23. 𝑻𝒊𝒍𝒍 𝒚𝒐𝒖 𝒄𝒓𝒚

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Victoria

𝘋𝘰𝘷𝘦𝘵𝘦 𝘴𝘮𝘦𝘵𝘵𝘦𝘳𝘭𝘢 𝘥𝘪 𝘦𝘯𝘵𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢
𝘱𝘦𝘳 𝘱𝘰𝘪 𝘢𝘯𝘥𝘢𝘳𝘷𝘦𝘯𝘦,
𝘤𝘢𝘻𝘻𝘰.
𝒜𝓊𝓇ℴ𝓇𝒶𝓃ℯ𝓈𝓀𝒾𝓃, 𝓃ℴ𝓉𝒶 𝓋ℯ𝓃𝓉𝒾𝓆𝓊𝒶𝓉𝓉𝓇ℴ.

Ci sono cose che sfuggono al mio controllo.
Pensieri che mi tormentano la notte.
Vivo cercando una pace che non arriva, non arriva mai per chi come me convive con dei traumi infantili.
Non credevo in nessun miracolo di salvezza. Non speravo in nessuna cura.
Collezionavo notti passate in bianco, non vedevo calma nel mio futuro, volevo una stabilità che sapevo non mi sarebbe stata concessa e che tuttavia, meritavo moltissimo.
Era uno tra gli ultimi giorni che avremmo passato in Italia ed io ancora non avevo rivisto mio padre. Mia sorella aveva detto che stava bene e che il giorno in cui tornai lui si trovava a cena con la sua compagna. Disse anche che chiedeva di me ogni tanto, per sapere come stessi. Io pensai che avrebbe semplicemente potuto chiedere a me, insomma, non gli mancavo?
Mi rotolavo tra le coperte senza curarmi di Damiano che dormiva al mio fianco, ero ancora nuda e leggermente infreddolita visto il lenzuolo sottile. Cercai di alzarmi ma un capogiro improvviso mi investì facendo sì che rovinassi al suolo, ultimamente avevo la pressione e bassa ma non ci badai troppo, i voli ed i cambi di orario continui potevano essere sicuramente destabilizzanti. Mi rimisi subito in piedi, in un lampo di tempo feci la doccia e mi truccai per essere più carina.
<<ei bel fregno, sono le dodici, è ora che ti alzi non credi?>> dissi con voce suadente all'orecchio del mio amante mentre gli accarezzavo delicatamente la schiena.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile e mi degnò finalmente del suo sorriso, con qualche sbadiglio ed un espressione paradisiaca mi baciò. Fu una cosa così normale da risultare perfino più intima di tutto ciò che fino a quel momento avevamo condiviso.
<<che ore hai detto che sono?>>
<<mezzogiorno>>
<<cazzo!>> si alzò di colpo con un espressione piuttosto esilarante, corse per tutta la camera a cercare il suo telefono, digitò un messaggio e sparì in bagno.
<<cosa devi fare di così urgente da correre fuori dal letto in quel modo?>> chiesi venendo investita dal vapore dell'acqua calda.
<<dobbiamo andare a pranzo da mia madre>>
<<cosa?? E quando pensavi di dirmelo>>
<<potrei essermi dimenticato, penso sia ovvio no?>>
<<perché dobbiamo andare insieme?>>
<<perché mi va di averti con me, dovrò parlare con loro di lavoro, sarà stressante ma tu hai lo strano potere di tranquillizzarmi>>
Perché era tutto così normale?
<<parli di questo come se fosse la normalità, sai di non avermi mai detto queste cose vero?>>
<<non farmi notare i cambiamenti che subisce il mio modo di comportarmi con te, potresti pentirtene bestiolina>>
Volli subito ritirare ciò che avevo detto, facendoglielo presente avrebbe potuto ricredersi e smettere di trattarmi come se fossi davvero la sua compagna di vita, anche se si era trattato solo di quella notte e non di un periodo più lungo, i piccoli gesti ed i nomignoli mi piacevano.
<<mi passeresti l'asciugamano per favore?>>
Feci come richiesto ma una volta che fui girata di nuovo verso di lui, Damiano era già ad una vicinanza pericolosa e poco convenzionale visto il ritardo.
<<profumi>> ammisi annusando il suo petto, il quale ancora emanava calore.
<<grazie vicky, anche tu profumi, ma una rilavata non ti farebbe male>> Non arrivai subito a comprendere il significato delle sue parole, d'altro canto non avrebbe mai potuto buttarmi sotto l'acqua vestita e truccata, non l'unica volta che ero già pronta.
Si limitò infatti ad abbracciarmi grondante, per poi schizzarmi in faccia con i capelli.
<<Damianooo, mi cola il mascara così!!>>
Avvolse il bacino nella salvietta e prese il phon. Andai a controllare che il mio make-up fosse ancora intatto, per poi spruzzarmi una colonia profumata di Victoria Secret e raccimolare nella borsa lo stretto necessario per un pranzo in una famiglia non mia. Nonostante fosse molto che non vedevo i miei reali datori di lavoro, non ero per nulla nervosa, sperai che fosse presente anche Jacopo, mi ero trovata bene con lui la prima volta che ebbi l'occasione di intavolarci una conversazione.
Ci recammo alla sua villa con una nuova macchina, o meglio, una che non avevo mai visto; Mercedes AMG G63, di nero laccata.

