Capitolo 31

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La partita che venne giocata il primo giorno avrebbe decretato i vincitori del campionato, dopo di che, chiunque avesse perso, se la sarebbe vista con noi. Ci saremmo contesi il secondo posto.

In qualche modo, grazie alla sfida avvenuta la sera prima, il mio corpo si era svuotato dell'ansia e della frustrazione. Non mi importava più di mio padre, c'era di peggio al mondo. Se fossi caduto dalla parete, avrei potuto determinare la sconfitta della Zefiro, avrei potuto farmi davvero male e, se mi fossi ferito tanto da perdere la funzione motoria, non avrei più potuto prendere in braccio Juju. Mio padre, in confronto a tutto ciò che avevo rischiato nel tempo di una scalata, non valeva nulla.

Mi sedetti sugli spalti, vicino a Chris e, senza farmi vedere, posai la mano sulla sua. Dopo la sfida, siccome nessuno dei due riusciva a dormire, avevamo deciso di fare una passeggiata insieme, durante la quale mi ero sentito talmente bene in sua presenza da pensare fosse la persona giusta per me. Purtroppo, non appena mi ero svegliato la mattina successiva, avevo realizzato che lo avevo ritenuto perfetto solo perché ero furioso con Drew, con il quale mi ero rifiutato di parlare.

Le due squadre vennero chiamate nel mezzo del diamante. La Briza si radunò per prima, poi la Bech. I giocatori si strinsero le mani e poi si separarono di nuovo.

Durante tutto il gioco, io non riuscii a pensare ad altro che alla partita che ci aspettava. Non sapevo contro chi avrei voluto giocare, se la Bech o la Briza.

Trattenni il respiro durante i lanci di Alejandro, esultando solo per gli strike davvero meritevoli. Però, ancora non avevo deciso se fare il tifo per la sua squadra. Storsi la bocca quando l'arbitro dichiarò la fine del primo inning. La Briza stava vincendo per due punti, ma erano ancora agli inizi, la Bech avrebbe potuto ribaltare il risultato con facilità.

Il coach ci avvertì che quella partita era la nostra occasione per cogliere più informazioni possibili sui nostri futuri avversari, ma io non riuscii mai a distogliere la mia attenzione da Alejandro. Lanciava in modo differente da me, si spingeva più avanti e piegava di meno il braccio, ma era formidabile il controllo che aveva sulla palla. Sembrava poterla guidare con la mente.

«Siamo al quinto inning e la Briza è sotto di cinque punti», mi fece notare Chris, stringendomi la mano. La metà della partita era stata superata e il risultato si era ribaltato.

Alla fine del settimo inning, era la Bech ad essere sotto di due punti.

«Credo di aver deciso chi voglio che perda», mi informò Chris e io mi permisi di distogliere per un istante gli occhi dal mio fratellastro.

«Chi?».

«La Bech».

«Perché?», inarcai un sopracciglio.

«Per aver sfidato Alex e averti portato sul muro della scuola», strinse le mani a pugno e gli diedi un pizzico al fianco.

«È stata una mia scelta, quella di accettare la sfida al posto di Alex».

«Non mi importa, trovo assurdo che abbiano coinvolto uno dei nostri».

«Ti ricordo che uno dei nostri ha coinvolto Alejandro», non pronunciai il suo nome, ancora ero arrabbiato e non volevo sentire la mia voce pronunciarlo, perché sapevo che il mio cuore aveva ancora un debole per lui.

«Non so cosa sia passato per la mente a Drew, lui... lui lo vede in modo diverso il tornado rispetto a noi», lo giustificò il capitano, ma io non potevo accettarlo.

«Proprio per ciò che gli è successo dovrebbe evitare di farsi coinvolgere», mantenni il punto e tornai a guardare la partita.

Dopo diverso tempo, arrivammo al nono inning. Le due squadre schierate per gli ultimi lanci, per le ultime battute, per gli ultimi sforzi. Mi alzai in piedi quando Alejandro raggiunse il muond, strinsi le mani a pugno quando alzò il ginocchio e trattenni il respiro quando la palla lasciò la sua mano.

La teoria dei calzini spaiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora