Epilogo

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[🎵 Home - Gabrielle Aplin]

"Perché dicono:
Casa è il luogo in cui il tuo cuore è scolpito nella roccia.
È il luogo in cui vai quando ti senti solo.
È il luogo in cui vai per far riposare le tue ossa.
Non è solo dove ti distendi.
Non è solo dove fai il tuo letto.
Finché siamo insieme,
Ha importanza dove andiamo?"





Sei mesi dopo

C'era sempre stata una sola cosa in grado di aiutare sia Aaron sia Landon a superare i momenti più difficili della loro vita: la musica.

Nel corso degli anni, lei si era rivelata la compagna perfetta in più di un'occasione, capace di dar voce a pensieri ed emozioni che neanche loro sapevano di provare. Proprio come in quel momento.

Le parole di Something Just Like This descrivevano alla perfezione ciò che entrambi avrebbero voluto dirsi, mentre se ne stavano seduti a cavalcioni, uno di fronte all'altro, sul muretto che affacciava al di sopra del cortile centrale del Barbican Centre.

Avevano le gambe attorcigliate e le bocche premute una contro l'altra, impegnati a scambiarsi respiri e sapori confusi; era da più di mezz'ora che non smettevano di baciarsi.

Fu la brusca interruzione della musica nelle orecchie a costringerli a separarsi, accompagnata dalla vibrazione del telefono sulla coscia di Aaron.

La foto di Nyle – immortalato al Gay Pride con gli occhiali a forma di cuore e un outfit scintillante – occupò l'intero schermo.

«Ignoralo,» mormorò Landon con la bocca a pochi centimetri dal suo collo, dove lasciò una scia di baci.

Aaron strizzò gli occhi e gli strinse il ginocchio che usciva dai jeans strappati. «Probabilmente vuole sapere a che ora torniamo a casa per salutarci. Hai visto com'era triste ieri?»

«La sta facendo troppo tragica. Staremo via solo un mese.»

«Un mese senza avere il suo Latte al mattino preparato da te è una tragedia.»

«Sopravviverà.»

«Come sopravvivi anche tu senza di me?» Aaron sghignazzò. «Abbiamo già constatato che passeresti le giornate a registrare puntate del podcast deprimenti e a consigliare musica degli anni 90.»

«Non mi provocare.» Landon finse di volerlo buttare di sotto, ma poi lo attirò a sé per coinvolgerlo in un altro bacio.

«Grazie per aver deciso di partire insieme a me. Non so se ce l'avrei fatta da solo.»

«Ti ho già detto che non devi ringraziarmi. E poi, come si fa a rifiutare un viaggio gratis in Australia?»

«Ma se l'altro giorno sei andato in panico e non hai fatto altro che inviarmi video che elencavano tutti i tipi di ragni e serpenti che potremmo incontrare?»

«Mi stavo solo informando. Se hai intenzione di andare in qualche posto sperso a gettare le ceneri di tua sorella, è giusto che sappia a che pericoli andiamo incontro.»

Aaron sorrise e afferrò il ciondolo tra le dita. Avrebbe portato Tori con sé, nel luogo in cui lei aveva sempre sognato di andare. Quasi non gli sembrava vero.

Appena il telefono di Aaron smise di suonare, fu quello di Landon a vibrare.

«Che vuoi?» Rispose scocciato al cugino. «Sì, stiamo per tornare. No, non servono altre birre. Sì, li vendono anche in Australia.» Riattaccò.

«Cosa vendono anche in Australia?»

«Non vuoi saperlo.»

«Dimmi che Nyle non ha organizzato un'altra festa.»

«Potrei dirtelo, ma sappiamo entrambi che non è così.»

Aaron scoppiò a ridere, poi si grattò il collo. Gli prudeva ancora dove si era tatuato di recente. Aveva intenzione di dare nuova vita alle sue cicatrici, di trasformarle in disegni pieni di dettagli e far sbiadire i segni del passato.

«Guarda che se ti gratti è peggio,» lo rimproverò Landon.

«Non sono abituato a tatuarmi come te.»

«Smettila di lamentarti. Questo è solo l'inizio. Abbiamo ancora mesi di sedute davanti prima di arrivare a coprirti il torace.»

«Mesi?»

«Ci vuole tempo.»

«Forse perché ti distrai facilmente,» lo stuzzicò. Ricordava ancora cos'era successo la prima volta che si era steso sul lettino per farsi tatuare da lui. Nemmeno un singolo pezzo di inchiostro era finito sulla sua pelle; in compenso era stato marchiato in altri modi.

«Casa?» Landon scese dal muretto e gli porse la mano.

Per quanto quella parola non avesse più dovuto suonare strana ormai – visto che lui e Landon vivevano insieme da mesi – ogni volta che la sentiva sobbalzava.

Si tirò in piedi e intrecciò le dita a quelle di Landon. Superò insieme a lui i labirinti di strade e gli intrecci di ponti sopraelevati, nella grigia austerità del complesso architettonico.

Ma per la prima volta, mentre affiancavano le file di palazzi tutti uguali, apprezzò la tenacia delle piante rampicanti che si estendevano sulle pareti ruvide.

Aaron aveva sempre creduto che stessero sfidando la rigidità di un posto a cui non appartenevano. Invece, stavano creando il proprio posto.

Perché anche se lui e Landon erano rotti, appartenevano allo stesso mondo. Non c'erano venature dorate a renderli più belli, ma erano loro, erano vita, erano una storia vera.

E forse il problema era che loro non erano mai appartenuti alle persone che li avevano cresciuti, quelle che avevano tentato di aiutarli, oppure le autorità.

Aaron e Landon facevano parte del gruppo di persone rotte come loro: i combattenti, i sopravvissuti, quelli diversi e ignorati e non creduti, che avevano collezionato lividi di sfiducia ogni giorno della propria vita.

Quando misero piede all'interno dell'abitazione, furono accolti da un chiasso di voci proveniente dal salotto.

La scena che gli si parò davanti fu divertente: Nyle stava litigando con Maeve per la scelta di un film, Ria e Fell stavano sistemando snack e bibite sul tavolino davanti alla televisione, Luzanne e Jean erano come al solito in disparte sul divano, uno sopra l'altro.

Appena notarono la loro presenza, i ragazzi smisero di litigare e parlottare e li invitarono a unirsi a loro.

Aaron agguantò una manciata di patatine, poi si sedette insieme a Landon sul divano e si guardò divertito intorno.

Quei ragazzi che a primo impatto aveva considerato eccentrici e strampalati erano diventati la sua famiglia, e casa aveva i mille colori di Nyle, il calore dei sorrisi di Ria, il sapore delle labbra di Landon, e un'anta del frigo ricoperta di post-it e foto.

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Angolo Autrice

Siamo giunti alla fine. Grazie per essere arrivati fino a qui.

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