Ovviamente casa David era sempre ben curata nel minimi dettagli, senza un cuscino fuori posto ne un fil di polvere sui mobili, fu facile capire da chi avesse preso Damiano la mania per l'ordine.
Come quasi tutte le volte che mi ero trovata qua, il silenzio regnava sovrano e dallo studio con la parete in vetro di poteva vedere l'uomo più adulto lavorare concentrato.
<<Damiano, Victoria, eccovi!>> Rossella spuntò dalla cucina con il solito sorriso raggiante in volto ed un abbigliamento casalingo impeccabile.
<<mamma, ho portato anche vic, non ero certo che avessi visto il messaggio>>
<<certo che l'ho visto, ma avresti anche potuto non avvisare, victoria è della famiglia oramai. Guarda come ti ha reso splendente, santo cielo, fai miracoli signorina>> Amavo quella donna alla follia.
<<be modestamente faccio questo effetto>> le feci l'occhiolino e subito si mise a ridere serena. L'abbraccio ovviamente non mancò, mi strinse come se fossi la figlia che non vedeva da tempi orsono.
Chiamò suo marito e mi spedí a cercare il fratello.
Salita la rampa di scale arrivai sulla soglia della camera di Jacopo, bussai ed assunsi una finta posa sexy.
<< ammazza, guarda che bona gira per casa mia>> esclamò sarcastico.
<<è sempre bello vederti David>>
<<fatti abbracciare>>
Lo raggiunsi accanto alla scrivania e lo strinsi forte. La sua testa si perse tra i miei vestiti mentre le sue braccia mi stritolavano.
<<Damiano?>>
<<parla con i tuoi genitori di cose sportive, tu che stavi facendo?>>
<<studiavo per l'esame che devo dare tra due settimane>>
<<ah, io mi sono presa una pausa fino a maggio>>
<<quindi passi tutti il giorno a fare la serva di mio fratello?>> gli feci il medio alla parola serva.
<<lavoro io a differenza tua, fannullone>>
<<sfigata>>
Il nostro battibecco continuò finché non vennero a chiamarci per mangiare.
A tavola fui seduta tra Jacopo e Damiano.
Non si parlava di nulla di interessante finché un argomento piuttosto cupo venne fuori dalla bocca di Rossella.
<<Damiano sei già andato al cimitero?>>
le forchette si fermarono in un secondo e tutti smisero di mangiare tranne me e la donna di casa, la quale sembrava piuttosto tranquilla.
<<non ancora>> rispose freddo il diretto interessato.
<<dovresti andare... ti farà bene>>
Doveva andare al cimitero per stare... bene? Ma che razza di controsenso era?
L'atmosfera malinconica e triste, vedere i visi di chi come te ha lasciato un pezzo di cuore in quella persona sepolta sotto terra. Non sentire i bambini ridere ma guardarli spenti e seri. Tutto quello mi faceva mancare il respiro per i pochi minuti in cui andavo a trovare la mamma.
<<non mi farà stare bene, ma comunque andrò prima di partire>>
Io e Damiano condividevano comprensione poiché nei suoi occhi, in quel momento, rividi la me quindicenne piangere su una lastra di cemento. Cercò di finire il piatto ancora colmo ma andò via ed io seppi che era per quel nodo allo stomaco che si forma la mancanza di qualcuno è troppo forte.
Con educazione informai tutti che sarei andata a vedere come stava e con ogni aspettativa non fu dura trovarlo, era in palestra a cercare di centrare il canestro.
<<giochiamo?>>domandai avvicinandomi.
Voltandosi di scatto si accorse della mia presenza e senza risposta mi lanciò la palla. Corsi, feci qualche palleggio e tirai, segnando.
<<ti straccio baby>>
Volevo farlo arrivare al limite per indurlo ad aprirsi con me. Doveva farmi vedere che genere di dolore era il suo. Volevo sapere se era rabbia, tristezza, confusione. Lo volevo come un libro aperto da poter sfogliare.
Riuscii nel mio intento quando, per impedirgli di fare punto, mi aggrappai al suo collo e lo baciai.
<<lasciami!>> urlò scaraventandomi a terra.
quindi è rabbia?
Si pentí subito dell'azione compiuta e si lasciò cadere in ginocchio.
Non feci nulla in un primo momento. Volevo essere certa della sua innocuità.
Per vari minuti restò fermo, con le mani sulle cosce ed il peso rilasciato sui talloni.
Gattonai verso di lui e vidi una lacrima.
Se ne stava tutta sola in un deserto arido da tempo. Ero certa che li non piovesse mai, ci avrei giurato che quella lacrima era sempre sola. Attorno a noi regnava il vuoto, privo di rumori e di parole.
Accostai il palmo della mano alla sua guancia e raccolsi quella porzione di cielo.
<<lasciati andare, ci sono io... amore>>
La tempesta richiamata si ripresentò all'interno delle sue pupille. Una grandine di lacrime cadde minando il suolo, singhiozzi tuonarono fin dai polmoni, fulmini passarono da lui a me come fossimo una cosa sola. Lo sentivo il vento che aggiungeva la sua sofferenza alla mia. Perché io potevo sopportarlo, lo avrei fatto per lui.

ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟɪᴇsᴛ |damoria|Where stories live. Discover now