12- Chapter Twelve

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Bethany aprì improvvisamente gli occhi, era sudata ed agitata, si mosse velocemente, non ricordando dove fosse e cadde a terra come un sacco di patate. Appena si mise a sedere, dolorante, riconobbe il salotto di una delle tante case infernali in cui era rinchiusa.

Ovviamente la sua testa si riempì di domande, non lasciandole neanche un momento di respiro. Come mai era lì? Chi l'aveva portata in salotto?. Ma c'era una domanda che la spaventava più di tutte, alla quale non riusciva proprio a dare una risposta, ovvero, perché non era a casa sua?.

Cercò di fare mente locale della sera precedente.
Ricordò la cena; ricordò Eric; la bottiglia di vino; Kit e... Kevin.
Dove diavolo era quel dannato ragazzo? Urlò dentro di sé infuriata. Giorni fa le aveva promesso che l'avrebbe portata a casa e ora dove diamine si era cacciato?.

Con fatica riuscì ad alzarsi da terra, notando solo in quel momento il camino acceso, cosa che spiegò perché stesse sudando. Guardò in cucina e non trovò nessuno, proseguì aprendo tutte le camere da letto, ma nulla, notò solo che i letti erano tutti ben fatti.

<<Kevin?>> provò lo stesso a chiamare, non ottenendo nessuna risposta. <<Kit?>> ancora silenzio. Era da sola, completamente.

Si incamminò di nuovo verso il salotto, fermandosi davanti allo specchio del corridoio. Rimase sorpresa nel notare che indossasse ancora il vestito della sera precedente. Si avvicinò per esaminare il suo viso, trovando il poco trucco che aveva messo completamente sfatto e sbavato.

Si guardò attorno confusa, perché non riusciva a ricordare tutta la sera precedente? Dopo la cena cos'era successo?.
Era stata sicuramente colpa del vino, ma non ne aveva bevuto così tanto da non ricordare più nulla, sapeva quali erano i suoi limiti, dopo anni di College li conosceva bene. Eppure ricordava il giramento di testa e quanto fosse confuso e "pesante" il mondo attorno a lei.

<<Porca vacca!>> esclamò portandosi un mano sulle labbra. Kevin l'aveva baciata!. Cercò di ricordare le sensazioni che aveva avuto a quel contatto, ma tutto ciò che riuscì ad ottenere fu più confusione.
Voleva urlare, rompere tutto. Cosa diavolo era successo, perché non poteva ricordare?.
Arrivò in sala e qualcosa in lei si svegliò non appena vide la porta d'entrata davanti a lei.
Senza pensare si precipitò ad aprirla, ma ovviamente era chiusa a chiave. Come poteva essere altrimenti? Ancora una volta era stata una sciocca.

Si guardò a attorno, studiando tutte le finestre, chiuse. Poteva romperle, pensò, poteva rompere il vetro e fuggire in qualche modo.
Andò in cucina e frugò nei cassetti per trovare qualcosa di pesante e trovò uno batticarne che faceva al caso suo. Si diresse verso la prima finestra che le capitò davanti e si preparò al lancio. Si mise a qualche metro di distanza, divaricò leggermente le gambe e caricò il braccio con il batticarne stretto in pugno. Come se fosse una pallina da baseball, Bethany lanciò l'utensile da cucina contro la finestra, con tutte le forze che aveva e lo guardò rimbalzare sul vetro come se fosse fatto di gommapiuma.

<<Cosa?>> urlò stupita. Com'era possibile che avessero messo dei vetri del genere per lei?. Passò la mezz'ora successiva a provare a rompere tutti i vetri della casa, tutti, senza nessun risultato, a parte il braccio dolorante e il cuore infranto.

Tornò in salotto delusa, prese il primo cuscino che trovò e lo lanciò con forza dall'altra parte della stanza, facendolo arrivare ai piedi del tavolo della cucina. Prese un'altro cuscino e gli fece fare la stessa fine.

Facendo vagare lo sguardo per la stanza, vide sopra il camino le statuine natalizie che Kevin aveva comprato per lei ed andò a recuperarne una. Erano tutte delle renne, come gli aveva chiesto lei. Strinse quella che aveva in mano, mentre gli occhi le si riempirono di lacrime. Ricordava tutte le speranze che le aveva dato e ricordava quanta fiducia aveva riposto in lui. Fece cadere a terra l'animale di terracotta, accecata dalla rabbia. In meno di qualche secondo tutte le renne erano distrutte ai suoi piedi, mentre i singhiozzi presero il sopravvento sul suo autocontrollo.

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