Capitolo 7

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Chris era il leader sia in campo che fuori, sapeva come controllare la squadra e non mi sorprendeva fosse stato scelto come capitano, aveva carattere e sapeva sempre in che modo parlare alla gente. Tranne che con Juju, davvero non ci sapeva fare con i bambini.

«Tuo fratello mi odia?», mi chiese una sera. Eravamo arrivati all'università da meno di due settimane e l'indomani avrei dovuto riprendere a lavorare, ciò voleva dire che dovevo trovare il coraggio di lasciare Julian a uno dei ragazzi della squadra. Alex era la prima scelta, ma i giorni successivi dovevo rassegnarmi a chiedere a qualcun altro.

«Ti ha inquadrato».

«In che senso?».

Diedi una spallata al distributore e finalmente il pacchetto di patatine cadde. Era la seconda volta che mi rubava i soldi la macchinetta.

«Crede che tu menta».

«Su che?».

«Su tutto, su chi sei. Non lo convince il modo in cui parli alle persone o come sorridi», aveva ragione Julian, non c'era da fidarsi di uno che andava d'accordo con tutti.

«Io sorrido in modo normale».

«Sorridi troppo», mi incamminai verso la stanza dove mi aspettava il marmocchio.

«Non è vero».

«Sei inquietante».

«Questo è un tuo parere o suo?».

Risi e aprii la porta. Julian stava saltando sul letto.

«Scoprirai che noi condividiamo molte idee», lanciai il pacchetto di patatine a mio fratello, il quale si lasciò cadere sul letto e mi ringraziò con un sorriso enorme. Ecco, il suo di sorriso era completamente differente, avrei pagato, o addirittura ucciso, per vederlo.

Mi accasciai sulla sedia e guardai Chris che si avvicinava a Juju, aspettavo di vedere la reazione del più piccolo, a volte poteva mordere se messo alle strette. Sarebbe stato divertente.

«Pensi che io sia inquietante?», chiese a mio fratello, provando a sedersi accanto a lui. Julian fece un paio di sederate indietro e si allontanò, ritrovandosi con la schiena contro la parete.

«Che vuol dire?».

Giusto, aveva pur sempre un vocabolario da bambino dell'asilo. Ricordo quando gli ho dovuto spiegare il termine precipizio, non credo lo avesse compreso, perché come suo solito, se le parole erano difficili da pronunciare, le eliminava dalla propria mente.

«Che ha un sorriso che ti mette paura», cercai di non ridere, perché Chris sembrava davvero voler piacere a Juju. Non sapevo perché, forse perché aveva compreso che, se mio fratello si fosse trovato male, io avrei rifatto i bagagli e sarei tornato a casa. Piacere a un bambino, comunque, non era facile.

Julian storse la bocca, era evidente che stesse pensando a come rispondere. Stava decidendo se quel ragazzo gli faceva paura o meno, mentre Chris tentava un nuovo avvicinamento al piccolo umano.

«Chris...», lo avvertii, «...non lo sovrastare, morde se messo alle strette».

Julian annuì, come conferma.

«Domani ti terrò io, è deciso».

Mi strozzai con la saliva e mi alzai in piedi di scatto.

«No, domani ci sarà Alex con lui».

«Chiederò un cambio, voglio fargli capire che non sono pericoloso e che non c'è bisogno di mordermi».

Mi metteva ansia l'idea di lasciare mio fratello con Chris. Era evidente non avesse mai avuto a che fare con un bambino. Avrei preferito sentire Alex, almeno quel ragazzo sapeva parlare con Ju e sapeva anche come farsi ascoltare. Certo, nessuno sarebbe stato al mio livello, o di Miguel, ma sicuramente Chris era una delle scelte peggiori. Deglutii a fatica e presi Chris per il gomito per farlo alzare dal letto di Julian e portarlo fuori della stanza. Non oppose resistenza, si lasciò trascinare via con facilità.

La teoria dei calzini spaiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora