Capitolo 14

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Quando cresci un bambino e tu stesso sei ancora decisamente giovane, ci sono migliaia di cose che non sai e che non pensavi fosse necessario sapere, come ad esempio se il latte detergente è velenoso. Scommetto che chi non ha figli non si sia mai dovuto porre questa domanda, mentre chi, come me, ha avuto a che fare con un bambino che ama sperimentare sa rispondere elencando tutti i segni clinici riscontrabili in un infante che si è attaccato alla bottiglia di latte detergente; in più, chi ha il dono di un figlio così... impegnativo ha anche salvato nella memoria del telefono, o stampato in testa, il numero del centro antiveleni, perché il latte detergente non è che l'ennesima cosa che il piccolo sperimentatore ha assaggiato.

Juju era così, uno sperimentatore. La prima chiamata al centro antiveleni l'ho dovuta fare quando ha leccato una rana, aveva due anni e lui i baci grandi li dava così. Mi vergogno un pochino ad ammettere che la prima cosa a cui ho pensato, quando è capitato, è stata che mio fratello nutrisse per me lo stesso affetto che nutriva per una rana qualsiasi; poi, realizzando cosa aveva fatto e ricordando un film in cui dei ragazzi leccavano un rospo per gli effetti allucinogeni che dava, ho chiamato di corsa il centro antiveleni. Il tizio che mi ha risposto si è messo a ridere, letteralmente, grasse risate al telefono, mentre io mi chiedevo se quella chiamata potesse diventare un pretesto per gli assistenti sociali per portare via mio fratello.

La seconda volta che mi è capitato di dover chiamare il centro antiveleni è stato perché il piccolo scienziato aveva pensato di assaggiare il cibo del pesce rosso. E la terza volta per il latte detergente di mia madre. A sua discolpa la bottiglia poteva sembrare quella del latte. Non ho sentito di altri bambini che hanno bevuto il latte detergente, ma scommetto che è più comune di quanto si creda.

In seguito, Julian ha aggiunto al suo menù personale la stella di Natale, in fondo, chi non vorrebbe dare un bel morso a quel fiore rosso acceso? I pastelli a cera, ma solo quelli blu o appartenenti alla stessa scala cromatica, forse è in quel periodo che ha sviluppato la sua passione per il gelato al gusto Puffo; la colla, quella profumata, che poi, parliamone, perché produrre una cosa non commestibile con un odore così invitante? Due biglie, entrambe ritrovate intatte... non c'è bisogno di dirvi dove; la sabbia, perché quella è una prassi, non venitemi a dire che non è mai capitato a nessun altro bambino di sgranocchiare i granelli salati del bagnasciuga.

Comunque, questo preambolo, per farvi capire perché ho reagito nel modo che vedrete, nel momento in cui Juju mi ha detto di avere mal di pancia.

Lo sentii lamentarsi di notte, non sapevo se dormisse o fosse sveglio. Provai a chiamarlo un paio di volte, ma ricevetti solo dei lamenti da parte sua.

Mi alzai e camminai lentamente fino a raggiungere il bordo del suo letto. Quando gli accarezzai la guancia capii subito che qualcosa non andava. Era sudato e scottava, doveva avere la febbre alta. Lo scossi e provai a tirarlo su, ma si lamentava. Quando aprì gli occhi, mi guardò in mezzo alle lacrime e mi supplicò di far smettere il dolore.

Avete presente quello sguardo che ha un bambino quando crede che tu sia magico o che tu abbia i superpoteri per salvarlo da qualsiasi pericolo? Come se non esistesse al mondo male che possa scalfirti perché tu sei il suo fratellone ed esisti solo per aiutarlo, ma tu, nonostante lo sguardo e la fiducia che lui ripone in te, sai di non essere più speciale di qualsiasi altro essere umano, sai di non essere super forte o capace di renderti invisibile o di far sparire il dolore e, allora, ti sembra di deludere quel bambino che, nonostante tutto, vede sulle tue spalle quel mantello rosso svolazzante.

Fu a quel punto che cercai con lo sguardo il cellulare, pronto a chiamare il centro antiveleni. Era quello il mio superpotere: cercare una soluzione il più velocemente possibile.

La teoria dei calzini spaiatiWhere stories live. Discover now