CAPITOLO 14

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VICTORIA

«Stavo per andare via» espirò il fumo della sigaretta dalla bocca, guardandomi mentre avanzavo verso di lui.

Poggiato con la schiena alla sua auto e con indosso un completo nero che risaltava perfettamente il suo incarnato, continuava a fissarmi da cima a fondo soffermando quelle iridi azzurre, per qualche secondo in più, sul mio vestito rosso.

«Sei ancora in tempo per farlo» gli indicai la macchina, fingendo un sorriso «Non ci metto niente a chiamare un taxi.»

Continuava a fumare con nonchalance, stringendo la sigaretta tra le dita. «Non ti scaldare, Fiamma. Lo sai che mi piace tanto scherzare.»

Ecco nuovamente quel soprannome.

Feci un passo in avanti e gli tolsi la sigaretta dalle labbra rosate, sostenendo il suo sguardo interessato. Provò a riprenderla dalla mia mano ma portai con sveltezza il braccio all'indietro.

«Fai l'ultimo tiro e andiamo» pronunciai «Mi dispiacerebbe arrivare in ritardo.»

Gli porsi la sigaretta e sfiorandomi le dita con le sue, ispirò per un'ultima volta. Entrammo nella sua auto e ci dirigemmo verso uno dei ristoranti più famoso di tutto il territorio newyorkese.

Chiusi la portiera con una semplice spinta di mano e mi affiancai a lui.

«Tieniti a me, non vorrei che cadessi a terra a causa di quei trampolini» mi porse il braccio, osservando i miei tacchi.

«Correrò il rischio» scossi il capo, rifiutando.

Non mi permise di oppormi che agguantò la mia mano, adagiandola sul suo bicipite. Provai a ritirare il braccio ottenendo scarsissimi risultati. Il suo palmo faceva pressione e mi evitava il distacco da lui.

«Non vorrai rovinarti la serata ancor prima di incominciarla?»

«No, certo che no.»

Insieme ci dirigemmo verso l'entrata. Battei le palpebre per abituare gli occhi a tutta quella luce e mi misi a cercare i nostri genitori che sapevamo di trovare già al ristorante.

«Eccovi, finalmente» la madre di Richard si avvicinò a lui, lasciandogli un bacio sulla guancia «Temevamo che non sareste venuti» scherzò.

Forse avrei dovuto tenerlo in considerazione e rimanere a casa.

Mia madre mi salutò con un semplice accenno di sorriso mentre mio padre non mi degnò, nemmeno per sbaglio, di un semplice sguardo.

«Vuoi stare così per tutta la sera?» Richard mi fece notare che fossi ancora stretta intorno al suo braccio.

Retrassi velocemente la mano, sentendo una lieve risata fuoriuscirgli dalle labbra.

Mi limitai a fulminarlo, prima di veder arrivare il signor Marcus insieme ad un uomo probabilmente della sua stessa età. I lineamenti del suo viso mi erano molto familiari ma non riuscivo ad associare alcuna somiglianza con nessuno.

«Permettimi di presentarti Victoria e Richard» dopo guardò noi «Lui è Salvator Miller, proprietario di questo magnifico ristorante e organizzatore della beneficenza al quale siamo stati invitati.»

«Così mi lusinghi troppo, Marcus» il signore dai capelli brizzolati ci rivolse a entrambi una stretta di mano. Successivamente si voltò dietro e fece un cenno del capo a qualcuno. «Con la scusa, vi presento anche mio figlio. Lui è Liam Miller.»

Esattamente, proprio quel Liam. Il grandissimo amico di Trent a cui avevo ben deciso di tirare addosso il mio tè alla pesca dopo aver assodato che fosse una persona poco gradevole.

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