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San non tornò a casa sua. Una volta uscito dal tabacchino col nuovo pacchetto bianco e rosso nella tasca del giubbotto, si incamminò nella direzione opposta di casa sua. O forse è meglio dire casa Park.
Ricominciò ben presto a nevicare. Il biondo si pentì di non aver indossato una cuffia. Il freddo era tagliente ed estenuante. Non si sentiva più la faccia.
Raggiunse un palazzo con quattro appartamenti, e notò che il portone d'entrata era aperto. Entrò e salì solo due rampe di scale. Quando si fermò davanti alla porta bianca si rese conto che stava tremando. Suonò il campanello, pregando il Dio che non credeva esistesse che ci fosse qualcuno in casa.
Finalemente un rumore di passi e lo scatto della serratura della porta furono ben distinguibili. San ringraziò il Dio inesistente.
Un viso confuso gli si parò davanti.
«San? Che ci fai qui?»
Il ragazzo dai capelli argentati era in pigiama. Aveva addosso delle ciabatte rosa. Se non vivesse da solo, probabilmente si sarebbe potuto pensare fossero della sua ragazza. Ma lui era single e quelle ciabatte erano della sua misura.
«Posso stare da te?»
Chiese il biondo battendo i denti dal freddo. L'altro ragazzo annuì, senza fare altre domande. Vedere tremare quella figura a lui tanto conosciuta gli faceva uno strano effetto. Il biondo pareva indifeso, più piccolo che mai.
San entrò nel monolocale sorprendentemente spazioso, ma non si tolse di dosso il giubbotto. Anche se il camino era acceso, il freddo continuava ad attanegliarlo.
«Grazie Mingi.»
Sussurrò il biondo.
Il più alto sorrise. Era raro sentire Choi San ringraziare.
«Vado a prenderti qualche coperta e un cuscino. Hai già mangiato?»
Il biondo scosse la testa.
«Non ho fame, non disturbarti.»
Il grigio aprì un armadio e ci ficcò dentro la testa. Song Mingi era considerato da molti solo un ragazzo irresponsabile e spiritoso, ma San sapeva quanto in realtà fosse premuroso. Le tre coperte e i due cuscini che gli portò immediatamente ne erano la prova.
San si era tolto il giubbotto di dosso e stava sdraiato a pancia in sù sopra il divano del monolocale di Mingi.
Quest'ultimo invece stava sdraiato sul suo letto. C'era silenzio, ma nessuno dei due dormiva.
«Hai una sigaretta?»
Chiese di punto in bianco il padrone di casa.
«Che domanda del cazzo.»
Rispose San, alzandosi subito in piedi e frugando poi nel suo giubbotto. Aveva proprio bisogno di una sigaretta. Portò una stecca bianca al grigio mentre lui ne teneva una già tra le labbra.
Il biondo si sedette sul letto, mentre accendeva le due sigarette. Aspirò. Il freddo aveva lasciato le sue ossa ed il suo corpo. Ma non le emozioni. Era tutto ancora lì nel suo petto, che gli premeva sul cuore.
«Che ci fai qui, San?»
Mingi guardò negli occhi l'amico che aveva conosciuto cinque anni addietro.
«Ho bisogno di stare lontano dal passato per un po'.»

𝐂𝐢𝐠𝐚𝐫𝐞𝐭𝐭𝐞𝐬 𝐚𝐧𝐝 𝐥𝐨𝐯𝐞 •𝐖𝐨𝐨𝐒𝐚𝐧•Where stories live. Discover now