Sophie

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Pov Shot

Arriviamo all'aeroporto con un nodo in gola, dopo il pranzo con mio padre pensavo fosse finita lì, e invece era solo l'inizio della tragedia greca nella quale questa situazione si stava trasformando, Satana, ovvero mio padre ci ha chiesto gentilmente di andare a recupera Lilith.
Di tutti i casini della mia vita questo è il più ipocrita di tutti ed è l'unico che non volevo proprio affrontare. Parli del diavolo spuntano le corna, eccola cammina leggermente spaesata ma sempre con atteggiamento controllato e elegante per il corridoio fino a trovarsi quasi di fronte a noi, la sua figura alta e slanciata senza alcun dubbio di una bellissima donna, attira l'attenzione e gli sguardi di molti intorno a noi. La osservo in lontananza un caschetto scuro curato, capelli perfettamente lisci e ordinati, che invidia essere pettinata, una cosa che io non proverò mai, in testa ho un nido per uccelli! Ha la pelle diafana e due grandi occhi gemelli ai miei, blu come il mare calmo, veloci saettano nei miei e addolciscono appena quel puntiglioso sguardo radiografante che esplorava con stizza tutto l'aeroporto. Non che mi aspettassi un sorriso di gioia per la visita in un nuovo paese, non li ho neanche mai visti quei sorrisi da parte sua.
"MÁ!" alzo un braccio e lei si avvicina, un tiepido sorriso e contro ogni mia aspettativa mi accoglie in un abbraccio caloroso al profumo di fiori <La mia piccola Volpe rossa, sei diventata una bellissima donna.> mi accarezza anzi mi pettina i capelli arruffati con le dita da maniaca del controllo che non è altro, di sicuro lo voleva fare da quando ha intercettato il mio sguardo. Il cuore ha un piccolo sfarfallio al suono di quel soprannome, non ci vediamo da non so nemmeno più quanti anni, tre forse l'ultima volta è stata poco prima del nostro trasferimento. Ci sentiamo sempre più raramente, dati i suoi impegni e i miei che non combaciano mai, ma lei si ostina a chiamarmi sempre con il mio nomignolo che usava quando io ero bambina.
Perché da bambina assomigliavo ad una specie di grizzly rosso, una matassa di ricci rossi impettinabili con l'apparecchio, vi lascio immaginare che infanzia da trauma, dovevo cavarmela in un qualche modo e lei e i suoi assurdi insegnamenti mi hanno aiutato tanto nella vita e mi hanno trasformato in quella che sono oggi, un astuta volpe rossa.
Non appena sciogliamo il nostro abbraccio ritorno a respirare normalmente, i suoi occhi prima di tornare vitrei e impassibili intercettano il bellimbusto alle mie spalle. Guns. Uno sguardo spento indecifrabile lo studia e poi ritornano nei miei con uno sguardo curioso e sagace.
Mi sorpassa elegante si sporge verso di lui gli porge la mano per presentarsi <Tu devi essere Kim Joon Woo, Rowan mi ha parlato tanto di te! Te lo dico sottovoce lui non lo ammetterà mai, ma giocati una buona partita e tutto andrà per il meglio, lui è già un tuo fan non dovrai fare molta fatica a conquistarlo! Molto, molto piacere io sono Sophie Rosemary Walker, la madre di Eve.> ritira mano compiaciuta e civettuola, vedo Joon leggermente sorpreso; si! mia madre è incredibilmente in forma non sembra per niente avere più di cinquant'anni. Anzi tra le due sembri tu la vecchia. Mentre loro si presentano, io sono ancora reduce della mia disturbata immaginazione, nella mia testa rimbomba questa immagine agghiacciante di mio padre fan di Joonwoo, la mia mente partorisce immagini raccapriccianti di mio padre quel colosso alto un metro e novantacinque di muscoli e rabbia verso ogni cosa, vestito da ballerina pon-pon con tanto di codini lunghi rossi.
Si ecco perché ho questo fantastico colore di capelli, come si sarà intuito me lo ha gentilmente donato papà, mentre Mike l'altro gigante quello scemo, della famiglia è bruno come mamma.
Cerco di scappare dalla mia immaginazioni e li trovo entrambi intenti a fissarmi,
< Si sarà di nuovo persa nella sua immaginazione, caricala in spalla come un sacco di patate e andiamo alla macchina, non sapremo mai quando tornerà a far parte della vita normale; sai era così anche da bambina, scollegava il cervello e addio!> Joon sorride alla sua affermazione. Io con sguardo torvo li fisso infastidita.

In macchina scambiamo solo qualche frase di cortesia, ma niente riguardante i motivi per i quali lei è qui. Anche se ne abbiamo entrambi il sospetto.
Mi perdo nel paesaggio urbano delle strade affollate di Seul, averla qui riporta una ventata dal sapore di casa, l'America mi manca, ma non così tanto come mi immaginavo, Seul è così moderna e viva che non ti stanca mai.
Guardo la città che illuminata sempre non dorme mai. Ormai in estate piena Seul è bollente, anche la sera tocca i trenta gradi e non è per niente inusuale per questa stagione, anzi ormai ho imparato a conviverci aspettando il monsone che presto arriverà a rinfrescare le nostre giornate. Niente rimarrà torrido come l'agosto che per vacanza passai in Giappone, con JJ. Per fortuna sono una persona abbastanza freddolosa, infatti ricordo una JJ morente sotto il sole cocente mentre io ero abbastanza accaldata ma non al punto di svenire come lei. Con questo caldo Seul non è tanto diversa da New York, attraversata da fiumi di gente che cammina frettolosa alla ricerca di un fresco riparo, con in mano i piccoli ventilatori portatili e tutti i gadget per sopravvivere a questo caldo; illuminata dai maxi schermi così luminosi che di notte sembra pieno giorno, percorrono viali e strade affollate, passando per incroci chilometrici e affollano piazze tanto grandi da sembrare città, adornate da street-food per tutti i gusti e turisti sempre più presenti fin dai primi mesi della primavera.

Hurricane - Gunshot Vol.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora