❝𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐈𝐗❞ | N^ Otto

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━━━━━━━| 𝐍𝐎𝐕𝐄 |━━━━━━━

"Y/N! È pronto da mangiare!"

"Arrivo, un attimo!"

Scesi le scale di casa dopo essermi cambiata velocemente i vestiti, mia madre non doveva vedermi in quello stato.

Il sangue sulla mia manica aveva inzuppato completamente la maglietta, ormai era inutile provare a indossarla nuovamente.

Fortunatamente la fascia che mi avvolgeva il polso era invisibile sotto la manica della maglietta nera che stavo indossando, perciò la mia preoccupazione iniziale svanì pian piano che mi avviavo verso la sala da pranzo.

Trovai mia madre già seduta in tavola, perfettamente composta e pronta a un confronto.

Rimasi in silenzio mentre mi sedevo di fronte a lei, evitando il più possibile il contatto visivo con la donna.

Iniziai a mangiare il mio pasto seguendo alla perfezione ogni regola imposta dalla stessa persona che mi stava giudicando con lo sguardo. Il galateo per lei era ciò di più importante da seguire come obiettivo nella vita.

"Mia cara Y/N," iniziò mia madre con tono glaciale, "posso notare che hai impiegato un po' più del solito a prepararti per la cena questa sera."

Abbassai lo sguardo sul piatto, cercando di nascondere il nervosismo che montava al mio interno, "Mi dispiace, ho avuto un piccolo contrattempo."

"Contrattempo?" ripeté lei, sollevando un sopracciglio con disapprovazione, "Sembri così distratta ultimamente. Hai idea di quanto tempo e fatica io dedichi al nostro benessere? E tu... tu ti comporti in modo così negligente."

Annuii silenziosamente, sapendo che qualsiasi risposta avrebbe portato solo a ulteriori rimproveri.

La mia mente vagava altrove, lontano da quel tavolo familiare e dalle parole velenose di mia madre.

Continuai a mangiare in silenzio, cercando di ignorare le sue critiche e i suoi commenti taglienti. Era come se ogni boccone fosse un'amara dose di rancore e frustrazione che dovevo ingoiare per sopravvivere alla cena.

Quando finalmente il pasto giunse al termine, mi alzai dalla sedia con il cuore pesante. Mia madre mi osservava con disprezzo, come fossi una delusione vivente.

"Non camminare in quel modo, alza la testa Y/N" ordinò con voce fredda, "E spero che tu possa migliorare il tuo comportamento domani."

Senza rispondere, mi ritirai nella mia stanza, lasciando alle mie spalle l'oppressione di quella cena e il ricordo della madre che non sapeva cosa significasse veramente amare.
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Tornai nella mia stanza sull'orlo di due sentimenti contrastanti. Chiusi lentamente la porta dietro di me, sperando che mia madre non mettesse in discussione anche il mio modo di sbattere le porte.

Mi fiondai sulle morbidi coperte del mio letto, affondando la testa fra di esse cercando di ritrovare la mia serenità.

Un impeto di frustrazione ebbe la meglio su di me, come se improvvisamente nel mio corpo si scatenasse tutto l'odio e il rifiuto che provavo durante le scenate di mia madre, e diedi un pugno al muro.

Improvvisamente tutto il mio rancore si placò, e l'immenso dolore fisico provocato dal pugno si insinuò in me.

Gemetti di dolore mentre mi chiudevo in me stessa e portavo la mia mano sanguinante verso il petto.

𝐏𝐎𝐈𝐒𝐎𝐍 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 | AlastorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora