19. 𝑰 𝒘𝒂𝒏𝒏𝒂 𝒃𝒆 𝒂 𝒈𝒐𝒐𝒅 𝒎𝒂𝒏 𝒂𝒏𝒅 𝒔𝒆𝒆 𝒚𝒐𝒖 𝒔𝒎𝒊𝒍𝒆.

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Damiano

𝘊'𝘦̀ 𝘶𝘯𝘢 𝘴𝘵𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘢𝘴𝘤𝘦 𝘥𝘢 𝘰𝘨𝘯𝘪
𝘵𝘶𝘰 𝘴𝘰𝘳𝘳𝘪𝘴𝘰
𝒜𝓊𝓇ℴ𝓇𝒶𝓃ℯ𝓈𝓀𝒾𝓃

Quella mattina a New York il cielo era cupo e grigiastro, il freddo si faceva sentire più del solito ed il meteo minacciava neve. Situazione pessima visto ciò che avevo organizzato.
La sera avrei dovuto avere una partita ma l'allenatore mi aveva concesso di stare a riposo visti gli ottimi risultati che avevo dato negli scorsi match. Decisi di non sprecare tempo standomene a casa a ragionare su tutti gli aggettivi negativi che potevano descrivermi per ciò che avevo detto a vic, ma di impiegare quel tempo facendo qualcosa per farmi ottenere ciò che desideravo. Chiamai il mio pilota e gli dissi che quella sera sarei voluto tornare in Italia e che saremmo stati in due.
Non era un giorno a caso, era il compleanno del migliore amico di Victoria e -fatalità- io l'avrei portata proprio da lui.
Le scrissi di scendere a fare colazione con me, in seguito ad una decisione che dovevo comunicarle.
Era piuttosto spaventata, forse pensava che l'avrei licenziata.
<<dimmi pure>> disse una volta seduta di fronte a me, dall'altro lato del bancone.
Non guardò nemmeno la brioche che avevo messo nel suo piatto. Era veramente in ansia, mi affrettai a rivelarle tutto come fosse il mio peggior segreto.
<<andiamo a casa>>
<<andiamo... dove?>> ripetè
<<oggi é il compleanno di Thomas no?>>
<<si be.. si>>
<<ottimo, andiamo da lui, ce l'hai un regalo?>> finsi una certa indifferenza all'argomento quando in realtà non vedevo l'ora di una sua reazione.
<<ma sei serio? Andiamo davvero?>> L'aggettivo "incredula" non sarebbe bastato a descriverla.
<< vuoi che faccia la parte del bad boy che dice "non dico mai nulla a caso" con tanto di faccia da scemo? Se basterà a farti cominciare la preparazione della valige allora lo faccio>>
<<oddio!>>
Si alzò immediatamente dalla sedia e corse verso le scale, arrivata al corrimano tornò indietro di fretta.
<<grazie mille Dam>> mi strinse in un calorosissimo abbraccio, lasciò anche un bacio sulla mia guancia e riprese a correre al piano di sopra.

Il viaggio in aereo poteva essere riassunto come una serie di chiamate che Vic aveva effettuato a circa tutti i suoi contatti per organizzare una festa a sorpresa all'ultimo minuto.
<<no, Fra, la console la devi mette su un palco o un rialzo se no ci andate addosso mentre ballate>> urlava. Era al telefono e urlava, come una matta, su un aereo da dieci metri.
<<Victoria ti butto giù ora!>> la minacciai ottenendo un occhiataccia assassina.
Volevo cercare di dormire vista la notte passata insonne a pensarla mentre si toccava per me.
Certo, é uno scenario fantastico, se puoi goderne, ma io ero piuttosto arrapato visto che a quel bel quadretto non avevo potuto prendere parte.
<<si.. si ok ciao>> attaccò finalmente.
Si buttò stremata sul sedile accanto al mio e posò i piedi sul tavolino sospirando.
<<sei stanca? Non hai fatto nulla e sei già stanca?>> chiesi vedendola ansante.
<<non ho fatto nulla?? Organizzala tu una festa spaziale come quella che sto facendo io!>>
Arrivammo e tutto filò liscio, i bodyguard ci stavano accompagnando alla mia auto, le valige erano già state prese e messe nel bagagliaio. Ora restava solo fare una tappa fuori mappa.

