7- Chapter Seven

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Bethany era seduta, immobile, sul letto della sua nuova camera. Avevano raggiunto da poco la nuova villa, in una cittadina sperduta dell'Idaho. In sostanza: altre montagne innevate, altri alberi sempreverdi e grandi distese di nulla.

Kevin l'aveva stretta a sé per tutto il resto del viaggio, che era durato più del previsto per colpa della giovane che non si sentiva ancora bene. Questo aveva fatto innervosire parecchio Kit, il quale l'aveva presa per un braccio, nell'ennesima stazione di servizio, e le aveva ordinato di svuotare quello stomaco una volta per tutte, se no le avrebbe fatto perdere i sensi di nuovo.
Bethany non aveva avuto le forze per reagire e si limitò ad asciugarsi le lacrime sulle guance, mentre ignorava i tremendi dolori alle braccia e alle gambe che, una volta che riuscì a farsi una doccia calda, si rivelarono graffi provocati dalla tentata fuga in mezzo a rami sporgenti.

Se li era meritati quei graffi, almeno ora poteva ricordare che fuggire sarebbe stato inutile.

Era seduta su quel letto da parecchio tempo, dopo la doccia si era vestita, aveva asciugato frettolosamente i capelli e si era sistemata sul materasso morbido, ignorando completamente Kevin, che qualche volta faceva capolino nella stanza cercando di assicurarsi che stesse bene, ma lei non gli rispondeva e lui se ne andava.

Aveva deciso che avrebbe provato ad utilizzare la tattica del silenzio, se non poteva fuggire almeno avrebbe fatto impazzire i suoi rapitori. Sopratutto Kit, voleva farlo arrivare allo stremo delle forze mentali.

E come se lo avesse chiamato, il riccio aprì la porta rimanendo fuori, perché occupato a parlare al telefono. Si appoggiò allo stipite con una spalla, guardandola e lei sostenne lo sguardo, non avendo altro da fare.

<<Capisco, ma ci dev'essere un'altro modo, se mi permette, lo ritengo rischioso..>> disse all'apparecchio che aveva appoggiato all'orecchio, continuando a guardarla, senza che quelle iridi scure si allontanassero dal mare burrascoso che caratterizzava gli occhi di Beth.

Il giovane rimase in silenzio, immobile in quella posizione, mentre alzava impercettibilmente un sopracciglio, forse non era abituato allo sguardo vuoto e privo di emozioni della bionda su di sé, oppure l'interlocutore stava mettendo alla prova la sua pazienza. Entrambe le ipotesi sembrarono interessare a Bethany, che non aveva smesso di guardarlo. Voleva che se ne andasse, voleva rimanere da sola, voleva dormire, seppur il sole avesse appena cominciato a tramontare e di certo la vista di quel rabbioso ammasso di carne non la rallegrava.

Perché diamine era lì? Si domandò esasperata.

<<É l'unico modo dunque?>> provò di nuovo a chiedere.

Cercava di convincere qualcuno che la strada che stava per intraprendere non era quella giusta e questo era palese, ma chi? L'uomo misterioso? E Kit per rischioso intendeva che potrebbero essere in mezzo a persone comuni? Oppure si riferiva all'incolumità di Bethany? Ma no, impossibile. La giovane si distese, stufa di giocare, scacciando l'ultima domanda che si era posta perché a Kit non importava un bel niente della sua salute o altro, lui era un mostro, le aveva tolto la libertà, le aveva tolto la sua vita e questo non gli pesava.

<<Va bene, venerdì allora>> lo sentì arrendersi, un momento, pensò Beth, mentre guardava il soffitto, Kit che si arrende? Chi diamine c'era all'altro capo del telefono?.

<<Come? Infelice?>> continuò lui in un sussurro, spaesato. Dei passi fecero intendere alla ragazza che Kit si fosse allontanato dalla porta, ma per quanto provasse a tenere nascosta quella parte di conversazione non ci riuscì <<E come dovrebbe essere? Di certo non farà i salti di gioia perché non rivedrà mai più i suoi cari...>> rispose ironicamente.

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