35. 𝑰𝒍 𝒅𝒐𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂

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Victoria

Avete mai avuto voglia di scappare?
Vi siete mai stancati delle pressioni del mondo?
Avete mai chiuso gli occhi immaginando di essere qualcun altro? 
Io l'avevo fatto troppe volte, me ne ero stancata.
Fu per quel motivo che decisi di mettermi in gioco, superare ciò che mi bloccava e avverare il mio sogno. Lo dovevo a mia mamma, ai miei amici e forse un po' anche a Damiano.

<<Quello è il grande carro... Oh! Guarda là c'è la stella polare>> Damiano indicava il cielo stellato sopra di noi con una dedizione tale da farmi ancor più innamorare di lui.
Girò il capo nella mia direzione, così da essere certo che lo stessi ascoltando.
<<non guardi le stelle?>> domandò scoraggiato come un bimbo.
<<sei dolcissimo>> ammisi. Ero persa nei meandri del suo cuore, sbalordita dalla bontà che vi avevo trovato, certa che non me ne sarei mai andata.
<<ti amo>> disse per poi baciarmi.
Ogni volta che me lo ripeteva non commuovermi era una sfida.
Come era successo?
Quando avevo sognato di innamorarmi?
A quindici anni il mio unico scopo era sopravvivere al dolore della perdita di mia madre, nelle poche notti in cui ero riuscita a dormire, anche se per poco tempo, non c'era stato spazio per sognare una vita perfetta con qualcuno che mi amasse accanto. Da bambina pensavo a quale rockstar assomigliare il giorno di carnevale mentre le mie compagne d'asilo vestivano come principesse. Superata la soglia dei vent'anni avevo l'obbiettivo di finire l'università con un voto rispettabile e andare a cercare lavoro e forse, in seguito, incontrare qualcuno con cui condividere quel che restava della mia vita. Di per se non era mai stata una cosa fondamentale eppure erano bastate le fragilità di un uomo a cui la sorte aveva riservato la mia stessa pena, per farmi cambiare idea. Perderlo diventò la mia paura più grande ma saperlo mio era tutto ciò che mi bastava per vivere quanto più serena mi potessi permettere.
<<io e te non abbiamo mai parlato del nostro futuro insieme>> diedi voce ad un pensiero.
<<ma come no? L'hai appena detto tu stessa, saremo insieme>>
<<é vero, ma argomenti come il matrimonio o i figli non sono mai stati oggetto di nessuna nostra conversazione... tu vuoi una di queste due cose?>>  Io non volevo avere dei bebè scorrazzanti per casa, per quanto fossero carini, ero stata soggetta ad un trauma adolescenziale che mi bloccava. Avevo paura che potessero soffrire quanto me. Al mondo c'era fin troppa cattiveria di cui sarebbero potuti essere oggetti.
<<il matrimonio non é nelle mie corde, non sono una persona religiosa, non vado un chiesa e non sono convinto del tutto dell'esistenza di un dio. L'argomento "bambini" lo prenderei maggiormente in considerazione fra le due cose, anche se non mi entusiasma l'idea di doverli crescere in una società ancora piena di pregiudizi.>> Eravamo d'accordo. <<tu vorresti una delle due cose?>> domandò in seguito.
<<non ho bisogno di un fede al dito per dimostrarti che ti amo e ti sono fedele, per il resto mi basti tu, mi basta quello che abbiamo e ciò che costruiremo>> A volte pensavo di essere noiosa con la mia constante maturità... ma non potevo farci nulla ero così.
<<sei una persona piena di forza bestiolina>>
<<sono banale se dico che la mia forza é data da troppa debolezza?>>
<<no affatto... se fossi stata solo debole forse non sarei qui a potertelo dire, sei forte.>>
<<ci sono tante persone che hanno perso un familiare, anche tu...>>
<<siamo forti entrambi allora>>

Tornammo a casa a notte inoltrata ed io crollai appena toccato il materasso.
La giornata era stata lunga, le prove erano andate bene, l'indomani mi sarebbe aspettata una giornata di intenso shopping con Eugenia e Martina. Nel pomeriggio ancora prove e la sera sarei andata a ballare. Damiano si era offerto di venirci a prendere seppur espresse chiaramente che la discoteca non era il suo ambiente.
Andava tutto bene, avevo le redini della mia vita ben salde fra le mani e non le avrei lasciate andare facilmente ora che avevo imparato a gestire il destino.
O almeno avrei tentato...

