(33) Realtà.

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<<Ho bisogno di te come un
cuore ha bisogno di
un battito.>>


La guardo per essere certa che lei sia convinta di ciò che ha detto, ma nei secondi che passano vedo tanta insicurezza nei suoi occhi.
Abbassa lo sguardo quando vede le lacrime rigarmi il volto, ma non abbastanza rapidamente da nascondere i suoi occhi umidi.

Io rimango paralizzata a pochi centimetri da lei e non avverto nemmeno tutte le lacrime che scendono veloci e inesorabili.
Tutto è fermo attorno a me, lei non sa cosa fare e si tortura le pellicine delle dita pur di fare qualcosa, nessuna delle due apre bocca ed il cuore mi fa male. Tanto, tanto male.

Le persone tornano a muoversi fuori dalla classe ed io torno a respirare quando lacrime calde arrivano a bagnare le mie mani incrociate davanti a me a questa volta vorrei davvero che il pavimento mi inghiottisse.
Sapevo che prima o poi qualcosa sarebbe andato male, lo avevo già avvertito appena lei è entrata in classe senza guardarmi, ma non credevo che sarebbe stato così... straziante.
Continuo a guardarla e finalmente il miele dei suoi occhi mi sommerge, i suoi occhi lasciano uscire due lacrime ed è qui che mi rendo conto che fra di noi c'è qualcosa più grande di ciò che possiamo fare.
Lei allunga una mano verso la mia e me la afferra, la asciuga dalle mie lacrime e ci lascia sopra un bacio leggero come un soffio.
Io chiudo gli occhi e mi perdo nel calore che dalla mano arriva al mio cuore irradiandolo.
Prendo un respiro profondo e li riapro.
Il mio cuore non smette di battere all'impazzata ed io comprendo che la colpa non è sua.
Dobbiamo separarci per svariati motivi.
Non voglio che ci siano conseguenze lavorative per lei, né che ci siano problemi nella sua famiglia...
Gliene ho già causato troppi.

<<Ci sarò sempre per te, tesoro. Ma non dovrà esserci nulla oltre al rapporto insegnante-alunna, va... va bene?>>

Mi sussurra con la mano ancora legata alla mia.
Deciditi, Dafne, ti prego.

Faccio un altro respiro profondo ed annuisco impercettibilmente con la testa.
In realtà non va bene un cazzo, ma non voglio farla stare peggio.
Non deve crollare lei, meglio che lo faccia io per entrambe. Deve stare bene lei.
Almeno lei.

Le stringo fortissimo la mano prima di lasciarla e corro in bagno sperando di non essere vista da nessuno.
Attraverso tutto il piano cercando di evitare sguardi di compassione e sguardi curiosi e mi chiudo immediatamente nel primo bagno libero che trovo.
Qui mi lascio libera ad uno sfogo liberatorio; piango, mi dispero e mi accuccio su me stessa aspettando che questo dolore abbandoni il mio corpo.
Ma non succede.
I suoi occhi insicuri sono fottutamente fissati nella mia testa, sento ancora il calore delle sue labbra sulla mia mano ed il suo profumo mi sommerge cullandomi in mezzo alle mie lacrime.

Tremo dal dolore e non riesco più a trattenere le urla.
Singhiozzo come se fossi sola al mondo e mi abbandono al dolore che mi sopprime mentre cerca di divorarmi.

Mi sento sola come non mi sono mai sentita prima ed avverto il mio mondo già imperfetto sgretolarsi piano piano attorno a me.
Non avrei mai pensato che un dolore emotivo talmente grande potesse esistere, eppure eccomi qui.

Continuo a piangere fiumi anche dopo il suono della campanella e per quanto vorrei tornare da lei, il dolore che provo mi paralizza e mi tiene incollata al suolo piegata su me stessa.

I minuti passano ed il silenzio attorno a me non aiuta a liberarmi dai miei ricordi. I momenti passati con la mia amata tornano alla mia mente come un uragano, mozzandomi il fiato.

Professoressa, è vero ciò che sentiamo?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora