CAPITOLO 37

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RICHARD

Casini e solamente casini. Ecco tutto quello che stava succedendo nella mia vita. Un disastro impossibile da riparare. Stavo rischiando di perdere l'unica cosa, quella sola e unica persona, per cui valesse la pena sorride. L'unica persona a cui avevo donato me stesso, il vero me.

Victoria stava rimettendo quel dannato muro tra di noi. Ero riuscito a frantumarlo una prima volta ma, adesso, non aveva gli strumenti adatti per rifarlo. Mi aveva guardato con delusione, le avevo mentito e nascosto tutta questa storia. Se le avessi detto sin dall'inizio ogni cosa, lei non si sarebbe distanziata così tanto da me. Victoria era matura, avrebbe capito. Io invece ero un codardo idiota capace solamente di ferirla.

Presi la lampada posta sulla mia scrivania e la scagliai con collera contro la parete. Cadde a terra frantumandosi in mille pezzi. Spinsi il palmo contro il muro come per reggermi e cercai di tranquillizzarmi. Agivo come un matto quando la rabbia si impossessava di me. Non ragionavo, evitavo di pensare a qualsiasi cosa, e lasciavo che fosse solo il mio istinto a comandare.

Mio fratello, sentendo sicuramente il frastuono provenire dal mio ufficio, entrò in tutta fretta. Mi tirò verso di lui e mi tenne fermo. Volevo evitare che facessi altre cazzate o che mi mettessi a distruggere tutto.

«Basta, Richard. Stai calmo» rafforzò le mani sulle mie spalle.

«Ho fatto un casino» dichiarai, molto sincero «Victoria si è sentita presa in giro. E ora si sta allontanando di nuovo da me solamente per colpa mia. Ogni volto che tocco qualcosa, questa va in frantumi» osservai la lampada rotta a terra con la coda dell'occhio. «Ultimamente, Victoria si è appropriata del mio cuore.»

«Ma tu eri già innamorato di lei da bambino, Richard» mi proferì «O te lo sei dimenticato? Perché posso mettermi a raccontare di quando...»

«A otto anni non si può essere innamorati» ruotai gli occhi verso il cielo, interrompendolo. Oh, va bene. Quando ero più piccolo già mi piaceva, lei mi ignorava e io la stuzzicavo per attirare la sua attenzione. Poi negli anni avevo iniziato a esagerare e mi ero fatto odiare. Cazzo, quanto mi detestava.

Con il tempo, cercavo sempre di pensarla il meno possibile. Ero riuscito perfino a convincermi che quella cotta nei suoi confronti fosse finalmente passata. Ma nonostante questo in un modo o nell'altro era riuscita a rimanere anche a distanza di anni il mio unico punto debole. Il nostro arrivo alla Universe Corporation aveva fatto in modo che i miei sentimenti riaffiorassero lentamente. Ed era anche per questo che avevo sempre sperato di non lavorare insieme a lei dentro questa fottutissima azienda.

«Allora tu sei stato il caso raro, l'unico in tutto il mondo» disse, sorridendomi.

«Cosa dovrei fare adesso?» i miei timori ritornarono a galla, mentre spostavo il peso sulla gamba opposta «Amo Victoria come non ho mai amato nessuno in vita mia. Neanche quando stavo insieme a Catherine, provavo tutte queste emozioni insieme. Nemmeno pensavo potessero esistere sensazioni del genere. Ti giuro, Terence. Ho perso completamente la testa per lei.»

«Ti sei già risposto da solo, fratello» disse mentre aggrottavo la fronte, non capendo. Ascoltò il mio silenzio e sbuffò sonoramente. «Sei uno degli architetti più bravi che conosca, laureato con il massimo dei voti ma quando ti ritrovi di fronte a questioni di amore diventi un grande imbecille» mi voltò, iniziando a spingermi «Vai da Victoria e dille tutte esattamente le parole che hai detto a me, Richard. Dichiarati, cretino.»

«Se vuoi continuare a offendermi, gradirei essere almeno pagato» mi lasciai spintonare «Non accetto che mi vengano fatti insulti gratuiti.»

«Smettila di perdere tempo e vai da lei» disse, facendoci uscire entrambi dal mio ufficio. Mi rimisi dritto, sistemandomi la giacca con tutte e due le mani. Terence inserì il palmo nella tasca ed estrasse una monetina di pochi centesimi. Mi tirò la mano e la poggiò sopra. «Adesso ti sto pagando. Sbrigati, idiota.»

Anima di GhiaccioOnde histórias criam vida. Descubra agora