Il Compleanno

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Nonostante ero un ragazzino semplice, di poche parole e dall'aspetto timido e riservato, non avevo amici e non né avevo mai avuto uno.
Non sapevo cosa significasse ricevere qualcuno a casa che non fossero parenti, non sapevo cosa voleva dire uscire di casa con una persona estranea alla propria famiglia, non avevo mai partecipato al compleanno di un'altro ragazzino e, viceversa, non né avevo potuto mai inviatare uno.

Per questo, i miei compleanni e le mie feste, erano sempre spente, noiose, tristi, nonostante i miei si divertivano a farle di ogni tipo di tema, scegliendone uno ogni anno, e riempiendomi di regali dall'inizio della giornata fino alla fine.

Lentamente, crescendo, queste feste iniziarono a pesarmi sempre di più e, sé già mi rendevo conto di quanta solitudine ci fosse intorno a me, figuriamoci da ragazzino.
La voglia di festeggiare quel giorno inutile sembrava iniziare ad arrivare, gradualmente certo, ma lo stava facendo finché non iniziai a richiedere semplicemente di restare chiuso nella mia camera, come la maggior parte del tempo, come se fosse un giorno come tanti, lasciandomi da solo mentre mi divertivo a calcolare le ore e i minuti, parlare del più e del meno, viaggiare con la mente assieme al mio unico e vero amico, V.

Non né avevo avuto mai la certezza, finché la realtà e la verità non mi vennero sbattute in faccia come uno schiaffo fortissimo e tutto quello che avevo costruito intorno a me perse di colore perché non c'era mai stato nulla di concreto.
Non avevo mai avuto la possibilità di toccare, vedere, sentire lucidamente tutto quello che mi circondava, non potevo essere sicuro di quello che proiettavano i miei occhi e il mio cervello era in costante stato di trance ma, lentamente, iniziai ad essere consapevole del fatto che la colpa fù di V se mi trovavo in quell'ospedale.

-

Ormai erano passati anni da quando non spegnevo più nessuna candelina su nessuna torta.
Alcune volte, i medicinali e tutte quelle terapie erano cosi pesanti e stancanti che dimenticavo persino il mio nome, non collegavo nemmeno sé fosse giorno o notte e volevo solo stendermi sul letto fino a riprendere conoscenza da solo, piuttosto che stare attento al tempo.

Nella mia testa, ogni tanto, si facevano vivi i momenti in cui mi vedevo seduto sul pavimento di casa a guardare il soffitto ininterrottamente, mentre intraprendevo discorsi seri, forse anche un po' stupidi, con quell'entità che in realtà vedevo solo io e che avrei voluto davvero fosse lì con me.
In quei momenti lo sguardo era rivolto verso l'alto comunque, il braccio dietro la testa così da appoggiarcela sù e un sorriso leggero che mi riportava a ripensare a quanto stupida era stata tutta quella scenetta del migliore amico, quanto deficente potevo essere nel fidarmi così ciecamente della mia stessa testa che mi aveva portato dov'ero.

Avevo smesso di richiedere qualcosa per il mio compleanno, avevo smesso di ricevere gli auguri dai medici e dalle infermiere, avevo smesso di desiderare di uscire quanto prima per riprendere in mano quella vita che non avevo mai avuto.

Quel giorno, però, era proprio il giorno in cui avrei festeggiato il mio ventesimo compleanno, raggiungendo la maggiore età, ed in concomitanza avrei anche aggiunto un'anno in più al periodo di ricovero in quell'ospedale psichiatrico: entrambi nello stesso momento.

La mattina era soleggiata, le giornate continuavano ad essere quelle di inizio estate che tanto amavo, e dopo aver aperto leggermente la finestra sbarrata in ferro, per poter far arieggiare, aspettai seduto sul mio letto l'arrivo di tutte le medicine giornalierie del quale avevo bisogno, voltando lo sguardo verso il basso.

Cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei dovuto scegliere? Ma soprattutto, perché l'esterno mi spaventava così tanto?

"Buongiorno Jimin" il dottor Kim si avvicinò a me, chiudendo la porta della mia camera dietro di sé, abbassandosi in ginocchio "buon compleanno, ragazzo" sussurrò

Lo guardai, abbozzando un leggero sorriso, annuendo
"Grazie, dottore"

"Come stai oggi, mh? Come ti senti nell'aver raggiunto questo bel traguardo?"

