CAPITOLO 6

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VICTORIA

Nonostante Trent lavorasse in Italia, possedeva ancora il suo appartamento qui a New York. La mattina seguente sarebbe ripartito all'alba e sebbene mi avesse chiesto di rimanere con lui, decisi di tornare a casa per non essere troppo d'intralcio il giorno dopo.

Mi chiusi il portone alle spalle e iniziai ad incamminarmi verso la mia abitazione. Nonostante non abitassimo proprio vicini, decisi di non chiamare nessun taxi e di passeggiare per godermi appieno la serata. Il quartiere del mio ragazzo ero ornato di alberi e molto illuminato. Il fruscio delle foglie mi teneva compagnia in questa camminata immersa completamente con me stessa e con la natura circostante.

Avevo appena salutato Trent ma già mi mancava terribilmente. Amavo ogni cosa di lui e sapevo anche quanto tenesse a me. Ci eravamo conosciuti proprio quando stavano iniziando i miei primi problemi e, il fatto che non fosse mai andato via, mi aveva fatto capire quanto il suo amore nei miei confronti fosse vero.

Mi aveva sostenuta, appoggiata e dato la mano per darmi forza.
Una forza che per molto tempo, avevo pensato di non possedere.

Immersa completamente nei miei pensieri e nella serenità che continuava a incombere intorno a me, iniziai ad udire il rumore di una macchina in lontananza e avvicinarsi sempre di più nella mia direzione. Non ci diedi molta importanza fino a quando non accostò proprio di fianco al marciapiede su cui stavo camminando.

Il conducente abbassò il finestrino e aggrottai la fronte confusa e a tratti anche parecchio seccata. Quante probabilità c'erano che fosse proprio lui?

«Sei veramente l'ultima persona che pensavo di poter incontrare a quest'ora» sollevò un sopracciglio come se volesse leggermi la mente e capire il perché mi trovassi qui «Vorrei chiederti il perché tu sia qui ma so che, probabilmente, mi urleresti contro di andare via e di farmi gli affari miei.»

«Io non urlo, Richard» risposi con pacatezza.

«Mai?» il suo tono malizioso mi fece sbuffare e ritornare a camminare, con tutta l'intenzione di non parlare più con lui.

Ignorai completamente la sua ultima domanda e gli diedi le spalle. Sebbene non stesse dicendo altro, riaccese la macchina e ripartì seguendo lentamente il mio passo.

Iniziai a contare mentalmente per cercare di rimanere calma. Ma purtroppo, la corazza che mi ero creata per poterlo evitare si era appena rotta.

Piantai i piedi sull'asfalto e tornai a guardarlo, mentre stringevo con vigore il manico della borsa. «Non mi seguire.»

«Non ti sto seguendo» si fermò «Stiamo solamente andando nella stessa direzione.»

«Ma tu che ci fai qui?» mi fermai nuovamente, sapendo che il quartiere in cui abitava non era questo.

«Ho appena accompagnato Kylie a casa» disse «Lei abita da queste parti.»

«A vederti non si direbbe ma sei davvero un cavaliere» constatai ironicamente. Colse alla perfezione il mio sarcasmo e sollevò leggermente l'angolo della bocca, provando a nascondere il sorriso che minacciava di stamparsi sul suo viso.

«L'ironia è una caratteristica che ti contraddistingue e rende unica» marcò l'ultima parola, facendomi istintivamente deglutire «Però, vorrei che mi permettessi di esserlo anche con te. Posso accompagnarti a casa?»

Scossi subito il capo. Volevo stare nella mia pace e questo termine, accanto al nome Richard, non andava per niente d'accordo. L'unica cosa che desideravo era stare il più possibile lontano da lui.

Anima di GhiaccioWo Geschichten leben. Entdecke jetzt