Capitolo 18

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Mi avevano avvertito che alla prima partita del campionato avrebbero assistito tantissime persone, ma non mi sarei mai aspettato di trovare gli spalti pieni e le persone addirittura in piedi. Dalla panchina individuai con fatica Cesar e Carlo, ma Miguel non lo vidi. Avevo sperato che dopo la notte passata in ospedale con Julian, il nostro rapporto si fosse riconsolidato, ma forse stavo chiedendo troppo.

Scossi la testa e cercai di concentrarmi sulla partita che stava per iniziare. Sarei entrato come lanciatore solo dal quinto inning, ma l'ansia mi stava già mangiando vivo. Rialzai lo sguardo e lo puntai verso Julian che si trovava in prima fila, con le manine aggrappate alla rete di ferro che separava gli spalti dal campo. La sera prima aveva messo il muso e aveva usufruito del mutismo per punirmi perché gli avevo comunicato la sua posizione durante la partita. «Ma io voglio stare in campo con voi», mi aveva detto, ma avevo già pronta la risposta. «Mi dispiace, pulce, ma alle partite ufficiali nessuno che non faccia parte della squadra può stare in panchina. Starai insieme agli altri ragazzi che si allenano, ma che ancora non giocano alle partite». La prima squadra era quella che giocava il campionato, mentre la seconda squadra poteva partecipare alle amichevoli. Essendo in troppi, avevamo anche dei giocatori fuori da entrambe le squadre, loro si allenavano, ma finché non fossero stati scelti dall'allenatore non avrebbero potuto giocare alle partite.

Alla fine, dopo un'ora di silenzio, si era arreso e aveva accettato di stare sugli spalti, a patto di poter occupare un posto in prima fila. Infatti, eccolo lì che urlava il mio nome a pieni polmoni. Non potevo immaginare che le sue urla avrebbero richiamato l'attenzione di un ospite imprevisto.

Tornai a concentrarmi, strinsi la palla portafortuna, che era anche quella che avevo regalato a Julian, e buttai fuori l'aria che non mi ero nemmeno accorto di aver trattenuto.

«Sei pronto?», il capitano mi posò la mano sulla spalla e mi sorrise. Aveva continuato ad accompagnare Juju a scuola, gli piaceva ricevere i complimenti dalle mamme e dalle maestre, mentre io di solito mi guadagnavo solo occhiatacce perché ero visto come il fratello scapestrato che non sa comportarsi da padre. Io non ero un padre, ma quelle arpie non lo comprendevano.

«Credo di dover vomitare», deglutii a fatica e ricacciai indietro le lacrime che mi avevano offuscato la vista. Non ero in procinto di piangere, ma capitava che sotto stress mi si inumidissero troppo gli occhi e che pizzicassero.

«Ottimo, proprio questo vogliamo sentire dal nostro secondo lanciatore», mi girai per fulminare Drew che aveva appena parlato, ma si stava già allontanando dalla panchina per andare a riacchiappare i gemelli che stavano incitando la folla a fare il tifo per noi. Ovviamente, la persona su cui avevano più influenza era mio fratello, che rispondeva ai cori con estrema facilità. Mi venne il sospetto che Chase e Adam glieli avessero insegnati nei giorni in cui gli avevano fatto da babysitter.

«Sono ancora in tempo per ritirarmi?», chiesi a Chris. Si era seduto accanto a me e giocherellava con le protezioni che presto avrebbe dovuto indossare come ricevitore. Mi ero abituato alle sue indicazioni, formavamo un bel team, ma Drew era furbo, conosceva fin troppo bene il nostro capitano e così anticipava tutti i miei lanci durante gli allenamenti. Il che non aveva contribuito alla mia autostima e alla mia sicurezza in campo. Ma stavolta non avrei giocato contro Drew, bensì lo avrei avuto in squadra, sicuramente era un punto a favore.

Avevo studiato per tutta la notte i video delle partite precedenti della squadra che avremmo incontrato, ma ora che mi trovavo in panchina mi si confondevano nomi, numeri e tecniche. Stavo impazzendo e Chris continuava a sorridere come se nulla fosse. Lo detestavo.

Drew tornò tenendo entrambi i gemelli per i colletti delle divise e li spinse verso di me.

«Fate il vostro giochetto», disse, prima che i gemelli mi individuassero e mi sorridessero con furbizia.

La teoria dei calzini spaiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora