38. 𝑳𝒂 𝒑𝒂𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒃𝒖𝒊𝒐

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Victoria

Dal ricovero in ospedale ero diventata fragile, non solo emotivamente.
L'anno che avevo passato fino a quel momento era stato travagliato da alti e bassi, quegli stessi bassi mi avevano lanciata in un dirupo, gettata nel buio degli abissi, senza ossigeno ne forza per tornare a galla.
Non potevo rischiare, in nulla.
Non potevo sottoporre il mio cervello a nessun tipo di stress.
La fragilità del mio cuore era pari ad una bolla di sapone, in grado di scoppiare al solo rimbombo di un pensiero.
E quando Damiano concluse, fui certa di averlo sentito dissolversi in migliaia di minuscole goccioline d'acqua.
Le palpebre si accasciarono flebilmente, vidi sfocato il volto del mio fidanzato in preda al panico. 
Caddi a capofitto, di nuovo.
<<victoria!>> credetti di aver udito.
I battiti andarono sfumando debolmente.
Le mie mani tremarono cercando un appiglio, qualsiasi cosa per non tornare ad essere un individuo privo di emozioni.
Avevo delle paure radicate dentro me come edera ed essa sarebbe per sempre rimasta la mia più grande condanna.
Nessuna rassicurazione, nessun tocco gentile, nessuna parola forte sarebbe stata in grado di dissuaderle ad allentare la presa. Non si sarebbero convinte a lasciarmi respirare, ne a vivere.
Delle braccia familiari sollevarono il mio corpo. Poco dopo una chiamata e delle sirene.
<<vengo con voi>>
Sentivo le voci?
In tutta quella oscurità io non riuscivo a scorgere alcuna persona.
<<gli elettrodi! ora!>>
Non urlare, per favore, mi stordisci!
Venni sballottata a destra e sinistra. Sobbalzai.
<<amore, sono qui>> Era lui.
Una brezza fresca mi si schiantò in volto e qualcosa di morbido aderì alla mia schiena.
<<apri gli occhi bestiolina, ti prego>> La sua voce singhiozzava, si insinuava silenziosamente nel mio animo.
<<un piccolo sforzo, uno solo Vi'>>
Una luce solleticò le mie pupille, io cedetti.
I led affissi al soffitto mandarono in fiamme le mie iridi chiare.
<<sei bravissima amore, resta con me>> mi chiese Damiano.
Ci provai con tutta me stessa ma ancora non vedevo bene, non capivo dov'ero.
Pensai fossero passati pochi attimi da quando mi ero stessa a terra accanto al divano.
Una fitta alla testa mi costrinse a soffocare un gemito di dolore.
Tutti gli arti mi dolevano, non sentivo il mio corpo, non rispondeva ai miei comandi.
<<dam...>> mi si spezzò la voce in gola.
Lottai per tenere gli occhi aperti ma le ciglia mi pesavano troppo.
<<falla restare cosciente>> disse una voce.
Stavo su un lettino con le ruote, esso andava a tutta velocità, svoltava senza avvisarmi.
Damiano era attaccato al mio braccio. Correva accanto a me con il volto rigato dalle lacrime e gli occhi arrossati.
Tirava su col naso e respirava a fatica.
<<sta...sta tranquillo>> gli sussurrai.
Increspò il viso in una smorfia di compassione e malinconia.
Cosa stava succedendo?
<<CODICE ROSSO!!!>> urlò ancora qualcuno nella mia testa.
<<signore non può più seguirci>> venne informato.
Iniziai ad andare in panico.
<<la prego, non ce la farà senza di me>> provò a convincerlo la mia anima gemella.
<<mi dispiace, faremo il possibile>>
<<no>> mi opposi senza essere ascoltata.
Damiano si portò le mani alla faccia e cominciò a sussultare, potevo sentire il suo cuore piangere per me, era straziante.
Due porte mi si chiusero di fronte.
E per non vederlo allontanarsi, per non sentirlo lasciarmi di nuovo, mi costrinsi a risprofondare nel mio oblio.
Mi circondai dei nostri ricordi, fin quando non fosse stato nuovamente come me.

"Con quel corpicino minuto e gli occhi come il più limpido dei mari, hai baciato ogni parte della mia anima fino a farla innamorare della tua". E mi baciò.

"perché la vita senza te non può essere perfetta"

"sarò un vessillo scudo o la tua spada d'argento"

"per fortuna ho la tua mano e le tue guance rosse"

"Sei ancora l'ossigeno che respiro"

ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟɪᴇsᴛ |damoria|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora