Ciò che una volta era mio

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Era ormai scesa la sera quando Henry, con gli abiti finalmente asciutti, si sedette su un tronco poco distante da un fuocherello scoppiettante e, in perfetto silenzio, prese ad avvolgere con molta delicatezza i capelli intorno alla mano sinistra di Alex, che se ne stava seduto accanto a sé. Riusciva a sentire addosso i suoi profondi occhi marroni, e il cuore stava danzando una ridda sfrenata nel petto per l'emozione. Se riusciva a mantenersi concentrato sul proprio compito, senza perdersi in fantasticherie che li vedevano protagonisti, era soltanto grazie al tocco di David accoccolato ai suoi piedi, nonché agli anni trascorsi imparando a suonare i più difficili brani per pianoforte, che richiedevano un'attenzione notevole. 

<<Hai un'aria stranamente enigmatica mentre mi fasci la mano coi tuoi capelli magici>> commentò Alex, lasciandosi scappare un gemito subito dopo: senza volerlo, Henry aveva stretto un po' troppo i capelli attorno alla ferita.

<<Scusa>> mormorò il ragazzo, dispiaciuto di avergli fatto male. 

Una volta terminata l'operazione alzò lo sguardo, guardando Alex dritto negli occhi. Stava per cominciare la parte più tosta dal punto di vista emotivo, e sentiva il bisogno di avvertirlo.

<<Bene, possiamo iniziare>> disse con apparente calma, anche se in realtà gli sembrava di camminare in bilico su una fune sottile sospesa tra due montagne. <<Ti chiedo soltanto un piccolo favore: non dare di matto, d'accordo?>>

Alex aveva l'aria confusa, ma annuì.

Forza e coraggio, pensò Henry.

Chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e prese a cantare, dapprima a bassa voce poi un po' più forte, una canzone antica quanto il tempo che padre Jeffrey gli aveva insegnato quando era piccolo, poco dopo aver imparato a parlare. Ma in realtà era molto più di un semplice brano pregno di malinconia: si tratttava di un incantesimo cantato, attraverso il quale Henry chiese al fiore dorato da cui, senza saperlo, aveva ereditato la magia, di far risplendere il suo potere. Gli chiese di mandare indietro le lancette dell'orologio, curare ciò che era stato ferito, cambiare il disegno del destino, salvare ciò che era stato perduto e restituire ciò che un tempo era appartenuto ad Alex. Mentre cantava, i suoi capelli si illuminarono in modo graduale, partendo dalle radici fino ad arrivare alle punte, e un calore piacevole si propagò in corrispondenza del punto in cui si trovava la mano dell'amico.

Bring back what once was mine

What once was mine...

Quando l'incanto terminò, Henry aprì gli occhi e si ritrovò faccia a faccia con Alex, il quale lo fissava con lo stesso stupore di un bambino che ammirava le luci fluttuanti per la prima volta, facendolo arrossire. Dopo qualche secondo, ancora stupito, scostò con delicatezza i capelli dalla mano, e d'improvviso sussultò, e gli si accelerò il respiro. Si fissò il palmo color ambra, per poi girarlo verso di lui tremando impercettibilmente: la ferita era scomparsa del tutto, come se non fosse mai esistita, sanata grazie alla magia. 

Aprì la bocca, senza dubbio per urlare, ma Henry lo bloccò.

<<Ti prego, non dare di matto>> disse preoccupato, mettendo le mani in avanti.

Fa' che adesso non abbia paura di me...

Alex soffocò quell'urlo sul nascere e scosse la testa.

<<Eeehm, io non sto dando di matto>> commentò con una voce più sottile rispetto al solito. <<Nemmeno per sogno. No, sono solo molto interessato ai tuoi capelli e ai poteri magici che possiedono. Da quanto tempo sono così, di preciso?>> aggiunse in fretta, con un bel sorriso.

È davvero adorabile, non poté fare a meno di pensare Henry, rilassandosi e sorridendo a sua volta.

<<Da sempre, credo>> rispose, stringendosi nelle spalle. <<Papà mi ha detto che quando ero piccolo tutti cercavano di tagliarli, perché volevano tenerseli per loro.>>

Il mio nuovo sogno ||Red, White & Royal Blue AU||Where stories live. Discover now