11.Fastidio (Gojo)

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«Non solo hai tirato giù l'intero edificio ma mi hai pure schiacciato sotto!» Iori cerca di togliersi di dosso la polvere e i sassolini che la ricoprono, è totalmente grigia e non solo d'umore.

«Scusami non ho calibrato il colpo» cerco di fare l'espressione più mortificata dell'universo ma su di lei non ha effetto, si avvicina con grandi passi e mi regala uno schiaffo da giocatore di wrestling «ahi!»

«Questo è il minimo che meriti!» indispettita si dirige verso il Velo, che lentamente si sta dissolvendo, disseminando briciole di cemento lungo il cammino.

«Diremo che è stata la bomba» l'autista ci aggiorna mentre saliamo in auto «signor Gojo l'accompagno in albergo per rinfrescarsi mentre lei signorina...»

«A casa grazie»  termina la frase per lui senza staccare gli occhi dal paesaggio che scorre fuori dal finestrino. Credo di averla fatta infuriare veramente questa volta.

«Posso tornare a casa anch'io oggi?» 

«No, questa sera l'attendono per cena. Il suo treno è stato prenotato domani mattina»

L'adrenalina mi abbandona totalmente dopo questa notizia, le spalle si piegano schiacciate da un peso invisibile. Un dolore al petto mi impedisce di respirare bene. Non ho più voglia di conversare, imito Iori e mi volto verso il finestrino. Sul marciapiede una coppia passeggia tenendosi mano nella mano, sono comuni cittadini del tutto ignari dell'esistenza delle Maledizioni, li invidio.

«La passerò a prendere alle 20» mi informa mentre scendo dall'auto. Annuisco ed entro nell'albergo. 

Non mi sono lavato per quasi due giorni, non ho dormito, e sono consapevole di apparire un vero schifo mentre attraverso la hall diretto in camera con gli occhi di tutti addosso. Certo che potevano almeno lasciarmi un pacchetto di cracker, stregoni spilorci, speriamo che questa sera offrano un sushi per ripagarmi del duro lavoro. Ho una fame pazzesca.

Mi fiondo diretto in doccia senza nemmeno togliermi  i vestiti, con ogni probabilità farò prima a buttarli che lavarli. Voglio sentire la voce di Sugu ma prima devo togliermi di dosso la sporcizia, anche se non mi può vedere o odorare devo apparire al meglio davanti a lui. Sempre.

Mi siedo sul letto con in testa l'asciugamano e qualche goccia cade sul cellullare mentre scorro la chat. 

Resto senza fiato.

Rileggo incredulo il messaggio che mi ha inviato. 

"Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza."*

Un nodo in gola mi impedisce di chiamarlo seduta stante.

Cerco di ritrovare la giusta calma mentre il cellulare emette un ritmico tu tuuu.

«Sato! Stai bene?» la sua voce attraversa l'etere e si adagia delicatamente sul mio cuore.

«Hai dubbi nelle mie doti di sopravvivenza?» immagino la sua espressione, gli occhi puntati al cielo.

«Il tuo ego non può mai esser scalfito» sento un vociare di sottofondo e poi Geto sussurrare "esco un secondo" a qualcuno.

«Dove sei?» non è all'istituto? Non l'avranno mandato in missione proprio adesso che torno vero?

«Da Starbucks, avevo voglia di un caffè» le voci si affievoliscono sostituite da un clacson, deve esser uscito in strada.

«Con Shoko?» quella perfida starà sicuramente parlando male di me

«No, sono venuto con Yu»

Yu? Quando ha iniziato a chiamarlo per nome? Sono usciti da soli? Non ho fatto altro che pensare a come tornare velocemente da lui e invece mi ha già sostituito?

«Sato, quando torni?» percepisco un accenno di urgenza nella voce.

«Domani mattina, stasera vogliono che ceni con loro» perché Haibara è lì con te? Perché non sei uscito con Shoko come fai sempre? Perché lui?

«Mi manchi» è solo un sussurro roco ma su di me ha l'effetto di un gong. Spazza via tutti i pensieri accumulati, ripenso alla citazione che mi ha spedito e stringo tra le dita il telefono come se fosse la sua mano.

«Anche tu, da impazzire» non voglio quel sushi, non mi interessano i complimenti di quei vecchiacci, voglio tornare a te. Ora.

«A che ora arrivi in stazione?»

«Non lo so, al mattino credo, quando ancora sarete a lezione»

Sento un cane abbaiare e poi il silenzio.

«Se bigio intuiranno subito dove sono» borbotta sconsolato.

Scoppio a ridere. 


***

*W. Shakespeare Sonetto 116



What's the trouble, honey? (JujutsuKaisen - SatoSugu)Where stories live. Discover now