Guidare tra le strade di Roma non mi era mai sembrato così bello. Avevo aperto il tettuccio della mia Audi, Victoria se ne stava in piedi con la testa fuori e le braccia spalancate a cantare a squarcia gola "Hola" di Marco Mengoni nonostante il freddo portato da gennaio.
Sul ritornello stonava ma l'avrei comunque ascoltata per altre migliaia di ore.
<<accelera, acceleraaaa>> gridava col vento tra i capelli, ed io eseguivo, sorpassavo e andavo più veloce. Solo per vederla felice.
Arrivammo dopo poco a destinazione e fu un susseguirsi ininterrotto di domande poste da parte sua. Il posto d'altronde era nuovo per entrambi ma io sapevo cos'era.
<<che c'hai?>> chiesi studiandola in viso, avvicinandomi un pochino. I suoi capelli erano completamente disordinati, la frangia le si era capovolta all'indietro, era molto molto buffa e sempre bellissima, non mi sarei mai stancato di pensarlo.
<<dove siamo?>>
<<a casa>>
Fece un espressione strana e studiò la struttura che avevamo davanti. Eravamo entrati da un cancello di ferro battuto, dopo aver percorso un già un pezzo di strada ciottolata. Di fronte a noi prese forma una villa in stile antica Roma. Era sviluppata sia verticalmente che orizzontalmente, all'esterno in mattone e pietra, all'interno arredata com mobili moderni che creavano contrasto. Una piscina su retro del giardino e due piani da studiare.
<<allora? Ti piace il mio nuovo gioiellino bestiolina?>>
Schioccai la lingua sul palato e dopo averle lasciato un bacio all'angolo del labbro scesi e le aprii la portiera da vero gentiluomo.
<<Non vuole approvare la mia nuova dimora?>> le chiesi scherzando.
Lei si guardò attorno, controllò l'ora e si decise a scendere. Arrivati alla porta aveva inchiodato di colpo, tanto che standole dietro stavo per farla cadere.
<<che c'è ora?>>
<<se c'è un campo da basket mi rifiuto, in venti giorni ne ho visti fin troppi>>
La rassicurai e finalmente entrammo. C'era un salotto con un camino a rendere tutto più accogliente. Sulle pareti erano appese alcune medaglie ed altri attestati vari, vi erano anche dei poster di cantanti d'altri tempi ed un giradischi nero opaco a campana.
Il divano era per due persone, vellutato ed anch'esso nero, ai lati c'erano due piccoli tavolini con delle riviste del basket.
<<è molto bella, la preferisco all'attico, é più... casa>> disse d'un tratto mentre passava lo sguardo sul vinile di Elvis. Ce la vidi perfettamente a scorrazzare tra quelle pareti intenta a disturbarmi. Mi sarebbe piaciuto averla sempre con me, non l'avrei trattata come una dama da compagnia. Sarebbe stata una regina ed io il suo servitore... ahimè, non ebbi nulla da offrirle, fu meglio ricordarmene.
<<c'è una piano con le stanze?>>
Le girai attorno ed alle sue spalle, soffiando sul suo collo, le chiesi maliziosamente perché le interessasse.
<<non mi interessa infatti>> si mise sulla difensiva e si scostò tornando alla porta. Aveva visto solo un decimo della casa e se ne stava già andando. Era giusto, doveva andare dal suo migliore amico e non sarei stato io ad impedirglielo per quanto fossi geloso.

ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟɪᴇsᴛ |damoria|Where stories live. Discover now