Aspettando una nuova vita

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Sapeva muoversi nell'oscurità meglio di chiunque altro, correndo rapido e silenzioso. Il buio era il suo nascondiglio, e lì nessuno sarebbe riuscito a stanarlo, ne aveva l'assoluta certezza. Ma capì fin troppo presto di essersi sbagliato, nel preciso istante in cui  sentì i passi che si avvicinavano. Col cuore che batteva all'impazzata, vide l'ombra di una mano allungarsi verso il lenzuolo per scostarlo. Era in trappola.

<<Tana per David!>> esclamò Henry trionfante.

Il giovane beagle uscì da sotto il letto sbuffando, dispiaciuto di aver perso per la quarta volta consecutiva. Tuttavia il dispiacere ebbe vita breve, perché che vincesse o perdesse, il suo compagno di giochi non mancava mai di ricompensarlo con un biscotto, e poi gli voleva un gran bene. Era l'unico amico che avesse mai avuto, fatta eccezione per le piante sul balconcino, che però non erano di grande compagnia.

<<Vuoi fare un'altra partita?>> propose Henry dopo lo spuntino, dandogli una grattata dietro le orecchie.

David scosse la testa. Per quella mattina ne aveva avuto abbastanza.

<<No? E allora cosa ti va di fare?>>

In tutta risposta, David si voltò a guardare la finestra scodinzolando, e  il sorriso di Henry vacillò. Sapeva perfettamente cosa intendeva, qualcosa che lui stesso desiderava. A volte lo sognava: affondava i piedi nudi nell'erba e correva più veloce del vento, libero, felice, senza alcun limite. Poi riapriva gli occhi e si ritrovava nella torre, dove viveva rinchiuso da ormai novemilaquattrocentonovantacinque giorni.

<<Purtroppo non possiamo uscire, e tu lo sai>> disse, sforzandosi di restare allegro, mentre il cagnolino smetteva di scondinzolare per la delusione. <<Comunque, non si sta poi così male qui.>>

D'altronde non aveva tutti i torti: nonostante gli fosse proibito avventurarsi nel mondo esterno, aveva tante cose da fare lì. Ogni giorno, dopo essersi svegliato e aver fatto colazione, si tuffava nelle pulizie mattutine, un compito alquanto leggero ma eseguito con meticolosità. Dopodiché aveva solo l'imbarazzo della scelta: poteva leggere (amava in particolare la mitologia classica e i trattati di astronomia), suonare un piccolo pianoforte, scrivere racconti e poesie quando si sentiva ispirato, cucinare le quiche (i primi esperimenti erano stati un disastro, ma ora se la cavava piuttosto bene), e naturalmente giocare con David e spazzolarsi i capelli, metri e metri di una chioma splendida e luminosa color dell'oro.

C'era però un problema: per quanto le giornate fossero piene, di tanto in tanto Henry doveva fermarsi, e ogni volta si rendeva conto, con sommo rammarico, che l'orologio andava troppo piano, e che lui era lì, fermo nello stesso posto in cui era sempre stato, a chiedersi se le cose sarebbero mai cambiate, e se e quando la sua vita sarebbe iniziata, perché non gli sembrava di aver davvero vissuto fino ad allora.

Lo sguardo gli cadde sul calendario appeso vicino al letto. L'indomani sarebbe stato il suo compleanno, e questo significava che di sera in cielo sarebbero apparse le luci fluttuanti che amava tanto, così tanto, in effetti, che aveva dedicato loro una poesia e dei disegni. Apparivano ogni anno solo per quella sera, alla stessa ora, che il cielo fosse sereno o avvolto in un manto di nuvole, e Henry non era ancora riuscito a capire cosa fossero. Sapeva soltanto che sarebbero apparse come sempre, e che le avrebbe guardate con quella meraviglia che dall'infanzia non lo aveva mai abbandonato. Sarebbe stato ancora più bello, però, poterle vedere di persona, là fuori, nel punto da cui venivano lanciate. Avrebbe tanto voluto andare a vederle. Doveva andare a vederle. Ne aveva bisogno...

Il solo pensiero lo bloccò, facendolo arrossire. Lui era sempre così calmo, misurato, obbediente. Ma quel pensiero era ammaliante come il canto di una sirena, e profumava di rivoluzione.

Il mio nuovo sogno ||Red, White & Royal Blue AU||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora