CAPITOLO 42

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VICTORIA

Mai avrei pensato di trovarmi in una situazione così insolita. Ero convinta che andare a Conway mi avrebbe tenuta lontano da tutti i problemi che solitamente odiavo affrontare. In questo momento mi resi conto che non stavo fuggendo realmente dai miei genitori o dai dilemmi che mi legavano a loro, ma stavo scappando solo da lui.

Anche perché questa decisione di andare via da New York era stata presa solamente dopo aver visto Richard e Catherine baciarsi. Non avrei mai pensato di fare una cosa del genere se non fosse stato per lui.

Il pullman si fermò avvisandoci del nostro arrivo. Ci lasciò letteralmente in mezzo alla natura. Ci riunimmo in gruppo e ascoltammo tutte le direttive pronunciate dalla guida. Non riuscivo nemmeno a sentire una mezza parola a causa di Richard che non smetteva di fissarmi con quella intensità da farmi tremare le gambe.

«Victoria» parlò a bassa voce per non disturbare Sam «Non potrai evitarmi tutto il giorno. Ho bisogno di parlarti, ora. Sono stanco di rimandare tutto quello che avresti dovuto già sapere da tempo.»

Portai il dito davanti al naso, facendogli segno di stare zitto. «Dobbiamo ascoltare quello che sta dicendo Sam.»

«Il tuo amico Sam, può anche aspettare.»

Risi sarcasticamente. «Il tuo tono è insopportabile» in realtà amavo la sua voce «Smettila di fare il geloso» continuai, riconoscendo quanto si fosse irritato dopo avermi sentito pronunciare il nome della nostra guida.

Nonostante non stesse dicendo niente rimase sempre acconto a me, portando una mano dietro la mia schiena. Mi tirò verso di lui e strinse il mio giubbino, facendomi spostare gli occhi su di lui. Era davvero strano vederlo con indosso una felpa verde scuro e dei jeans che gli calzavano perfettamente. A Conway aveva allontanato il suo solito modo di vestire, proprio come me.

Infilò una mano sotto il mio maglione e inarcai la schiena, cercando di non farmi notare da nessuno, e sentendo il ghiaccio toccarmi la pelle. «Sono geloso, lo sarò sempre. E devo dirti tante di quelle cose che non so nemmeno da dove cominciare.»

«Allora non farlo» feci un passo di lato, provando a distanziarmi da lui «Non incominciare a parlare, Richard. Rispetta i miei tempi, è una cosa di cui ho bisogno.»

«Lascia solo che ti dica una cosa» mi guardò con tristezza «Mi dispiace averti fatta sentire male quella sera. Quell'attacco di panico è stato causato da me ed è una cosa che non mi perdonerò mai nella vita.»

Se n'era accorto. «Richard» mormorai con un tono completamente diverso da quello che avevo usato fino a ora, era più dolce e delicato. Non sapevo cosa dire oltre che al suo nome che amavo e spaventava nello stesso tempo.

Iniziammo il nostro viaggio, incamminandoci verso il punto di destinazione. Richard era dietro di me, percepivo i suoi occhi, ma cercai di concentrarmi ascoltando Sam che parlava del Monte Washington.

«Il Monte Washington si trova nelle White Mountains, una catena montuosa che copre all'incirca un quarto dello Stato del New Hampshire. La montagna venne nominata dai nativi americani la dimora del grande spirito e chiamata, con il nome che noi tutti oggi conosciamo, dal Dr. Cutler nel 1784» dichiarò, continuando a camminare per primo davanti a tutti noi altri «Una piccola curiosità sul Monte Washington riguarda proprio la sua relazione con l'arte: è stato oggetto di diversi dipinti della scuola del New England, noti con il termine White Mountain art. Diversi artisti vittoriani erano alla ricerca di ispirazione e diffondendo, successivamente, le loro opere in tutto il mondo.»

Lungo il sentiero Trail, intravedemmo i grandi massi rocciosi avvolgerci.

«Conoscendoti bene, pensavo che iniziassi a fotografare ogni cosa» Richard mi affiancò, mantenendo il mio stesso passo e camminandomi a fianco.

Anima di GhiaccioWhere stories live. Discover now