Capitolo 9

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Sabato mattina venni svegliato da Juju che mi saltava in braccio. Anche se leggero, sapeva bene dove puntare le ginocchia per farmi più male. Ho cercato su internet, la valvola tra esofago e stomaco si chiama cardias e mio fratello ho come il sospetto che puntasse proprio a lei, quando prendeva lo slancio per lanciarsi sopra di me; sospetto anche di avere un paio di costole incrinate da quel demonietto, ma l'amore fa male, a volte un male che toglie letteralmente il fiato. Lo sollevai di peso, un po' per respirare e un po' perché la voglia di lanciarlo altrove si impadroniva di me e dei miei muscoli prima che la mente potesse svegliarsi e ricordarmi che era mio fratello e non potevo farlo volare via come un frisbee, lui era più simile a un bumerang, tornava indietro; il giorno in cui la mente si fosse svegliata troppo tardi, avrei dovuto spiegare alle maestre perché Julian era stato lanciato di prima mattina, speravo non capitasse mai. Lui iniziò a urlare e ridere in quel suo modo coinvolgente, tanto da farmi dimenticare il fastidio per il modo brusco con cui mi aveva svegliato e il fatto di non aver ancora preso il primo caffè della giornata.

«Oggi si va al mare».

Giusto, mi ero dimenticato che gli avevo promesso di portarlo in spiaggia. Mi misi seduto, strofinai gli occhi e cercai di capire che ore fossero e quanto fosse giustificato un fratricidio. Bussarono un paio di volte e poi, senza che io li invitassi ad entrare, si affacciarono in stanza i ragazzi della squadra, tutti con il costume e le magliette.

«E voi?».

«Siamo pronti per andare al mare», Chris provò a farsi dare il cinque da Juju, ma quello lo ignorò per correre da Alex che mostrava con eccitazione un secchiello e delle palette.

«Scommetto che scaverò la buca più grande», Alex sfidò lo gnomo, che piegò la testa di lato ed emise una pernacchia, con troppa saliva e poco rumore. Non so proprio da chi l'abbia imparato. Io ero stato incapace di farle fino ai quindici anni, quando Miguel si impose di insegnarmelo in modo che entro la fine dell'anno avrei potuto sbeffeggiare i professori con sonore pernacchie.

«La mia sarà tanto grande quanto te», Juju puntò il ditino contro lo stomaco del maggiore e poi corse indietro per tornare sul mio letto.

«Samu».

«Si?», avevo ancora gli occhi appannati e le ultime immagini di ciò che stavo sognando pochi minuti prima che mi offuscavano la mente. Mi sarei ributtato volentieri sul letto e avrei nascosto la testa sotto il cuscino fingendo di non esistere, ma il mio fratellino aveva bisogno di quella giornata al mare e io avevo bisogno che stesse bene.

«I pesci vivono in condominio?».

Aggrottai la fronte e provai a inventarmi qualcosa di plausibile.

«Forse, ma bisognerebbe nuotare con loro per scoprirlo», uno dei due gemelli, forse Adam, o Chase, erano identici porca miseria, sorrise a Juju. Avevo già capito chi dover avvertire delle scarse doti da nuotatore di mio fratello. Non è che andasse a fondo come un sasso, ma galleggiava male, anche con i braccioli. Quando avevo Miguel vicino mi sentivo più sicuro, lui era bagnino, avrebbe salvato Juju in un istante, ma questi ragazzi non avevo idea di chi fossero, oltre a giocatori di baseball.

Chris si avvicinò al letto vuoto di Julian e si sporse verso la parete, la colpì forte due volte e urlò, facendomi sobbalzare sul posto.

«DREW ALZATI, SI VA AL MARE».

***

Dall'esterno sembravamo proprio un gruppo di amici qualunque. Avevamo steso gli asciugami a caso, lanciato gli zaini, aperto un paio di ombrelloni storti e tirato fuori dai mini-frigo delle birre ghiacciate. Eravamo il classico gruppo di ragazzi che fa casino, che parla a voce troppo alta e che gioca a pallone sul bagnasciuga; gli unici tranquilli eravamo io e Drew, che era rimasto sdraiato sul suo asciugamano a leggere. Io semplicemente stavo studiando il resto delle persone lì presente. Chris sembrava non avere problemi a buttarsi in acqua e schizzare gli altri, era quel genere di persona che io e Miguel avremmo definito boa, cioè un tipico bagnante che non esce mai dall'acqua; i gemelli, che distinguevo solo grazie al colore dei costumi, stavano seduti a parlare, non ho idea di cosa, ma loro lo facevano spesso, si allontanavano da noi per parlare, parlavano sempre; Mark si trovava sdraiato sul bagnasciuga ad abbronzarsi, anche se aveva già la pelle mulatta che invidiavo tremendamente; James giocava a calcio con Daniel e Alex scavava insieme a Juju.

La teoria dei calzini spaiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora