CAPITOLO 3

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VICTORIA

Era sera e mi trovavo ancora alla Universe Corporation per finire alcune cose. Mentre aspettavo che il computer si chiudesse, sentii un forte rumore provenire dalla stanza accanto. Più precisamente dall'ufficio di Richard.

Abbassai il monitor del dispositivo davanti a me e uscii per vedere cosa stesse succedendo. Prima che potessi bussare, un altro rumore mi arrivò alle orecchie, e così decisi di entrare senza nemmeno chiedergli il permesso.

I miei occhi caddero subito sul pavimento colmo di vetri; sollevai lo sguardo verso di lui e lo vidi di spalle, con le mani chiuse a pugno e poste lungo i suoi fianchi.

Si accorse quasi subito della mia presa. Si voltò nella mia direzione e nascose la mano dietro di lui. Aggrottò la fronte alla mia vista e fece qualche passo indietro.

«Che ci fai ancora qui?» domandò, mantenendo il braccio dietro la sua schiena e non dandomi l'opportunità di vedere cosa fosse successo.

«E tu invece, perché sei ancora in azienda?» risposi alla sua domanda con un'altra domanda.

Due domande e zero risposte.

Mi sporsi di lato cercando di vedere la sua mano ancora nascosta. Trasalii dallo spavento, appena iniziò a sbraitarmi contro di andare via. Si stava nascondendo e non voleva mostrassi vulnerabile difronte ai miei occhi.

«Vattene, Victoria» provò a cacciarmi dal suo ufficio, inveendo su di me e alzando la voce.

Purtroppo ero una testa dura e non me ne sarei andata così facilmente senza prima aver capito cosa stesse accadendo. Il suo viso era strano e, nonostante non capissi perfettamente il suo stato d'animo, compresi che non stesse per niente bene.

Qualcosa lo turbava, qualcosa di molto grande, ma non capivo cosa.

«Che è successo?» chiesi, avanzando lentamente verso di lui per paura che potesse nuovamente urlarmi di andare via.

«Mi è solo caduto un vaso» disse «Raccolgo i pezzi e torno a casa. Non è successo assolutamente niente, puoi anche andare via» provò a liquidarmi, sventolandomi la mano non nascosta vicino al viso.

Ma qualcosa mi diceva che non fosse vero.

Stava mentendo e io l'avevo capito.

«Che è successo, Richard?» provai a richiederglielo, mantenendo sempre lo stesso tono pacato.

I suoi occhi erano spenti e lo vidi sospirare e avvicinarsi a me, sovrastandomi con la sua altezza. Per quanto provasse a convincermi, avevo capito che stesse mentendo.

«Te l'ho appena detto» sussurrò, provando ad intimorirmi con il suo viso completamente teso «Mi è semplicemente caduto un vaso, Victoria. Non essere insistente ed esci fuori dal mio ufficio una volta per tutte. Non ti voglio in mezzo ai piedi, chiaro?»

«Ricordati che lavoriamo nella stessa azienda, Richard» mi scontrai con lui, nonostante si comportasse così prepotentemente con me «Quindi saremo costretti ad averci in mezzo ai piedi, entrambi. Se ti è solo caduto un vaso, dammi la tua mano destra» porsi il palmo nella sua direzione.

Stanco delle mie continue insistenze, mi prese per un braccio e mi fece indietreggiare fino a quando la mia schiena non sfiorò la parete del suo ufficio. Portò entrambe le mani ai lati del mio capo e mi bloccò tra lui e il muro.

«Basta» disse, sfiorandomi la guancia con una mano «Basta domande.»

I miei occhi caddero proprio sulla mano che prima stava nascondendo dietro la schiena. La teneva all'altezza della mia testa e tornai a fissargli le iridi azzurre che continuavano a scrutarmi il viso.

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