CAPITOLO 195

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Nella stanza si udiva solo la musica dei nostri respiri.

Nel buio di quella notte invernale, ansimi e sussulti creavano uno spartito di desiderio e passione.

Erano rotti, spezzati.

Come i nostri animi.
Come i nostri corpi.

Insieme, cercavano disperatamente di ricomporre un'armonia che sembrava irraggiungibile.

Voraci cercavamo le labbra dell'altro, il desiderio di completarci a vicenda. 

Bramavamo il contatto.
Contatto che superava la superficie della pelle, che penetrava nelle ossa, che scendeva nel profondo delle nostre anime.

Quei baci, affannosi ma mai sufficienti, ci stavano trasportando in una danza che non conosceva tregua.

Quelle carezze, dolci e sensuali, sostituivano le parole in un linguaggio primitivo ed essenziale.

Un gemito soffocato lasciò la gola di Rubyo quando mi morse il labbro inferiore, come se a soffrire fosse stato lui stesso.

Aprii gli occhi quando le sue labbra lasciarono le mie.
Il mio petto che si sollevava verso il suo in cerca d'aria.

La sua bocca iniziò a mappare il mio corpo.

Delicata, premette contro la guancia, la mascella, il collo.

Trattenni un gemito quando percepii la sua lingua contro la mia pelle.

La clavicola.

Il cuore premette contro il petto quando le sue dita spinsero la bretella della mia veste in raso oltre il confine della spalla.

Sentii il tessuto freddo.
Sentii le sue labbra calde.

Si fermò e mi accorsi di star ancora annaspando. 

Tante volte nel corso degli anni, quando le ferite avevano limitato i miei movimenti, Rubyo mi aveva aiutata a indossare i miei vestiti.

Eppure mai, prima d'ora, era stato così vicino allo spogliarmi.

L'intimità di quel gesto stava suscitando in me emozioni che non avevo mai provato prima.

I nostri sguardi si incrociarono e, anche nel buio della stanza, riuscii a vedere le sue iridi tremare.

Gli occhi erano gonfi di parole, traboccanti di emozioni, arrossati per il pianto.

Rabbrividii.
Il suo corpo era stato lontano dal mio per troppo tempo.

Il suo pollice fu come la flebile fiamma di un fiammifero quando mi accarezzò la guancia.
Il calore della sua pelle ne aveva asciugato le lacrime già da tempo.

Lo desideravo.
Lo volevo più vicino.

Volevo che i nostri corpi si unissero come mai prima d'ora.

Eppure avevo paura.
Avevo vergogna.

Di rivelare la parte più intima di me alla persona che amavo.
Di mostrare quel nuovo lato di me alla persona che mi era stata accanto per tutta la vita.

Lo bramavo, ma allo stesso tempo ero spaventata.

Le sue labbra si sollevarono in un dolce sorriso, e il rossore mi assalì il viso alla consapevolezza che avesse letto i miei pensieri con un solo sguardo.

Era sempre stato così anche per me, fin quando non avessi deciso di allontanarlo.
E ora non ne ero più in grado.

«Al centro del mio mondo ci sarai sempre tu, e questo nessuno potrà cambiarlo.» Aveva detto, e solo allora ero stata capace di accettare come solo lui, ora, avesse la capacità di leggermi come un libro aperto.

Royal Thief IIIWhere stories live. Discover now