13. Fantasmi dal passato

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[🎵 Now playing » Deep End - Ruelle]

"Sto scivolando, sempre più giù.
Sto perdendo la testa, e non riesco a respirare.
Sto scivolando, sempre più in fondo.
Sento la corrente, non posso far nulla,
solo arrendermi.





Aaron non era riuscito a chiudere occhio quella notte. Si era girato e rigirato tra le lenzuola più di una volta in cerca di una posizione comoda. Non era però il corpo ad aver bisogno di essere sistemato. Era la sua testa, affollata di pensieri.

Senza tirarsi su afferrò il cellulare dal comodino e lesse orario e data: 06:02, 24 Novembre. Nonostante sapesse già che giorno era, aveva sperato in un salto temporale. Sbuffò sonoramente nel rendersi conto che non avrebbe potuto ignorare la realtà, e quella consapevolezza lo irritò ancora di più.

Era da diciannove anni che viveva in un mondo ingiusto. O meglio, erano state le persone intorno a lui a renderlo tale. Aggiungere un altro anno di vita in quello stesso mondo di merda non avrebbe cambiato nulla. Anzi, non sarebbe dovuto nemmeno essere ancora lì.

Quando mesi prima aveva fantasticato su come avrebbe trascorso il suo diciannovesimo compleanno, si era immaginato di passeggiare tra canguri e koala dall'altra parte dell'emisfero, non di essere bloccato a Londra con una condanna da scontare.

Strinse forte il cuscino e soffocò un ringhio nel tessuto della federa per evitare di svegliare gli occupanti della casa. Visto che aveva ancora un po' di tempo prima di doversi recare a lavoro insieme a Landon, decise di placare il nervosismo con una corsetta mattutina. Si cambiò in tenuta sportiva, infilò le cuffie e uscì fuori.

Mentre Afraid dei The Neighbourhood gli riempiva le orecchie, superò le poche persone che camminavano per strada e raggiunse il lungofiume. Ne affiancò il tratto e iniziò a correre sempre più veloce, sorpassando altri corridori.

Ripensò ai compleanni passati, alle feste mancate, alle poche candeline che aveva spento, ai pancake speciali che preparava Tori e a quelli altrettanto buoni che sua zia aveva iniziato a cucinare da quando viveva con lei.

In quel momento, però, avrebbe solo voluto vomitare; l'aria fredda gli riempiva il petto e gli bruciava la gola.

Dopo aver percorso un paio di chilometri si fermò per un attimo a riprendere fiato, piegandosi in avanti con le mani sulla ginocchia. Inspirò ed espirò più volte finché non sentì il respiro tornare regolare. Poi si raddrizzò e scoppiò a ridere quando scorse un segno familiare poco distante; l'inconscio lo aveva guidato di fronte al cartello delle miglia.

Non aveva bisogno di leggere la cifra stampata sulla superficie perché quel numero riecheggiava nella sua testa.

«Mi manchi 24,859,» mormorò mentre afferrava il telefono e faceva partire Somewhere Only We Know di Keane.


🎵


Quel giovedì al negozio di vinili fu più pesante del solito. Non per la quantità di clienti - che era come al solito inesistente -, ma per il suo stato d'animo stanco e irrequieto.

Da quando aveva messo piede fuori di casa, non aveva scambiato molte parole né con Landon né con Fell. Si era anche rifiutato di pranzare insieme a loro, preferendo restare nel negozio a guardare Netflix.

Forse Fell aveva intuito che c'era qualcosa che non andava poiché, a metà pomeriggio, aveva deciso di rallegrare l'ambiente mettendo What's Up? dei 4 Non Blondes a tutto volume. Per qualche strano motivo era anche riuscito a coinvolgerlo in una sessione di karaoke improvvisata, che aveva attirato qualche curioso passante.

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