Ho chiuso un uomo nel mio armadio

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Che buffa, la vita. Henry aveva trascorso così tanti anni a sentirsi ripetere in quali e quanti pericoli sarebbe potuto incappare nel mondo esterno, e ora, invece, il pericolo gli era  piombato direttamente in casa. C'era un ragazzo all'incirca della sua stessa età sdraiato a pancia in giù sul pavimento, incosciente, ed era stato lui stesso a metterlo al tappeto in modo tragicomico. Essendo stato preso alla sprovvista, il panico lo aveva indotto ad afferrare l'oggetto più alla portata di mano e a usarlo come arma, poco convenzionale ma efficace: una padella. La teneva ancora in mano, pronta all'uso, quando con passi piccoli e indecisi si avvicinò alla figura riversa a terra.

Piano piano, allungò l'oggetto verso la nuca del ragazzo, e provò a tastarla. Trattenne il fiato, temendo di svegliarlo e scatenare una brutta reazione. Non accadde nulla. Era ovvio che fosse ancora vivo, ma a quanto pareva sarebbe rimasto immerso nel mondo dei sogni per un bel pezzo, e Henry non invidiava affatto il mal di testa che avrebbe avuto una volta tornato alla vita.

Sospirando, usò la padella per muoverlo delicatamente, in modo che il viso si trovasse di profilo, dopodiché si voltò a guardare David, che stava seguendo la scena con grande interesse.

<<E adesso?>> gli chiese con lo sguardo.

Il cagnolino rispose mostrandogli i denti, e Henry sentì un brivido freddo. Nella mente presero a vorticargli le parole pronunciate da suo padre quella mattina, quelle riguardanti i cannibali e gli uomini dai denti aguzzi. Era sempre stato convinto che fossero meri racconti del terrore, creati con l'unico scopo di spaventare i bambini per tenerli al riparo da tutto, o almeno provarci. Ma se non fosse stato così? Se quello sconosciuto si fosse rivelato malvagio? Un cannibale? Un vampiro assetato che moriva dalla voglia di affondargli i canini nel collo e privarlo di tutto il sangue che aveva in corpo? No, doveva esserne certo.

Gli istanti successivi sembrarono i più lunghi della sua vita. Con il manico della padella sfiorò il labbro dello sconosciuto e lo tirò per fargli scoprire i denti, pregando con tutto se stesso che non fossero appuntiti. La preghiera fu esaudita: erano decisamente umani, e per giunta perfetti. Nessun mostro in vista.

Sospirò di sollievo, potendo infine concedersi di dare un'occhiata approfondita senza più timore. In fondo si trattava del primo essere umano che vedeva, dopo Padre Jeffrey.

Tutt'a un tratto si bloccò. Quel ragazzo possedeva le fattezze delle  statue di eroi e divinità: un corpo atletico e armonioso, la pelle color ambra, i capelli ricci e neri che facevano venir voglia di regalare loro una carezza, le braccia scolpite, e le ciglia lunghe e splendide. Era... era... bello come il sole.

È la cosa più incredibile che abbia mai visto in tutta la mia vita, pensò Henry, mentre un nugolo di farfalle e falene gli svolazzava nel petto, lasciandolo piacevolmente sperduto. 

Avrebbe continuato a guardare (no, ad ammirare) quel giovane per ore e ore, timoroso anche solo di toccarlo, ma proprio sul più bello questì spalancò gli occhi di scatto. Erano marroni, intensi e profondi, come quelli di un cerbiatto.

Spaventato, Henry gli rifilò un'altra padellata, facendolo svenire prima che potesse rendersi conto di quanto stava accadendo, dopodiché aggrottò le sopracciglia e si morse il labbro. No, non andava bene, non andava per niente bene. Non poteva permettersi di lasciarsi incantare e abbassare la guardia così. Doveva mantenere le distanze, o sarebbe finita malissimo. 

Lascia perdere quelle maledette ciglia e schiarisciti le idee,  cercò di spronarsi. 

Doveva tenere lo sconosciuto lontano dalla propria vista per un po', in modo da riflettere in tutta tranquillità. Decise di ricorrere a una misura drastica e chiuderlo nell'armadio, perciò lo legò stretto con i suoi stessi capelli dorati e lo trascino fin lì.

Il mio nuovo sogno ||Red, White & Royal Blue AU||Where stories live. Discover now