Damiano

Come era possibile che la mia fidanzata avesse un fisico perfetto pur mangiando schifezze sia a pranzo che a cena, colazione compresa?
Quella mattina al risveglio le avevo preparato delle uova strapazzate con del bacon, mi ero curato di spremerle delle arance e di filtrarne il succo così che non ci fossero i pezzetti di frutto che non le piacevano. Effettivamente ero un fidanzato perfetto, avevo una buona voce, ero affascinante, i miei tatuaggi davanti un certo fascino al tutto e come se non bastasse, ero fantastico a letto. Per non dimenticare che in più esprimevo i miei sentimenti alla perfezione.
<<siamo pensierosi stamattina?>> chiese vic apparendo sulla soglia della cucina stropicciandosi gli occhi. Indossava una mia maglietta nera lunga ed i miei pantaloni della tuta grigi. Eravamo rimasti a dormire a casa sua, dall'incidente avvenuto con Loralie non era più stata così propensa a venire da me. Di sicuro, avrei cambiato casa a breve. Per quando mi fosse simpatico Thomas, volevo poter girare nudo fra i miei spazi e poter scopare la mia donna fino a farla urlare, senza avere la consapevolezza che ci fosse il suo migliore amico a sentirla nell'altra stanza.
<<riflettevo su quanto io sia perfetto>>
<<ah ci siamo svegliati modesti>>
<<direi più: veritieri>>
<<ovvio, ed io che pensavo di essere eccentrica>>
<<illusa>> le feci la linguaccia e le servii la colazione.
Qualche ora dopo l'avevo portata da una delle sue amiche così che andassero insieme a fare compere. Avevamo il pomeriggio libero, ognuno di noi, membri della band, doveva pensare ad un nome che ci rappresentasse ad alcuni dei contest che avevamo preso in considerazione e che ci aveva suggerito il padre di Ethan. Eravamo ancora a corto di idee purtroppo ed io avevo da settimane un pensiero fisso che non sembrava intento ad abbandonarmi.
Dovevo fare una cosa, una cosa che da anni ormai rimandavo.
Ripresi a guidare con le dita tremolanti e le gambe molli. Il mio stomaco era un subbuglio di emozioni, di agitazione.
Stavo per tornare dove tutti i miei più grandi dolori e problemi avevano avuto inizio, da colei che aveva preparato il mio cuore all'amore.

Camminavo avanti ed indietro di fronte al cancello del cimitero, uno dei tanti che vi si trovavano a Roma, unico poiché vi alloggiava un'anima buona. La mia anima buona.
Giorgia.
Più volte nel corso del tempo avevo cercato di venirla a trovare, eppure, ogni volta finivo sempre più lontano, scappavo come una gazzella da un leone.
Non potevo vedere il suo nome su una lapide e semplicemente accettarlo.
Non ero in grado di elaborare il suo corpo sotto terra. Avrei dovuto fare botte con il ricordo dei nostri baci guardando la sua foto esposta sopra la data di nascita e la data in cui l'universo me l'aveva portata via.
Nonostante l'elenco di motivi per cui quella era una pessima idea, avevo deciso di avviarmi. Un piede di fronte all'altro.
Quando avvistai la sua lapide, notai che qualcuno era andato a farle visita. Da lontano mi parve una ragazza, portava i capelli ondulati a caschetto. Non faceva nulla di particolare. Avvicinandomi potei vedere meglio anche il suo vestiario, non la riconobbi. Giorgia mi aveva presentato praticamente tutti i suoi amici ma erano passati anni ed io certamente non avrei potuto riconoscere tutti i loro volti.
I miei passi producevano rumore vista la ghiaia sotto le suole. La persona si girò per un millesimo di secondo sentendo quel brusio. Un millesimo di secondo in cui misi in dubbio tutta la mia vita. Bastò che i suoi occhi incontrassero i miei per lasciar riaffiorare dolore, amore, tristezza, depressione, felicità, sconcerto e... paura.
I battiti del cuore accelerarono mentre rincorrevo la figura che, dopo avermi notato, fuggiva a gambe levate. Passato davanti alla lapide presi un secondo, rilessi la scritta "Raggiungimi nel punto più buio ora che non esiste posto in cui trovarmi".
Corsi.
Corsi a perdi fiato pur di inseguire quella donna dal cappotto lungo nero fin troppo familiare.
Non poteva essere vero, non stava succedendo a me.
Finimmo in una via appartata, lontana dai rumori della strada, poco sotto la parrocchia le cui campane suonavano per segnare il mezzodì.
Afferrai una manica con una forza maggiore di quella che mi ci sarebbe voluta.
Gliela strappai.
Nello squarcio fra la spalla ed il braccio intravidi un tatuaggio, un cuore stretto nel filo spinato.
Lo stesso che aveva lei.
La mora si fermò arresa.
Le presi il mento fra indice e pollice obbligandola a guardarmi.
Due occhi color cioccolato mi trafissero l'anima.
Ancora ansante tornai con la mente a quattro anni prima, quando venni ricoverato in una clinica di disintossicazione da droghe pesanti. Rivissi lo sconcerto di mia madre quando una sera scoprì che avevo guidato ubriaco. Ripensai ai tagli che mi ero procurato per alleviare il dolore della sua mancanza.
Era stato tutto inutile. Avevo rischiato di perdere la vita per una donna che credevo morta.
<<Ti posso spiegare>> disse.
La sua voce era cambiata.
Il suo sguardo mi dava sui nervi.
Desideravo farle del male.
<<Damiano>>
La lasciai ed andai via.
Ero completamente sotto shock.
Giorgia era viva.
Lo era stata per tutto questo tempo.
E ora?

ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟɪᴇsᴛ |damoria|Where stories live. Discover now