CAPITOLO 15

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VICTORIA

Trent: Buongiorno, amore.

Sorrisi, rispondendo al suo messaggio, ed entrai in ufficio notando sulla mia scrivania una busta bianca posata proprio sopra i numerosi documenti che avevo lasciato il giorno prima. Poggiai la borsa sulla sedia e iniziai a rigirarla tra le mani per scoprire da chi provenisse.

«Per Victoria Morgan» lessi a bassa voce, aggrottando la fronte perplessa e parecchio curiosa.

Diedi le spalle alla porta del mio ufficio e mi diressi verso la finestra per avere maggiore luce. Ancor prima di poterla aprire, qualcuno bussò alla porta che avevo dimenticato di chiudere.

«Oh, ciao» permisi a Richard di entrare. Mi accorsi, solamente appena si avvicinò maggiormente a me, di una macchia violacea vicino alla bocca. «Il tuo viso...»

«Non dirlo.»

«...mi dispiace» continuai la frase, sebbene mi avesse fatto intendere che non c'era niente di cui dovessi scusarmi «È tutta colpa mia se sei ferito.»

«Smettila di pensarlo» si mise dinanzi a me «Sto bene, tu anche e questo è l'importante.»

Un piccolo sorriso si formò sulle mie labbra. «Aspetta, mi è venuta in mente un'idea» adagiai la busta sulla scrivania e tirai la cerniera della borsa, estraendo un correttore e una spugnetta.

«Vuoi seriamente truccarmi?» rise, accorgendomi che fosse persino spaventato dalla mia proposta «Che cos'è quella roba?» mi indicò il tubetto, piegando le labbra verso il basso.

Tornai vicino a lui sollevando verso l'alto gli oggetti stretti nelle mani. «Questo è un correttore e servirà a coprirti il livido.»

«Non mi piace per niente» si oppose, scuotendo il capo «Non puoi costringermi» mise le mani avanti per tenermi lontana da lui.

Girai il tappo e tirai lentamente il pennellino impregnato di prodotto. Ne poggiai un po' sul dorso della mano e con la spugnetta iniziai a prelevare il correttore. Fortunatamente, io e Richard avevamo più o meno lo stesso incarnato della pelle.

«Per favore, Richard» lo osservai «Se fossi riuscita a fermarti, adesso non avresti quel livido sul viso. Ho sbagliato e...»

«D'accordo» mi bloccò, sedendosi sulla sedia «Ancora non riesco a credere che tu mi abbia convinto.»

Mi avvicinai ridendo al suo viso e, delicatamente, inizia a picchiettare la spugnetta vicino la bocca. «È stato più facile di quel che pensavo.»

Mi guardò intensamente mentre i miei occhi rimanevano fissi sul suo livido. Indugiò alcuni secondi in silenzio e distese una mano dietro il mio ginocchio per avvicinarmi a lui.

Cercai di non farci troppo caso e continuai a tamponare il correttore sulla macchia, ma quel contatto così riavvicinato stava iniziando a opprimermi il petto. Provai a distrarmi ma le sue dita affusolate sfioravano prudentemente la mia carne.

«Smettila di credere che sia stata colpa tua» rettificò, ancora «Tra tutti i pensieri che hai dentro la testa, questo non deve più farne parte.»

Sollevai il suo viso, poggiando la mano sotto il mento, e guardai se la contusione fosse interamente coperta. Chiusi il correttore e lo poggiai accanto a me, percependo le sue mani scorrere via dalle mie gambe.

A volte, erano proprio i pensieri a mangiarmi viva.

«Livido completamente coperto» lo avvisai.

«Grazie, Victoria» rimase con le labbra socchiuse, come se volesse dire altro, ma venne bloccato dalla voce di sua madre che sostava oltre la porta dell'ufficio.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now