"Mi sento come tutti gli altri giorni, dottore. Il mio compleanno è sempre stato un giorno come tanti"

"Certo, forse, ma non questo" sorrise accarezzandomi i capelli "oggi puoi decidere di uscire da questa stanza senza che nessuno ti dica nulla, puoi scegliere la tua vita e il tuo futuro come meglio credi e puoi costruirlo come più preferisci"

Annuii lentamente
"Lo so, dottore, ma non so sè sono pronto per affrontare tutto questo, ho paura del mondo esterno, ho paura della società, delle persone e dei loro comportamenti"

"Non devi avere paura di chi è come te, Jimin. Lì fuori ci sono tante persone che sono pronte per accoglierti e magari diventare tuoi amici, ci sono persone che ti giudicheranno e ti guarderanno male ma l'importante è ignorarlo come ti abbiamo insegnato"

"E se dovessi ricaderci di nuovo? Sé invece di farmi del male da solo, agitassi un coltello verso un bambino o verso un anziano? Come faccio ad essere sicuro di me stesso, come posso essere sicurio di me stesso?"

"Già che tu ne stia parlando apertamente ti fa onore Jimin" sussurrò tenendomi le mani "sappi che i tuoi farmaci servono per curare la tua ormai lieve malattia, stai meglio rispetto a quando sei arrivato qui, sei cresciuto, stai ragionando con il tuo pensiero e sono sicuro che sarai un perfetto essere umano, se non il migliore"

"Non so se posso esserne sicuro, dottore" sussurrai abbassando la testa

"Vedo la fiducia che hai in te stesso e la voglia matta di uscire da qui, così forte che se fosse una luce m'avrebbe già abbagliato" ridacchiò mettendomi una mano sul viso, alzandolo verso il suo "tengo a te come sé fossi mio figlio e vedo in te tutta quella forza e quella grinta che non avevi quando sei arrivato qui la prima volta"

"Forse lei ha ragione, dottore, ma io sento che questo mondo è un mondo spento, cattivo, troppo pesante per me"

"Forse hai ragione, oggi giorno non posso dire di aver a disposizione un mondo fatto apposta per tutti, ma posso assicurarti che tu riuscirai a riscattarti nella vita perché Jimin, chi ha già sofferto non ha bisogno di altro dolore per vedere la via di fuga" sussurrò abbracciandomi

Rimasi fermo, mordendomi le labbra ripensando alle sue parole, poggiando poi lentamente le mani lungo la sua schiena stringendolo leggermente a me.
Quell'abbraccio non mi aveva fatto male, non aveva bruciato sulla mia pelle, non era stato un gesto forzato; era da tanto che non sentivo delle braccia gentili avvolgere il mio corpo in quel modo, come un fratello maggiore, un migliore amico, un padre sá fare.

"Jimin, sulle carte che ti serviranno per uscire e dove dovrai mettere solo la tua firma, ho lasciato un piccolo spazio in cui c'è scritto il mio indirizzo di casa. Se non hai un posto dove stare puoi venire a stare con me e mio figlio. Non vede l'ora di conoscerti e saremo felici di avere un po' di compagnia, hai capito?" Sussurrò afferrandomi delicatamente il viso fra le mani

Sorrisi leggermente annuendo, mettendo le mani sulle sue
"Grazie dottore, la ringrazio tanto"

"Prenditi il tuo tempo, pensa a quel che vuoi fare e quando sarai pronto mi comunicherai la tua scelta" mi guardò posando sul comodino le medicine assieme ad una bottiglietta d'acqua che teneva in tasca, sorridendomi "ci vediamo dopo, Jimin" mi scosse leggermente i capelli, chiudendo la porta dietro di sé.

Mi morsi le labbra prendendo uno ad uno tutte le pillole che mi sarebbero servite per quell'ora, stendendomi sul letto chiudendo gli occhi, pensando a tutto quello che il dottore aveva detto, cercando di prendere la mia prima e vera giusta decisione.

Face// YoonminWhere stories live. Discover now