetro.

Le rose, che dietro i loro petali rubino occultavano le loro spine affilate, mi ricordarono quanto sangue gocciolasse ancora dalla punta delle nostre spade.

Le anemoni, che dietro la loro umile bellezza celavano la loro fragilità, mi portarono alla mente la quantità di finte identità di cui mi fossi dovuta servire pur di nascondere quella originale. 

Le querce, che sotto i loro tronchi robusti nascondevano le loro radici nodose, mi rammentarono di come fossi bloccata nel mio destino. 

Mi fermai solo quando raggiunsi il centro della serra, in prossimità della fontana.

Notai con sorpresa come anche quella fosse stata riparata: l'acqua ora, non più stagnante, sgorgava cristallina.

Perfino la fontana, con il suo zampillio placido come il battito d'ali di un piccolo uccello costretto in gabbia, mi ricordava come anche io fossi chiusa, bloccata in un luogo.

Ma ora sapevo, ero certa, che quella condizione fosse come mai prima d'ora vicino al suo termine.

In quella notte, la serra tanto maestosa quanto brutale era diventata sia il simbolo della mia prigionia che quello della lotta per la mia liberazione. 

Royal Thief IIIWhere stories live. Discover now