6. L'Assassino e il Sultano

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«Si può sapere dove ti eri cacciato, piccolo incosciente?» tuonò la stridula voce di un eunuco, non appena ritornai nella piccola stanza, ovvero il retro del palco. L'uomo mi prese per il braccio, furioso, agitandosi talmente tanto che le monetine intorno al suo turbante tintinnarono rumorosamente. «Hai la minima idea di quanto tempo sia passato?!» mi trillò nelle orecchie. Alzai le mani in segno di resa.

«Non mi sentivo pronto, tutto qui.» inarcai le sopracciglia in un'espressione profondamente intimidita, una che rasentava pura angoscia. «Ora sto meglio.»  Espirai, come per buttare via tutte le preoccupazioni di un candido giovane che stava per perdere la verginità con l'uomo più potente dell'Impero: l'affascinante Sultano. L'eunuco mi diede una pacca sulla spalla.

«Va bene.»  si rassegnò in tono esasperato. «Ma ora andiamo!» mi redarguì.

In pochi secondi mi ritrovai in un'enorme sala da bagno. Era completamente ricoperta di raffinati mosaici blu oltremare, verde acqua e celeste pastello, intervallati da piastrelle bianche e piante verdeggianti. Un corteo di vergini dalle limpide vesti bianche mi fu addosso. Mi spogliarono e strofinarono con una tale violenza che pensai avrebbero potuto staccarmi la pelle dal corpo. Immediatamente dopo, fui nell'enorme vasca d'acqua calda e subito un delicato aroma di lavanda mi avvolse la pelle. Ma non mi trattenni neanche cinque minuti che subito mi ritrovai fuori, dove almeno una ventina di mani mi passarono asciugamani e mi strapparono ogni singolo e minuscolo pelo del corpo. Non ne avevo neppure bisogno avendone pochi e biondi, ma questo non le fermò dal protrarre a lungo la tortura.

Una volta finito mi cosparsero di oli profumati e mi lasciarono riposare i capelli umidi in una maschera ai fiori d'arancio. Quando fui completo, mi diedero il tocco finale passando una linea di kohl dorato sulla palpebra - ovvero una pasta colorante fatta con limone e grafite scaldati su un braciere - e infine uno spruzzo di un qualche succo rosso sulle guance. Per un attimo l'odore di quel composto mi parve molto familiare, troppo familiare, ma non appena iniziarono a vestirmi, me ne dimenticai all'istante. Mi costrinsero ad indossare soltanto un paio di pantaloncini a sbuffo di chiffon celeste, per altro trasparenti, un lampante invito.

Spogliami. Quella frasetta mi si era appiccicata addosso insieme all'olio profumato.

Arrossii. «Ma non sono un po' troppo... svestito?» balbettai, questa volta senza recitare la parte del verginello imbarazzato: la mia dignità, già perduta durante l'asta nel ballo dell'Orchidea, ora strepitava per farsi rispettare. Una serva mi adocchiò, sorridendo.

«Cosa pensi debba fare con te, il Sultano?» lo cantilenò col tono di chi voleva far capire che certamente non avremmo giocato a dama. Mi corrucciai con una leggera smorfia: aveva ragione.

«Sei pronto.» conclusero, soppesandomi con un'ultima occhiata attenta. Non mi avevano eccessivamente ingioiellato com'era solito fra i membri della corte, immaginai pensassero potessero dare fastidio durante... Avvampai di nuovo. Non ero pronto affatto, dentro di me, ma volente o nolente permisi loro di sistemarmi un velo azzurro sulla testa per poi condurmi fino alle stanze del Sultano. Il corridoio sembrava infinito, attraverso quella patina di stoffa davanti alla faccia. Il rumore del piccolo corteo di servi intorno a me era scandito solo dal battito feroce del mio cuore.

La camera da letto era gigantesca e c'erano specchi ovunque. I mobili erano di mogano scuro raffinatamente intarsiato in motivi a stelle, i pavimenti erano coperti da tappeti variopinti e c'erano lanternine di bronzo sparse un po' ovunque. Altre schiere di serve si affaccendarono per accenderle, spargendo poi petali di fiori in terra.

Ciò che più spiccava nella stanza era l'enorme letto a baldacchino. Non aveva nulla a che vedere con quello che pensavo fosse il mio sfarzoso talamo nella Fortezza dell'Assassino. Era gigantesco, tanto che pensai potesse contenerci almeno cinque persone; legno scuro rifinito da dettagli d'oro si allungava in una forma tondeggiante, a cerchio, come la luna; il tutto nascosto da veli completamente intessuti di fili di perle. Emisero un suono soave quando li scostai e mi adagiai proprio al centro del letto, accarezzando la seta delle lenzuola. Poi la servitù si congedò augurandomi buona fortuna per lasciarmi, a mio malincuore, completamente solo. Cercai di mandare giù un nodo stretto nella gola. Guardai le finestre, chiuse da persiane di legno traforato in motivi a stelle. Potevo sempre fuggire, ma... non era nei miei piani.

Le cronache dell'Assassino 1 - Sfavillo | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Where stories live. Discover now