CAPITOLO 48

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VICTORIA

TRE SETTIMANE DOPO.

Il tempo sembrava non voler passare mai. Da tre settimane facevo avanti e indietro da casa all'ospedale e viceversa. Passavo intere giornate insieme a Richard nella speranza di vederlo riaprire gli occhi. Non andavo in azienda da molto. Ogni mattina mi portavo tutto il lavoro dietro e cercavo di rispettare i tempi di consegna stabiliti per le realizzazioni delle varie campagne pubblicitarie.

Non era facile mantenere questo ritmo ma per lui avrei fatto ogni cosa.

Purtroppo, tutta questa situazione stava iniziando a gravare direttamente anche sul mio stato mentale. Gli attacchi di panico erano ritornati a essere molto frequenti, dovendo aumentare di conseguenza anche alcune sedute con il dottor Lopez. Richard era diventata la cura alla mia ansia e, senza di lui, il mio male stava ritornando.

I giorni successivi all'incidente erano stati i peggiori. Tutti avevamo timore che le sue condizioni potessero precipitare improvvisamente, ma il medico ci aveva assicurato che le cure stavano man mano facendo effetto e che il suo stato fisico stesse migliorando.

Tenevo il mio tablet poggiato sulle gambe, con lui accanto a me, mentre lavoravo a una nuova campagna. Di tanto in tanto lo guardavo e sorridevo, sperando che quel cenno venisse ben presto ricambiato da parte sua. Mi mancavano i suoi occhi blu come il mare.

Cliccai il programma di grafica e iniziai a scegliere tutti i colori adatti per questa nuova locandina della Universe Corporation. Sebbene siano passate alcune settimane, molte testate giornalistiche continuavano imperterrite a usare la notizia sulla relazione tra il signor Marcus e Catherine, e il documento di adozione, all'interno dei propri articoli.

Catherine Barker si era divertita a far trapelare tutte queste notizie alla stampa. Su di lei non avevo alcuna notizia, probabilmente si era decisa di lasciare New York definitivamente e di iniziare una nuova vita.

Per un solo momento, ero stata tentata di chiamarla. Avrei voluto urlarle contro di tutto e farle sapere che, per colpa sua, Richard stava rischiando la morte. Ma poi avevo anche pensato che Catherine sarebbe stata capace di tornare e non volevo che questo accadesse.

Non desideravo vederla.

Stringevo la mano di Richard mentre continuavo a sistemare la locandina. Non era tanto comodo lavorare in questo modo ma non riuscivo a staccarmi da lui neanche un momento. Volevo essere qui non appena avrebbe riaperto gli occhi. Perché sì, ero certa che sarebbe successo fra non molto.

Qualcuno bussò alla porta facendomi sollevare lo sguardo dallo schermo del dispositivo elettronico. «Ciao, Victoria» Eloise mi salutò, alzando una busta di carta davanti a me «Ti ho portato il tuo cibo preferito.»

Chiusi il tablet e lo poggiai sul comodino della stanza. «Pizza?» il mio umore si risollevò.

«Pizza» confermò avanzando, chiudendo la porta dietro di sé e sedendosi al mio fianco. Il forte odore di focaccia bianca alle verdure mi invase le narici, presi un tovagliolo e la tirai fuori. Iniziai a mangiarla a piccoli morsi, appagandomi di quel gusto che amavo troppo.

«Sei la migliore» affermai, ringraziandola.

Mi sorrise, guardando successivamente Richard. «Come sta?»

Bevvi un sorso di acqua e chiusi la bottiglietta con il tappo. «È sempre stabile, il che è positivo» dissi «Ma vorrei che si svegliasse, Eloise. Sono passate solo tre settimane e io sono già esausta, non so quanto resisterò senza di lui. Il medico ci ha detto che sta rispondendo bene alle cure ma non abbiamo la certezza né di quando si sveglierà e né se si sveglierà. Se non dovesse tornare, cosa farò?» chiusi gli occhi cercando di trattenere tutte le lacrime «Non voglio pensarci, ma se non dovesse farcela?»

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now