CAPITOLO 18

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RICHARD

Nonostante il giorno prima mi mostrai calmo davanti agli occhi di Victoria, il mattino seguente appena entrai alla Universe Corporation ero intenzionato a scaricare tutta quella rabbia che soffocavo da fin troppo.

Non feci in tempo a raggiungere il piano superiore che mio fratello mi avvisò di raggiungere la sala riunioni. Entrammo e iniziammo a discutere, insieme al resto del nostro team, dei vari progetti futuri. «Ristrutturazione della banca Mellon» disse mio padre, guardandosi intorno «Quanti sono a favore?»

La maggior parte di noi alzò la mano per dare il consenso. Stessa cosa fece anche il signor Oscar che continuavo a fissare con gli occhi iniettati di sangue. Ero pronto e deciso a sganciare una delle mie prime bombe che stavano man mano scoppiando.

Con un tono pacato e trasparente, emisi il suo nome. «Mi raccomando, si ricordi che le mani vanno alzate solamente per il consenso dei progetti e non per altro.»

Lui aveva capito ed era proprio quello che volevo. Tutti mi puntarono increduli e confusi del perché avessi pronunciato quella frase. Se fossi rimasto dentro quella stanza probabilmente non mi sarei limitato a quattro parole messe in croce.

Così, decisi di andare via.

Mi alzai dalla sedia, sistemandomi la giacca e chiudendola. «Delego mio fratello per l'autorizzazione dei prossimi progetti.»

Decisi di andare in ufficio e di rimanerci fino a quando non avrei sbollito totalmente l'arrabbiatura. Ovviamente questo mio desiderio venne spezzato con la presenza di mio fratello che aveva ben pensato di seguirmi.

«Cosa ti è preso?» mi domandò, chiudendo la porta.

«Se sei venuto per fare il difensore voglio dirti che è tutto inutile» mi poggiai sulla scrivania, incrociando le braccia «Causa persa, avvocato.»

Volevo evitare che si mettesse a farmi la ramanzina di prima mattina e che iniziasse a darmi nuovamente dello stronzo.

Fece un sospiro e prese il portafoglio dalla tasca dei pantaloni. Estrasse un foglietto piegato in quattro e me lo porse, affiancandomi sulla scrivania.

Era un disegno che gli avevo fatto da bambino. Osservai i due omini - che dovevano raffigurare rispettivamente me e mio fratello - che giocavano su un prato verde, circondati da un intenso cielo azzurro e una casetta tutta colorata.

«Disegnavo malissimo» dissi, sorridendo.

«Menomale che sei diventato architetto e non pittore» mi prese in giro, dandomi una spinta con la spalla «Guarda come ci hai disegnati, nemmeno sembrano delle persone» ci indicò.

«Avevo solamente cinque anni» mi giustificai «Guardandolo meglio, devo ammettere che non è così tanto terribile. Forse se avessi continuato questa strada, adesso sarei un'artista di fama mondiale e con centinai, se non migliaia, di quadri venduti ed esposti in tutti i più grandi musei del mondo.»

«O probabilmente saresti sotto un ponte a piangere.»

«Eri solamente geloso della mia arte» scherzai, ritornando successivamente serio «Devo ammettere che non pensavo lo tenessi nel portafoglio e sempre con te.»

«Non potrei mai separarmene» ripiegò il foglio, tenendolo stretto in mano. Si alzò dalla scrivania e mi guardò preoccupato e molto pensieroso. Non sapevo cosa gli stesse passando in quella testa ma potevo immaginare che fosse qualcosa che lo tormentava oramai da tempo. «Voglio sapere cosa ti succede ultimamente e che me ne parlassi. Che mi rendessi partecipe della tua vita. Sono tuo fratello e non passa giorno in cui ti sento sempre più distante da me.»

Anima di GhiaccioOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz