CAPITOLO 7

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VICTORIA

Ero pronta a dimostrare quanto valessi.

Finalmente tutti potevano capire quanto fossi portata per questo lavoro e, soprattutto, quanto mi rendesse felice. Avevo sempre saputo che la mia strada fosse questa e ogni giorno continuavo a ringraziarmi per non aver mai mollato l'idea di scegliere ciò che amassi fare.

Tutti noi soci ci trovavamo in una delle sale riunioni dell'azienda. Sedevo accanto a Terence mentre mio padre e il signor Cooper, erano a capotavola.

Giocherellavo nervosamente con il bordo del mio fascicolo, fino a quando mio padre non iniziò a parlare e ad attirare la nostra attenzione. Presi un respiro profondo e continuai a ripetermi che tutto sarebbe andato per il meglio.

Non dovevo avere paura.

«Bene, adesso che siamo tutti, direi di iniziare ufficialmente la riunione» con una penna stretta tra le dita, iniziò a visionare alcuni fogli sul tavolo.

«Direi di far incominciare Victoria, va bene per te?» mi domandò il signor Marcus, facendo voltare tutti i presenti verso di me.

Mi alzai e, aprendo il fascicolo con all'interno la campagna pubblicitaria che avevo realizzato, iniziai a parlare e a presentare il mio progetto. Ero davvero convinta che tutto sarebbe andato alla perfezione ma mi ricredetti appena mio padre mi sovrastò con la sua voce, interrompendo la mia esposizione.

«Penso che non sia necessario continuare con la tua presentazione» mi guardò, rimanendo impassibile difronte al mio viso completamente disorientato da ciò che stava succedendo «Fai tutto ciò che reputi opportuno. Non c'è bisogno che tu ci esponga niente.»

Non poteva averlo detto davvero.

Rimasi sconvolta nell'ascoltare le sue parole. Avevo lavorato così tanto a questo progetto e desideravo che tutti il resto dei soci, ascoltassero l'idea che avevo avuto per poter accrescere la notorietà della nostra azienda.

«Penso sia importante che tutti ascoltino cos'ho da dire. In fin dei conti, stiamo parlando di una degli aspetti più importanti della Universe Corporation. Da questa pubblicità e piano comunicazionale che ho realizzato, si scaturiranno i rapporti che l'azienda avrà con l'ambiente esterno.»

«Ripeto, non è necessario che tu ci esponga niente» mi sfilò il fascicolo dalle mani e lo chiuse, ributtandolo sul tavolo pesantemente «D'altronde, questo è il settore in cui ti sei laureata. Quindi non penso che tu abbia bisogno di pareri che, effettivamente, non capiscono molto di pubbliche relazioni.»

Sentivo i miei occhi riempirsi di lacrime mentre mi rendevo conto di non riuscire a dire più niente. Tutte le parole mi morirono in gola e iniziarono a soffocarmi, fino a farmi mancare completamente l'aria.

Dovetti fare appello a tutte le mie forze per non scoppiare a piangere davanti a loro.

«Cosa?» sussurrai, parlando perlopiù con me stessa.

«Il prossimo punto della nostra riunione è la progettazione del cantiere di Boston» continuò a parlare, ritornando a guardarmi «Quindi, la tua presenza non è più fondamentale.»

«Prima non ascolti la mia idea e poi pretendi che vada via?» sperai che la mia voce non stesse tremando troppo «Sono una socia proprio come tutti voi e quindi ho il diritto di stare qui. Non puoi cacciarmi, non puoi assolutamente farlo.»

Smise di guardarmi e si limitò semplicemente a indicare con il capo la porta alle mie spalle. Lo stava facendo, mi aveva appena ridicolizzata davanti a tutti.

Mio padre era riuscito ad avere la sua vendetta.

«Adesso puoi andare» finì.

Spensi ogni emozione. Chiusi la mente e smisi persino di ascoltare la voce di mia madre che continuava a chiamarmi ripetutamente. Intorno a me non c'era più nessuno ma continuavo a vedere solamente l'uomo che aveva appena deciso di umiliarmi.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now