Capitolo 20 - Ora dormi

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Tirai le lenzuola fino a sopra la testa e rannicchiai le gambe fino al petto.

Chiusi gli occhi e li riaprii pochi secondi dopo.

Mi girai sul lato sinistro.

Mi rigirai sul lato destro.

La stanza era illuminata da un flebile fascio di luce esterno, questo, grazie al lampione della strada che era rivolto in direzione della mia finestra.

Era ancora notte e speravo con tutta me stessa che arrivasse subito il giorno. Non sopportavo quell' agonia.

Il mio corpo si ostinava a declinare ogni mio tentativo disperato di prendere sonno.

Iniziai ad innervosirmi e capii che era inutile restare nel letto a torturarmi.

Afferrai le lenzuola e le lanciai verso la parte finale del letto.

Allungai la mano sinistra e premetti l'interruttore dell'abat-jour.

Mi alzai senza tanti sforzi e andai in cucina. Riempii un bicchiere d'acqua e andai a sedermi su uno sgabello.

Presi il cellulare ed ebbi la tentazione di chiamare mia madre. Avevo bisogno di lei, di sentire la sua voce, di sapere che c'era qualcuno in grado darmi forza; perché in quel momento era sottozero.

Andai nella rubrica e selezionai il suo numero, pronta a far partita la chiamata. Poi, mi pentii e lasciai perdere. In quel momento stava dormendo, non potevo rischiare di svegliare sia lei che mio padre.

Percepii un fastidio allo stomaco e mi venne un lieve senso di fame. Mi alzai e iniziai a rovistare negli sportelli della cucina alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare.

Non trovai nulla, tranne qualche pacco di pasta e alcuni barattoli di spezie.

Mi arresi e decisi di tornare al piano di sopra.

Andai in bagno e chiusi la porta alle spalle, facendo meno rumore possibile.

Raccolsi i capelli in una coda alta e osservai il mio riflesso allo specchio. Mi accorsi subito delle enormi occhiaie che avevo sotto agli occhi. Ci passai il dito sopra, sperando si cancellassero. Ma così non fu.

Mancavano pochissimi giorni prima che io partissi con Dylan per andare dalla sua famiglia.

Era proprio quel pensiero che continuava a tormentarmi.

Oramai era da due giorni che non dormivo bene la notte. Continuavo a girarmi nel letto senza trovare una posizione che mi permettesse di prendere sonno.

Mi svegliavo, andavo in bagno, lavavo il viso con dell'acqua calda e speravo di riuscire a riposare. Poi tornavo in camera, appoggiavo la testa sul cuscino e passavo i minuti ad osservare il soffitto, rimuginando senza sosta.

Il fatto che non riuscissi a dormire aveva ripercussioni sul mio rendimento a lavoro. Il mio capo mi aveva già richiamata tre volte negli ultimi due giorni. Sbagliavo ad inviare le email, dimenticavo di comunicare informazioni importanti ai miei colleghi e questo provocava una serie di reazioni a catena. Stavo danneggiando la società, ma non solo, stavo sprecando tempo e risorse preziose.

Avevo la sensazione di aver fatto degli enormi passi indietro. Per un periodo ero riuscita ad eliminare l'insonnia, grazie all'uso di camomilla e melatonina. Purtroppo gli effetti non erano destinati a durare per sempre.

Aprii lo sportello del mobile e tirai fuori la confezione dei medicinali. Presi una pillola per il mal di testa, la misi sotto la lingua e bevvi un sorso d'acqua dal rubinetto per mandarla giù.

Guardai l'ora sull'orologio agganciato al polso. Erano le due di mattina e cinque ore dopo la mia sveglia avrebbe cominciato a suonare.

Appoggiai i palmi delle mani sul lavandino e iniziare a fare dei respiri profondi, nella speranza di ridurre la frequenza dei battiti cardiaci.

Un bacio tra le nuvole • |COMPLETA|Where stories live. Discover now