Capitolo 19 - Abbi cura di te

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La strinsi in un forte abbraccio prima di andarmene. Mamma non voleva più staccarsi, continuava a darmi un sacco di baci sulle guance.

«Mi raccomando tesoro, abbi cura di te», sussurrò al mio orecchio, prima di liberarmi dalla sua presa.

«Lo farò», le risposi con fermezza.

Era una promessa che avevo fatto a me stessa. Prendermi cura di me doveva diventare la mia priorità, il mio obiettivo giornaliero, ma dovevo migliorare e mamma se ne era accorta.

Voltai lo sguardo alle mie spalle e mi accorsi che Dylan e Peter erano entrambi dietro di me, così mi feci da parte in modo da permettergli di salutare mamma. Mio padre era rimasto sulla poltrona, troppo pigro per alzarsi.

«Arrivederci Signora Montgomery, è stato un piacere», si fece avanti Dylan.

«Anche per me, spero di rivederti presto!», esclamò mamma, con un sorriso stampato sulle labbra. Poi lanciò un'occhiata a Peter e quest'ultimo fece tre passi indietro.

«Non ho bisogno di baci e abbracci, sto bene così. Ci vediamo settimana prossima», dichiarò.

«Va bene, come preferisci», acconsentì stringendosi nel golfino di lana che indossava.

Spostò lo sguardo prima su di me e poi su Dylan, rimase a fissarci senza battere ciglio per un paio di secondi.

«Ciao ragazzi, vi auguro una buona giornata!», disse prima di chiudere il portone e sparire dentro casa.

Attraversammo il vialetto fino ad arrivare sul ciglio della strada, dove erano parcheggiate le nostre auto. Peter montò subito e si posizionò al posto di guida, mentre io e Dylan ci fermammo sul marciapiede.

Guardai le mie scarpe e poi sollevai gli occhi sul suo viso. Non volevo doverlo salutare. Sentivo la necessità di passare ancora un po' di tempo con lui, ma non avevo idea di che impegni avesse o se dovesse lavorare.

«Ti va di farmi compagnia?», mi chiese mentre stringeva nella mano destra le chiavi della sua berlina.

«Mi dispiace lasciare Peter da solo», mentii, dondolando sulle punte dei piedi. Non volevo accettare subito, avevo bisogno di sentirmi desiderata.

«Fidati, se la cava benissimo», insistette.

Girai la testa verso la sua auto e dal parabrezza notai che stava parlando animatamente al telefono.

Riportai i miei occhi su Dylan e dissi: «Vado a dirgli che vengo con te.»

Comunicai a mio fratello che non sarei tornata a casa con lui, quest'ultimo mi rispose con un semplice "me lo aspettavo", facendomi sorridere. Poco dopo, mise in moto l'auto e imboccò la strada principale, sparendo dalla mia vista.

«Eccomi, scusa se ti ho fatto aspettare», dissi mentre aprivo lo sportello e mi mettevo comoda sul posto del passeggero. Nel frattempo Dylan aveva acceso il riscaldamento ed io avevo allacciato la cintura di sicurezza.

Quando cominciammo a muoverci, mi accorsi che Dylan aveva preso una strada diversa rispetto a quella che ero solita fare. Non ci diedi molto peso e continuai ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino, nonostante avessi la sensazione che Dylan non sapesse dove stava andando.

«Non hai un buon senso dell'orientamento», mi lasciai sfuggire, lanciandogli un'occhiata veloce.

«Cosa te lo fa credere?», protestò.

«Questa strada non porta a casa mia.»

«Lo so», confermò.

«Allora dove stiamo andando?», domandai confusa, drizzando la schiena sul sedile.

Un bacio tra le nuvole • |COMPLETA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora