«No.»
Allora non lo aveva solo immaginato.
Christian si gelò sul posto quando lo sentì.
«Che succede?»
«Credo... credo di essere rimasto chiuso dentro...»
«Non scatta la serratura?»
Silenzio.
«Non... non riesco proprio a muovermi...»
In che senso non riusciva a muoversi?
«Vuoi che vada a chiamare qualcuno?»
«Sono accasciato dietro la porta, se la sfondassero non farei una bella fine...»
Christian si morse il labbro in difficoltà, e l'unica cosa che gli venne in mente di fare guardandosi intorno, fu arrampicarsi.
«Posso entrare io? Scavalco dal bagno a fianco e ti do una mano.»
Il ragazzo dall'altro lato della porta sembrò pensarci un attimo, poi «va bene» disse, come se si fosse reso conto di non avere altra scelta.
Christian non perse altro tempo.
Non si curò neanche della sigaretta che aveva in mano.
La buttò all'istante, e la calpestò prima di entrare nel bagno accanto.
Mise un piede sul gabinetto, e posò le mani sul muro per darsi la spinta necessaria per scavalcare.
«Fa schifo lassù» sbuffò guardandosi i palmi bianchi per via dell'intonaco rovinato. Quando spostò lo sguardo verso il basso, vide la persona di cui fino a quel momento aveva solo sentito la voce.
Era seduto per terra, la schiena era appoggiata contro la porta chiusa, le sue braccia erano avvolte intorno al corpo per infondersi calore, e la testa era rivolta verso il basso.
L'unica cosa che Christian riusciva a vedere da quella prospettiva, erano i suoi capelli castani e ricci.
«Hey...» lo chiamò scendendo dal gabinetto, «che è successo?»
Si inginocchiò di fronte a quel ragazzo sconosciuto e, quando vide che questo non alzava la testa, portò lentamente due dita sotto il suo mento per incontrare il suo sguardo.
Quando lo guardò in faccia, si accorse che aveva il viso rosso, le guance erano bagnate dalle lacrime, e gli occhi che Christian aveva appena scoperto fossero azzurri, erano gonfi.
Boccheggiò di fronte a quella scena, e avvicinò una mano al suo viso per asciugargli una guancia con le nocche per non sporcarlo di intonaco.
«Hey, perché stai piangendo? Qualcuno ti ha fatto qualcosa?»
Il biondo si leccò le labbra e scosse la testa, «no» disse a voce bassa, «nessuno mi ha... fatto niente...»
«E allora perché stai così?»
«Vorrei saperlo» annuì prendendogli il polso per allontanare la sua mano dal proprio viso.
Christian rimase pietrificato da quel gesto, timoroso di aver oltrepassato il limite con un ragazzo che non aveva mai visto che aveva così tanto bisogno di aiuto, ma si accorse ben presto che il riccio lo aveva fatto per un altro motivo.
Le dita di Christian erano posate sul suo mento e, appena queste vennero tolte, cominciò a tremare.
Quel ragazzo stava chiaramente tremando.
Christian se ne accorse non solo perché riusciva a vederlo benissimo, ma perché, dopo non più di cinque secondi, sentì i suoi denti battere.
Stava tremando come una foglia.
Christian portò immediatamente il dorso della propria mano sulla sua fronte per cercare di capire cosa stesse succedendo, e la lasciò scivolare sulla sua guancia quando lo sentì caldo.
«Sei bollente...»
Il ragazzo non riusciva a smettere di tremare e, dopo quella constatazione, tutto ciò che uscì dalle sue labbra fu: «sto morendo di freddo.»
Christian serrò i pugni cercando alla svelta qualcosa da fare, e sentì sotto i polpastrelli la manica della felpa.
La sua felpa.
Quella felpa era tra le più calde che aveva, e senza pensarci due volte, se la tolse continuando a guardare il ragazzo che aveva davanti.
«Vuoi mettere questa?» gli chiese, mostrandogliela.
Il biondo si morse il labbro per impedire di farlo tremare ulteriormente, e scosse la testa.
«No. Non... non ti preoccupare. Tienila tu, non voglio che tu abbia freddo per colpa mia...»
«Ne hai sicuramente più bisogno tu» insistette Christian prendendogli delicatamente il polso per invitarlo ad alzare il braccio e infilare una manica. «Stai tranquillo, è caldissima, e sono sicuro che così starai un po' meglio.»
Il biondo si lasciò muovere dallo sconosciuto che aveva di fronte senza fare altre storie, sia perché sembrava che l'altro non fosse per niente intenzionato ad accettare un no come risposta, sia perché stava morendo di freddo e aveva davvero bisogno di quella felpa, sia perché non riusciva ancora a muoversi.
E a proposito.
«La porta» gli ricordò alzando un dito.
Serrò i pugni e si strinse di nuovo le mani in petto per riscaldarsi il più possibile, e guardò Christian alzarsi in piedi.
«Ti reggi da solo?»
Scosse la testa, e prese le due estremità della zip per chiudere la felpa.
«Allora non posso aprirla, altrimenti cadi all'indietro. Non riesci proprio ad alzarti?»
Il biondo alzò un sopracciglio trattenendo una risata, perché davvero, se non riusciva a muovere le braccia e a tenere la schiena dritta, come avrebbe potuto alzarsi in piedi?
«Domanda stupida, ho capito. Dammi le mani che ti aiuto.»
Il ragazzo non riuscì a far altro che posare i palmi sulle proprie ginocchia e, quando Christian se ne accorse, sospirò e gli prese i polsi con delicatezza per aiutarlo ad alzarsi in maniera non troppo brusca.
«Hai ancora freddo?» gli chiese premuroso avvolgendosi un braccio intorno al collo.
In risposta, il ragazzo annuì e «non quanto prima, ma sì» disse con le gambe tremanti.
Christian sospirò e aprì in fretta la porta del bagno, per poi cingergli la vita con il braccio e strofinare la mano sul suo fianco per infondergli calore.
«Vuoi che ti porti in classe?»
Il biondo scosse la testa bassa, troppo stanco per sollevarla.
