Capitolo 21 - Non sei lucida

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«Grazie per aver accettato di sostituirmi a lavoro finché non ci sarò». Cominciai a tirare fuori dall'armadio una serie di vestiti e li gettai sul letto, il quale era totalmente ricoperto.

Jennifer era venuta a salutarmi prima che partissi, ma non solo, era venuta anche per aiutarmi a preparare la valigia dato che non avevo idea di cosa portare con me.

«Non ti preoccupare, per te questo e altro.»

«Il signor Philip era un tantino infastidito quando gli ho comunicato che mi sarei presa un paio di giorni di ferie», le confessai, dandole le spalle, mentre continuavo a spostare appendini e maglioni a destra e sinistra.

«Ho sentito», affermò con tono divertito.

Mi voltai verso di lei con entrambe le sopracciglia sollevate. «Sul serio? La sua voce ha oltrepassato l'atrio?».

«Esattamente, ho sentito tutto. Però alla fine ha acconsentito alle tue richieste, quindi non ci pensare», minimizzò la situazione.

«Al momento sono occupata a disperarmi di fronte al mio pessimo guardaroba. Non ho nulla di elegante che possa essere all'altezza della sua famiglia», piagnucolai in piedi davanti alle ante aperte dell'armadio.

Jen era seduta sul letto e il suo compito era quello di selezionare i capi che considerava adatti, scartando da un lato quelli che non le piacevano. Questi, erano ammassati in una dolce collina ed erano nettamente in maggioranza rispetto ai vestiti che piacevano alla mia amica.

«Guarda che non stai mica andando dalla famiglia reale di Inghilterra», mi riprese.

«Fidati, da come ne parla Dylan, sembrerebbe essere una sorta di nobildonna benestante. E non vorrei mi giudicasse per il modo in cui vesto.»

Jennifer in risposta alzò gli occhi al cielo, ma subito dopo si mostrò collaborativa. «Ok, passami tutti gli abiti da sera che hai», disse, allungando le braccia in avanti.

Li tirai tutti fuori e li mollai sul materasso. Jen li osservò attentamente e iniziò il suo processo di selezione. Provai ad oppormi, esprimendo la mia opinione, ma mi zittì con un'occhiata truce.

«Quello rosso vorrei portarlo con me», brontolai.

«Uhm», mugolò indecisa, «Sì, sono d'accordo», disse dopo averlo fissato per una manciata di secondi. Lo piegò accuratamente per poi metterlo nella valigia accanto ai maglioni di lana che avevo impilato, precedentemente.

«Che ne dici di questo nero?». Le mostrai un tubino con le maniche lunghe, che era perfetto per la stagione.

«Mi sembra un po' esagerato», commentò.

«Per me è sexy.»

«Non mi piace lo spacco sulla coscia.»

«A me sì», ribattei e senza pensarci lo misi in valigia.

Dopo una lunga mezz'ora passata a battibeccare e a litigare su quali vestiti portare oppure no, eravamo riuscite a trovare un accordo. La valigia era piena: avevo messo l'intimo, i calzini, i reggiseni e anche un pigiama in flanella. Per non bastare, Jennifer mi aveva costretta a mettere qualche completino sexy perché "non si sa mai".

Ad un certo punto Jen si era lamentata di avere fame ed eravamo andate in cucina a preparare la cioccolata calda. Poi, avevamo fatto scorta con snack di vario tipo ed eravamo tornate nella mia stanza per guardare un film insieme. Si distese al mio fianco, con la schiena appoggiata alla testiera del letto.

«Non hai paura di presentarti lì come la sua nuova fiamma?», mi chiese mentre sfogliavo il catalogo dei film che Netflix proponeva.

«Tantissima», le confessai a cuore aperto.

«Io al tuo posto sarei già andata in crisi», aggiunse.

«Ci è mancato veramente poco», ammisi, «Anche se sono sempre più convinta che questo viaggio riuscirà a farmi rilassare.»

«Lo credo anch'io e poi sarà un'ottima occasione per conoscere meglio Dylan.»

«Sì, diciamo che non è quello il motivo principale», mi sentii in dovere di precisare.

«E quale sarebbe?»

«Dargli supporto.»

«Questo l'ho capito», si lamentò, sbuffando. «Ma vorrei sapere tra di voi cosa succede, vi siete avvicinati in questo periodo?»

«Avvicinati in che senso?». Presi il cestino di pop-corn e lo posizionai sulle mie gambe.

«Mi spiego meglio», si mise comoda e drizzò la schiena. «So che ormai vi incontrate di frequente, ma vi è mai capitato di dormire insieme nello stesso letto?»

Mi riempii la mano di pop corn e li infilai in bocca, per evitare di rispondere alla sua domanda.

«Chloe, rispondi con sincerità.» I suoi occhi erano aperti, sembravano quelli di un'aquila pronta all'attacco.

«Bè...», iniziai a parlare, «Sì, è capitato.»

«Cosa?!», scattò in piedi e per poco non fece cadere tutte le patatine sul materasso.

Spensi la televisione e mi alzai anch'io, vista la piega che stava prendendo la situazione. «Non ti allarmare, è successo solo un paio di volte.»

«Quando?», indagò con insistenza.

«Un paio di settimane fa», dissi con un'alzata di spalle.

«E' gravissimo!», esclamò, posizionando le mani sui fianchi.

Stavo iniziando ad innervosirmi. «Per quale motivo?»

«Non sei lucida, Chloe.»

«Sì che lo sono», mi difesi.

«Vi siete già baciati diverse volte, avete dormito nello stesso letto ed ora vai a conoscere la sua famiglia, fingendo di essere la sua ragazza. E' una pazzia!»

«Questa è solo la tua opinione. So benissimo quali sono le conseguenze delle mie azioni», contestai.

Mi sentii messa sotto accusa e da lei non lo accettavo. Doveva essere la prima persona a sostenermi, invece si era rivelata la prima a puntarmi il dito contro.

«Come puoi pensare di non innamorarti di lui?»

«E' una cosa che ho già deciso.»

«Ah», sospirò, «Adesso l'amore è una decisione», disse sarcastica.

«Sì, posso controllarlo.» Incrociai le braccia al petto.

«Ti ascolti quando parli? Sembra che tu abbia completamente perso la testa!».

«Sto solo cercando di essere felice!», alzai il tono della voce.

«Non è questo il modo migliore.»

«E quale sarebbe, sentiamo?», incrociai le braccia al petto.

«Sto solo cercando di farti capire che alla fine di questa storia quella che resterà con il cuore spezzato sarai tu. Gli uomini ci mettono veramente poco a trovare un nuovo passatempo.»

«Per questo motivo dovresti stare a non sposare l'uomo sbagliato», sputai acida.

La sua bocca si spalancò in una "o".

Sapevo che nominare il matrimonio l'avrebbe messa a tacere e sapevo anche dei dubbi che nutriva verso Adam, in quanto non si sentiva ancora pronta per un passo simile.

A volte, le debolezze di una persona che amiamo sono l'unico scudo per proteggersi da un loro attacco.

Raccattò la sua borsa da terra e ci infilò con forza le sue cose. Poi se la mise in spalla e disse: «Me ne vado, non sopporto più i tuoi capricci da bambina viziata». Poi uscì dalla stanza e si avviò in direzione delle scale.

«Sto benissimo anche senza di te. Non ho bisogno di una seconda mamma ventiquattr'ore su ventiquattro!», urlai una volta rimasta sola.

Un bacio tra le nuvole • |COMPLETA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora